Significato della
genealogia di Gesù Cristo
Matteo 1:1
Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo.
Matteo 1:2
Abramo generò Isacco; Isacco generò Giacobbe; Giacobbe generò Giuda e i suoi
fratelli;
Matteo 1:3 Giuda
generò Fares e Zara da Tamar; Fares generò Esrom; Esrom generò Aram;
Matteo 1:4
Aram generò Aminadab; Aminadab generò Naasson; Naasson generò Salmon;
Matteo 1:5
Salmon generò Booz da Rahab; Booz generò Obed da Ruth; Obed generò Iesse,
Matteo 1:6 e
Iesse generò Davide, il re. E Davide generò Salomone da quella ch'era stata
moglie di Uria;
Matteo 1:7
Salomone generò Roboamo; Roboamo generò Abia; Abia generò Asa;
Matteo 1:8
Asa generò Giosafat; Giosafat generò Ioram; Ioram generò Uzzia;
Matteo 1:9
Uzzia generò Ioatam; Ioatam generò Achaz; Achaz generò Ezechia;
Matteo 1:10
Ezechia generò Manasse; Manasse generò Amon; Amon generò Giosia;
Matteo 1:11
Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli al tempo della deportazione in
Babilonia.
Matteo 1:12
E dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatiel; Salatiel generò
Zorobabel;
Matteo 1:13
Zorobabel generò Abiud; Abiud generò Eliachim; Eliachim generò Azor;
Matteo 1:14
Azor generò Sadoc; Sadoc generò Achim; Achim generò Eliud;
Matteo 1:15
Eliud generò Eleazaro; Eleazaro generò Mattan; Mattan generò Giacobbe;
Matteo 1:16
Giacobbe generò Giuseppe, il marito di Maria, dalla quale nacque Gesù, che è
chiamato Cristo.
Matteo 1:17
Così da Abramo fino a Davide sono in tutto quattordici generazioni; e da Davide
fino alla deportazione in Babilonia, quattordici generazioni; e dalla
deportazione in Babilonia fino a Cristo, quattordici generazioni.
Matteo apre il suo racconto con una genealogia, la cui
funzione è quella di dare, fin da subito, una sorta di carta di identità di
Gesù.
Nel mondo ebraico la genealogia dava, da un lato, la
certezza dell'appartenenza al popolo eletto; dall'altro, definiva la
discendenza familiare e tribale, qual era cioè la posizione di ogni singolo
ebreo all'interno della sua comunità.
Ogni nome ha
un significato preciso e ci fermeremo non a considerare ogni nome, ma le
variazioni, che con sapienza Matteo inserisce nella genealogia, per dare un
significato teologico a questa genealogia; e poi alle considerazioni finali dove
lui ci dice perché viene fatta questa genealogia.
Questa storia comincia con Abramo del quale non si dice di
chi è figlio. Abramo chi lo generò? Così dell’ultimo non si dice che Giuseppe
generò. Cioè è una genealogia aperta in alto e in basso. Quindi tutta la storia
umana resta aperta in alto, e resta aperto in basso, all’origine e alla fine.
Se contiamo i nomi, in tutto i generanti sono 39 e tutti,
individualmente, sono qualificati dal verbo egennēsen (generò)
di cui sono il soggetto attivo (X generò Y), tranne una volta (il 40°) dove il
verbo è posto al passivo, e il soggetto, qui, che subisce l'azione, è Gesù. Non
si dice che Maria generò, ma dalla quale
nacque Gesù (cioè fu generato)
I numeri nella
Bibbia hanno sempre un significato teologico, mai matematico. "Trentanove" è un numero incompleto, che manca,
cioè, di compiutezza. Sarà soltanto il verbo egennēthē al passivo, a formare il quarantesimo verbo che da
compiutezza agli altri trentanove.
Al di là dei vari significati che il numero 40 può assumere
nell'ambito della numerologia biblica in particolare, esso, di fatto, è un
multiplo di quattro: 4x10.
Il quattro, nella cultura ebraica veterotestamentaria, fa
riferimento al mondo creato, diviso dai quattro fiumi nel giardino dell'Eden;
quattro, poi, sono i cherubini nella visione di Ezechiele, che si muovono in
ogni direzione; quattro sono i punti cardinali della terra. Esso, quindi indica
la totalità.
