martedì 30 luglio 2019

SIGNIFICATO DELLA GENEALOGIA DI GESÙ CRISTO


Significato della genealogia di Gesù Cristo
Matteo 1:1 Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo.
Matteo 1:2 Abramo generò Isacco; Isacco generò Giacobbe; Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli;
Matteo 1:3 Giuda generò Fares e Zara da Tamar; Fares generò Esrom; Esrom generò Aram;
Matteo 1:4 Aram generò Aminadab; Aminadab generò Naasson; Naasson generò Salmon;
Matteo 1:5 Salmon generò Booz da Rahab; Booz generò Obed da Ruth; Obed generò Iesse,
Matteo 1:6 e Iesse generò Davide, il re. E Davide generò Salomone da quella ch'era stata moglie di Uria;
Matteo 1:7 Salomone generò Roboamo; Roboamo generò Abia; Abia generò Asa;
Matteo 1:8 Asa generò Giosafat; Giosafat generò Ioram; Ioram generò Uzzia;
Matteo 1:9 Uzzia generò Ioatam; Ioatam generò Achaz; Achaz generò Ezechia;
Matteo 1:10 Ezechia generò Manasse; Manasse generò Amon; Amon generò Giosia;
Matteo 1:11 Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli al tempo della deportazione in Babilonia.
Matteo 1:12 E dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatiel; Salatiel generò Zorobabel;
Matteo 1:13 Zorobabel generò Abiud; Abiud generò Eliachim; Eliachim generò Azor;
Matteo 1:14 Azor generò Sadoc; Sadoc generò Achim; Achim generò Eliud;
Matteo 1:15 Eliud generò Eleazaro; Eleazaro generò Mattan; Mattan generò Giacobbe;
Matteo 1:16 Giacobbe generò Giuseppe, il marito di Maria, dalla quale nacque Gesù, che è chiamato Cristo.
Matteo 1:17 Così da Abramo fino a Davide sono in tutto quattordici generazioni; e da Davide fino alla deportazione in Babilonia, quattordici generazioni; e dalla deportazione in Babilonia fino a Cristo, quattordici generazioni.

Matteo apre il suo racconto con una genealogia, la cui funzione è quella di dare, fin da subito, una sorta di carta di identità di Gesù.

Nel mondo ebraico la genealogia dava, da un lato, la certezza dell'appartenenza al popolo eletto; dall'altro, definiva la discendenza familiare e tribale, qual era cioè la posizione di ogni singolo ebreo all'interno della sua comunità.  

Ogni nome ha un significato preciso e ci fermeremo non a considerare ogni nome, ma le variazioni, che con sapienza Matteo inserisce nella genealogia, per dare un significato teologico a questa genealogia; e poi alle considerazioni finali dove lui ci dice perché viene fatta questa genealogia.

Questa storia comincia con Abramo del quale non si dice di chi è figlio. Abramo chi lo generò? Così dell’ultimo non si dice che Giuseppe generò. Cioè è una genealogia aperta in alto e in basso. Quindi tutta la storia umana resta aperta in alto, e resta aperto in basso, all’origine e alla fine.

Se contiamo i nomi, in tutto i generanti sono 39 e tutti, individualmente, sono qualificati dal verbo egennēsen (generò) di cui sono il soggetto attivo (X generò Y), tranne una volta (il 40°) dove il verbo è posto al passivo, e il soggetto, qui, che subisce l'azione, è Gesù. Non si dice che Maria generò, ma dalla quale nacque Gesù (cioè fu generato)

I numeri nella Bibbia hanno sempre un significato teologico, mai matematico. "Trentanove" è un numero incompleto, che manca, cioè, di compiutezza. Sarà soltanto il verbo egennēthē al passivo, a formare il quarantesimo verbo che da compiutezza agli altri trentanove.

Al di là dei vari significati che il numero 40 può assumere nell'ambito della numerologia biblica in particolare, esso, di fatto, è un multiplo di quattro: 4x10.

Il quattro, nella cultura ebraica veterotestamentaria, fa riferimento al mondo creato, diviso dai quattro fiumi nel giardino dell'Eden; quattro, poi, sono i cherubini nella visione di Ezechiele, che si muovono in ogni direzione; quattro sono i punti cardinali della terra. Esso, quindi indica la totalità.

Quanto al dieci, esso sta alla base del sistema numerico. Indica un tutto compiuto: dieci sono le piaghe d'Egitto, al termine delle quali Israele ottiene la sua liberazione; dieci i comandamenti. Il Giorno dell'espiazione è stabilito nel "nel decimo giorno del mese". Il dieci, pertanto, dice pienezza, compiutezza. Quattro volte dieci sta ad indicare, dunque, la totalità della pienezza, cioè una compiutezza definitiva.