Quanto al dieci, esso sta alla base del sistema
numerico. Indica un tutto compiuto: dieci sono le piaghe d'Egitto, al termine
delle quali Israele ottiene la sua liberazione; dieci i comandamenti. Il Giorno
dell'espiazione è stabilito nel "nel decimo giorno del mese". Il
dieci, pertanto, dice pienezza, compiutezza. Quattro volte dieci sta ad
indicare, dunque, la totalità della pienezza, cioè una compiutezza definitiva.
Il soggetto dei trentanove egennēsen sono uomini, la cui storia, scandita da trentanove
atti generativi, è incompiuta, senza il quarantesimo atto generativo che rende
compiuta l’incompiutezza. L’ultimo verbo al passivo ci rimanda all'azione di
Dio che, con l'atto generativo, entra nella storia, realizzando così la
pienezza dei tempi. "Il tempo è
compiuto ..." dirà Mar.1:15. Gesù, quindi, introdotto da questo
quarantesimo verbo, messo da Matteo al passivo, si qualifica come la pienezza
compiuta dell'azione di Dio nella storia umana.
La genealogia al v. 1 dice:
"Genealogia di Gesù Cristo
figlio di Davide, figlio di Abramo". Vediamo
come da Gesù si sale ad Abramo, passando attraverso Davide. Al contrario, dal secondo
versetto si scende da Abramo verso Gesù, evidenziando nella genealogia un
doppio movimento, uno che sale e uno che scende. Nel
movimento ascendente ci viene presentato un Gesù rivolto verso la
storia del VT, fino ad Abramo, cioè fino all’origine della promessa. In questa
ascesa genealogica si ripercorre all'indietro il disegno di Dio, ancora
incompiuto nel VT, il quale viene letto a partire da Gesù. In questa posizione
Gesù si pone come colui che lo interpreta e vi getta sopra una luce illuminante.
Per capire, quindi, il progetto di Dio nella storia bisogna partire da lui.
Gesù è la chiave di lettura e interpretativa della storia del VT.
Quanto al movimento genealogico discendente, sta a
significare che la storia converge verso di lui e in lui trova la sua
compiutezza.
B…bloj
genšsewj 'Ihsoà Cristoà: Biblos genéseōs Iēsou Christou, Libro dell'origine di Gesù Cristo – Gesù è l’inizio di una nuova genesi
È molto solenne questo inizio di vangelo. La prima parola
non è genealogia, ma Biblos, libro. A che cosa si riferisce il termine Biblos? Soltanto alla genealogia o a
tutto il vangelo? Se si riferisce solo alla genealogia, sarebbe troppo
esagerato chiamare libro pochi versetti. È molto probabile che Matteo abbia
voluto indicare tutto il suo scritto, ed è cosciente di scrivere un
libro che si inserisce nella tradizione biblica dei libri.
E questo libro
non è un libro qualunque è un Biblos genéseōs,
Libro di origine/genesi. Matteo gli dà questo inizio perché questa
espressione si trova nella LXX in Gen. 2:4 «questo
è il libro delle origini dei cieli e della terra…». In Gen. 5:1 è scritto
(LXX): «questo è il libro delle origini
di Adamo…». L’evangelista ci dà la chiave d’interpretazione di tutto il
resto: se ha messo questa parola che appartiene al primo libro della Bibbia, il
libro della creazione, è perché in questo testo vuole farci vedere una nuova creazione, una nuova genesi, che ha il suo
inizio in Cristo che, attuando in se stesso le promesse fatte ad Abramo e a
Davide, ha inaugurato il compiersi del tempo di Dio (Il tempo è compiuto). In altre parole, il racconto della
vita di Gesù è la nuova genesi del mondo, è la nuova creazione del mondo.
Matteo è un ebreo, che scrive a una comunità cristiana di
origini ebraiche, ben ferrata, quindi, nelle questioni scritturistiche e nelle
attese messianiche. L'inizio del suo vangelo non lascia dubbi: qui si parla di
Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo. Questo Gesù, dunque,
non è semplicemente qualcosa di nuovo dove il resto è tutto cancellato. No: Biblos genéseōs
Iēsou Christou. Questo Gesù innanzi tutto è Cristo, che vuol
dire Messia, il re promesso a Davide e alla sua discendenza, è l’Atteso, l’Unto
del Signore. Quindi Gesù è colui che è atteso da tutta la storia precedente: ad
Abraamo viene promesso un figlio, a Davide viene promesso un re.
Ma attenzione,
l’evangelista non dice che Gesù è il
Cristo, non c’è l’articolo determinativo. Ciò significa è un Messia diverso da
quello che la gente s’immaginava. La lettura di questo vangelo ci deve far
comprendere che tipo di Messia è Gesù; è il Messia della tradizione ma diverso
da quello che la tradizione si aspettava.
Sappiamo che
la storia del re e della monarchia è molto travagliata in Israele. Fin
dall’inizio quando Israele voleva un re, per essere come tutti gli altri
popoli, Dio si arrabbiò e disse: Voi volete un re? Peggio per voi, vuol dire
che rinunciate a me. Quindi c’è tutta una critica divina contro la scelta del
popolo. Tanto è vero che il Messia sarà lui il vero re, a differenza di tutti
gli altri.
Nello stesso
tempo, Gesù non è solo il figlio di Davide, ma anche il figlio di Abramo, che
in origine non è ebreo, ma gentile. Quindi praticamente la promessa fatta ad
Abramo, vuol dire che la promessa è fatta a tutte le genti. Di fatti della
promessa fatta ad Abramo si dice: e in te saranno benedette tutte le genti.
Quindi Gesù è il Cristo non solo di Davide, non solo di Israele, ma attraverso
Israele sarà dunque il Messia di tutte le genti. Per
questo Gesù può essere definito colui verso cui l'intera storia del VT
converge, il compimento della promessa. Non c'è da aspettare nessun altro,
perché tutto è stato compiuto in Gesù.
Quindi già nel
primo versetto, Matteo è cosciente di scrivere un libro che narra la genesi del
mondo nuovo. Questa genesi del mondo nuovo è una persona concreta, è Gesù. E
questa persona concreta è il promesso a Israele, è frutto di Israele e
contemporaneamente è per tutti gli uomini attraverso Israele. Quindi c’è sotto
tutta la teologia della scelta di Israele e dell’apertura di Israele a tutte le
genti.
Poi comincia
la genealogia, dove ognuno è nominato sempre due volte, prima come generato e
poi come generante. Cioè praticamente è narrata la trasmissione della vita ed è
questo che fa la storia: la trasmissione della vita, dove uno riceve la propria
identità, dove poi la vive con la sua libertà, e la trasforma in una nuova.
Questa è la storia dell’uomo, e questa storia va verso un obiettivo, che è il
progetto di Dio. Il progetto di Dio si fa dentro la storia, dentro gli
avvenimenti quotidiani: nella trasmissione della vita, dei valori,
dell’affetto, della famiglia.
È un vivere
assieme con Dio che si inserisce nella storia. Non a caso il vangelo di Matteo
finisce con Gesù che dice: Io sono con
voi tutti i giorni, fino alla fine dell’età presente, ogni giorno fino alla
fine. Dio cammina con noi.
Noi siamo
abituati a una concezione di Dio un po' strana. O come quello che Lui dirige la
storia e noi semplicemente siamo mossi dai fili, non liberi: è la concezione calvinista.
Oppure abbiamo l’altra concezione che Dio lascia libero l’uomo; gli ha dato la
carica iniziale, gli ha dato il calcio all’inizio, lo ha avviato: adesso fate
quel che credete meglio, io vi ho dato l’indirizzo, se non lo cambiate troppo
va anche bene, se no, peggio per voi. Sono due concezioni estreme di Dio dove
si nega o la libertà di Dio o la libertà dell’uomo.
Invece, la
concezione di Dio è diversa, la si capisce in questa genealogia quando si parla
di Abramo che generò Isacco. Abramo è figlio di Dio. Abramo non è come Adamo.
Abramo ascolta la Parola di Dio. Allora, il rapporto uomo-Dio, è il rapporto
Padre e figlio, è il rapporto dell’ascolto, e il figlio nell’ascolto diventa
simile al Padre. Il figlio ascolta il Padre, diventa esperto come il Padre,
vive uguale al Padre libero, adulto. Questa è la concezione dell’intervento di
Dio nella storia, di due libertà, di due responsabilità che giocano l’una con
l’altra, di Padre in Figlio. Per cui Abramo è certamente figlio di qualcuno (di
Terah), ma Abramo è il figlio della Parola che ha ascoltato. Ed è da lì che
parte la storia della salvezza. Se non sono figlio della promessa, sono
tagliato fuori dalle generazioni, cioè non ho la connessione con il principio,
è una vita che si perde.
Perché cinque donne?
Il monotono elenco di nomi maschili è interrotto, qua e là,
da cinque nomi femminili. Perché Matteo, in una società la cui genealogia era
patriarcale, inserisce dei nomi di donna?
Tre di queste donne, Tamar, Rahab, Ruth, si trovano
nell'elenco dei patriarchi; una, Betsabea, è posta a fianco di Davide,
all'inizio del secondo gruppo, quello dei re; l'ultima, Maria, è posta alla
fine del terzo elenco dei discendenti regali.
Tamar, una cananea, dopo aver sposato Er e Onan, figli di Giuda
senza avere figli da questi, seduce con l'inganno il suocero, fingendosi una
prostituta. Giuda, infatti, le aveva promesso il suo terzo figlio, ma, poi,
dopo un lungo tergiversare, di fatto glielo nega, venendo meno alla promessa,
lasciandola senza figli. Dalla relazione fraudolenta ed estorta con l’inganno
nasceranno due figli: Perets e Zerach. Dal primo discenderà Davide. In tal modo
essa riuscirà a dare al suo primo marito, Er, una discendenza. Tamar è
una storia d’ingiustizia, di prostituzione, di irregolarità, di immoralità. In
Israele c’erano anche delle sante donne; Matteo non poteva metterci una di
queste piuttosto che andare a scegliere quelle le cui storie fanno arrossire?
Questo è un altro indizio che la genealogia è costruita ad arte per dargli un
significato teologico. Il significato di ciò è che il Signore entra nella
nostra storia fatta di miserie. Cioè Dio ama l’uomo dentro la sua storia
concreta, nella sua debolezza. Dio vuole mettere ordine nel caos della vita
dell’uomo.
Rahab. Se
Tamar ha fatto la prostituta occasionalmente, Rahab era una vera prostituta,
era la tenutaria di un bordello nelle mura di Gerico,
che sposa la causa d’Israele e compie un atto di fede nel Dio d'Israele. Questa
è Rahab, la seconda donna, e possiamo dire che Matteo le ha scelte nel mazzo!
Eppure, grazie a lei Israele conquisterà facilmente
la città e lei, con la sua famiglia, verrà salvata. Vivrà in mezzo a Israele,
rispettata e stimata, e sarà ricordata come colei che ha salvato gli
esploratori di Gerico. Quindi nel sangue di Gesù c’è anche questa pagana
e prostituta che ha permesso l’ingresso nella terra d’Israele.
Ruth, una moabita, che rimasta vedova insieme alla suocera,
decide di rimanerle fedele, disposta anche a rinunciare a nuove nozze pur di
starle vicina. La seguirà quindi a Betlemme, dove sposerà Booz. Da loro nascerà
Obed, padre di Iesse e nonno di Davide. Anche questa è straniera che
entra a far parte del popolo di Israele in modo questo molto toccante.
Da queste prime tre donne straniere, poste da Matteo nel
ceppo patriarcale, si possono ricavare tre lezioni:
· Prima lezione: la discendenza è frutto della
fedeltà.
· Seconda lezione: indipendentemente dalla
propria condizione di vita, è la fede e la fedeltà a Dio che qualifica la
persona come vero figlio di Abramo.
· Terza lezione: Dio si serve di chiunque lo
riconosce e gli è fedele per portare avanti il suo progetto di salvezza nella
storia, che in tal modo non è più storia esclusiva d'Israele, ma dell'uomo in
quanto tale.
Betsabea è la quarta donna citata da Matteo, che non chiama per
nome, ma per stato giuridico: "moglie
di Uria". È interessante che Matteo, quasi per pudore, neanche
la nomina, perché la considera complice di Davide, complice di un assassinio. Betsabea, ebrea, seduce con la sua bellezza Davide e viene
coinvolta nella colpa con lui, diventando adultera. Il figlio nato dalla loro
relazione adulterina, frutto della colpa, morirà al posto di Davide e in
espiazione del suo peccato. Da nozze regolari e dopo il pentimento di Davide,
nascerà Salomone. Qui abbiamo adulterio, omicidio, e vigliaccheria verso
Uria, servo fedele di Davide; il peggio che si possa pensare da parte di un
qualunque uomo e a maggior ragione di un uomo di Dio. Vediamo come nella carne
del Figlio di Dio c’è tutta la nostra storia con tutto il suo sporco, è una
vita lavata dalla grazia: il sangue di Cristo.
Quando Davide genera Salomone si trova, nei confronti di
Betsabea, in una posizione di regolarità matrimoniale: è a tutti gli effetti
sua moglie. Tuttavia, Matteo continua a definirla come "moglie di Uria". Se Matteo insiste
su questo concetto è perché vuole attirare l'attenzione sul peccato di Davide.
Vediamone i tratti essenziali:
· Innanzitutto Matteo, ponendo Betsabea a
fianco di Davide, che apre la serie dei re di Giuda, ci sta dicendo che
all'inizio, dunque, c'è una colpa.
· Citando Betsabea, quale "moglie di
Uria", Matteo rimanda l’ebreo che conosce bene la storia a Betsabea che è nuda
e la sua bellezza seduce Davide, che si macchia di un peccato punibile con la
morte.
· Questa sentenza di morte non si
ritorcerà su Davide che, umiliatosi davanti al Signore e invocatone il perdono,
otterrà grazia. Ma la sua colpa sarà scontata con la morte di un innocente
incolpevole: suo figlio, nato dal rapporto adulterino con Betsabea. Il figlio
primogenito di Davide-Betsabea, dunque, è colui che dovrà, incolpevole, espiare
la colpa di altri.
· Scontata la colpa con la morte
dell'innocente e con il perdono accordato, riprende la storia della discendenza
e della grazia.
Come non vedere in questo racconto un altro figlio di
Davide, che pagherà con la propria vita la colpa commessa da altri.
Maria, la quinta donna citata da Matteo nella genealogia, è
un’umile ragazza ebrea, promessa sposa a Giuseppe, si trova implicata in una
gravidanza misteriosa. Sta per essere lasciata, ma si
scoprirà come tale gravidanza è opera non di uomo, ma dello Spirito e in cui Matteo
legge l'attuazione di un'antica profezia di Isaia.
Rispetto a Betsabea, posta all'inizio della stirpe regale,
Maria chiude la discendenza regale. C’è una sorta di contrapposizione tra
Betsabea e Maria. Betsabea seduce Davide, che spinto dalla passione per lei
commette adulterio e assassinio. Il frutto di tale colpa è un figlio destinato
alla morte, quasi a dire che frutto del peccato, come ci ricorda anche Paolo, è
la morte.
Ma vediamo come Maria, a differenza di
Betsabea, in realtà, è piena di grazia. Infatti, "Giuseppe non generò Gesù
da Maria". La catena di "A che genera B, B che genera C",
arrivata a Giuseppe, si interrompe, lo schema si rompe: Giuseppe è un generato
che non genera. S’interrompe l'azione dell'uomo e con lui s’interrompe la
catena di trasmissione del peccato.
La monotona formulazione genealogica di Matteo, è
sostituita da "Giacobbe generò
Giuseppe, il marito di Maria, dalla quale nacque Gesù, che è chiamato Cristo"
(1:16). Attraverso questa interruzione l’evangelista vuole escludere
Giuseppe dalla nascita di Gesù. Giuseppe è lo sposo di Maria e il Cristo è
generato da Maria. Nel mondo ebraico antico il padre è colui che genera, la
madre è colei che partorisce. Qui invece l’evangelista dice: da Maria fu
generato Gesù. Giuseppe, come Abraamo, dovrà accettare il figlio come dono.
Viene messo davanti alla libertà di accettare o meno il dono che viene da Dio,
e allora diventa anche suo figlio.
Vediamo come Maria si ritrova tra un'azione umana (Giacobbe generò Giuseppe) e un'azione
divina a cui rimanda il verbo al passivo (fu
generato). Maria, dunque, funge da trait-d'union tra la storia del peccato
e quella della grazia, così che in Maria, Dio e l'uomo si sono ritrovati di
nuovo.
Come Matteo conta le generazioni
Matteo conclude la sua lista genealogica con il v. 17
affermando che "... da Abramo
fino a Davide sono in tutto quattordici generazioni; e da Davide fino alla
deportazione in Babilonia, quattordici generazioni; e dalla deportazione in
Babilonia fino a Cristo, quattordici generazioni"
(1:17).
Prendiamo carta e penna per contare il numero delle
generazioni e scopriremo che, per quanta buona volontà ci si metta non
arriveremo mai alle 42 generazioni (14x3) indicateci da Matteo. Matteo
non sapeva contare? Da Abramo a Davide sono quattordici; da Salomone a Ieconia
(deportazione a Babilonia) sono quattordici, ma da Salatiel a Gesù sono 13. Ne
manca una. Ritiene implicito che Gesù è generato da Dio.
Perché tre gruppi di 14 generazioni?
Colpisce particolarmente il v. 17 con il suo ripetersi insistente,
per tre volte, del numero quattordici. Non è pensabile che questo ripetersi di
un numero sia un fatto casuale, ma costituisce, invece, un preciso messaggio,
che doveva facilmente raggiungere i destinatari.
Sono stati numerosi i tentativi di interpretare questo
triplice quattordici. Quello più conosciuto:
· Il
14 sarebbe dato dalla somma del valore numerico delle consonanti ebraiche del
nome Davide: "D W D", "d=4 + w=6 + d=4". Il totale dà 14.
Mentre il "tre volte" starebbe ad indicare l'eccellenza della
regalità di Gesù, tre volte Davide. Un'ipotesi questa sostenuta da molti
autori, ma non è affatto detto che questa sia l’intenzione di Matteo, dato che
per lui il nome di Abramo non è meno importante di quello di Davide.
Matteo scandisce la sua genealogia in tre momenti storici:
· da Abramo a Davide: epoca dei patriarchi
e giudici.
· da Davide all'esilio e più precisamente
fino a Giosia, ultimo re citato prima della deportazione. È questa l'epoca dei
re.
· dalla deportazione e più precisamente da
Ieconia o Ioiachin, figlio di Eliachim.
Tale numero 3 possedeva in sé una certa sacralità, è il
numero della perfezione. Il numero 14 pure, è due volte sette. Soltanto dalla
somma dei due sette si giunge al 14, che costituisce una nuova entità, che
contiene ed esprime in sé il compimento di due perfezioni: quella di Dio e
quella dell'uomo, fatto a sua immagine e somiglianza; soltanto dall'unione
collaborativa dei due (7+7) si forma la nuova entità, che trova la sua massima
espressione e concretezza in "Gesù,
che è chiamato Cristo".
Quindi il fine
di raccontare tutta la storia attraverso i nomi, è dire che tutta questa storia
ha un punto di arrivo che è perfetto: tre volte quattordici. Pertanto Gesù
viene presentato come il punto di arrivo di tutta la storia umana. Anzi il
punto di arrivo di tutta la storia umana è la comunione tra l’uomo e Dio; e
Gesù sarà la congiunzione tra l’uomo e Dio, generato dallo Spirito Santo. L’uomo e Dio, divisi dalla colpa, diventano nuovamente una
cosa sola. Tale unità ricomposta e ritrovata ha un nome: Gesù di Nazaret, che è
chiamato Cristo.
Il mese lunare
in ebraico è composto da 28 giorni e l’evangelista - questo lo troviamo in un
commento ebraico dell’epoca, al quale senz’altro Matteo si è ispirato – vuole
indicare che con Abramo, capostipite del popolo è iniziata la fase crescente
del ciclo lunare. Questo ha raggiunto la sua pienezza in Davide (Davide è in
luna piena); con Davide è iniziato il declino che ha portato alla deportazione
(l’eclissi), dopo ricomincia la fase crescente, che vede il culmine con Gesù.
Infatti tre
volte 14 corrisponde alle sei settimane che hanno preceduto la sua venuta (3 x
14 = 6 x 7). Gesù segna l’inizio della settima settimana della storia, quella
finale e decisiva, che avrebbe rappresentato una nuova creazione.
Questa lista
di nomi, che poteva sembrare a un primo sguardo noiosa e monotona, ci dice che
questa nostra storia è sotto il disegno di Dio, e ha addirittura una misura
perfetta, tre volte quattordici.