Il soggetto dei trentanove egennēsen sono uomini, la cui storia, scandita da trentanove atti generativi, è incompiuta, senza il quarantesimo atto generativo che rende compiuta l’incompiutezza. L’ultimo verbo al passivo ci rimanda all'azione di Dio che, con l'atto generativo, entra nella storia, realizzando così la pienezza dei tempi. "Il tempo è compiuto ..." dirà Mar.1:15. Gesù, quindi, introdotto da questo quarantesimo verbo, messo da Matteo al passivo, si qualifica come la pienezza compiuta dell'azione di Dio nella storia umana.

La genealogia al v. 1 dice: "Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo". Vediamo come da Gesù si sale ad Abramo, passando attraverso Davide. Al contrario, dal secondo versetto si scende da Abramo verso Gesù, evidenziando nella genealogia un doppio movimento, uno che sale e uno che scende. Nel movimento ascendente ci viene presentato un Gesù rivolto verso la storia del VT, fino ad Abramo, cioè fino all’origine della promessa. In questa ascesa genealogica si ripercorre all'indietro il disegno di Dio, ancora incompiuto nel VT, il quale viene letto a partire da Gesù. In questa posizione Gesù si pone come colui che lo interpreta e vi getta sopra una luce illuminante. Per capire, quindi, il progetto di Dio nella storia bisogna partire da lui. Gesù è la chiave di lettura e interpretativa della storia del VT. 

Quanto al movimento genealogico discendente, sta a significare che la storia converge verso di lui e in lui trova la sua compiutezza.

B…bloj genšsewj 'Ihsoà Cristoà: Biblos genéseōs Iēsou Christou, Libro dell'origine di Gesù Cristo – Gesù è l’inizio di una nuova genesi

È molto solenne questo inizio di vangelo. La prima parola non è genealogia, ma Biblos, libro. A che cosa si riferisce il termine Biblos? Soltanto alla genealogia o a tutto il vangelo? Se si riferisce solo alla genealogia, sarebbe troppo esagerato chiamare libro pochi versetti. È molto probabile che Matteo abbia voluto indicare tutto il suo scritto, ed è cosciente di scrivere un libro che si inserisce nella tradizione biblica dei libri.

E questo libro non è un libro qualunque è un Biblos genéseōs, Libro di origine/genesi. Matteo gli dà questo inizio perché questa espressione si trova nella LXX in Gen. 2:4 «questo è il libro delle origini dei cieli e della terra…». In Gen. 5:1 è scritto (LXX): «questo è il libro delle origini di Adamo…». L’evangelista ci dà la chiave d’interpretazione di tutto il resto: se ha messo questa parola che appartiene al primo libro della Bibbia, il libro della creazione, è perché in questo testo vuole farci vedere una nuova creazione, una nuova genesi, che ha il suo inizio in Cristo che, attuando in se stesso le promesse fatte ad Abramo e a Davide, ha inaugurato il compiersi del tempo di Dio (Il tempo è compiuto). In altre parole, il racconto della vita di Gesù è la nuova genesi del mondo, è la nuova creazione del mondo.

Matteo è un ebreo, che scrive a una comunità cristiana di origini ebraiche, ben ferrata, quindi, nelle questioni scritturistiche e nelle attese messianiche. L'inizio del suo vangelo non lascia dubbi: qui si parla di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo. Questo Gesù, dunque, non è semplicemente qualcosa di nuovo dove il resto è tutto cancellato. No: Biblos genéseōs Iēsou Christou. Questo Gesù innanzi tutto è Cristo, che vuol dire Messia, il re promesso a Davide e alla sua discendenza, è l’Atteso, l’Unto del Signore. Quindi Gesù è colui che è atteso da tutta la storia precedente: ad Abraamo viene promesso un figlio, a Davide viene promesso un re.

Ma attenzione, l’evangelista non dice che Gesù è il Cristo, non c’è l’articolo determinativo. Ciò significa è un Messia diverso da quello che la gente s’immaginava. La lettura di questo vangelo ci deve far comprendere che tipo di Messia è Gesù; è il Messia della tradizione ma diverso da quello che la tradizione si aspettava.

Sappiamo che la storia del re e della monarchia è molto travagliata in Israele. Fin dall’inizio quando Israele voleva un re, per essere come tutti gli altri popoli, Dio si arrabbiò e disse: Voi volete un re? Peggio per voi, vuol dire che rinunciate a me. Quindi c’è tutta una critica divina contro la scelta del popolo. Tanto è vero che il Messia sarà lui il vero re, a differenza di tutti gli altri.

Nello stesso tempo, Gesù non è solo il figlio di Davide, ma anche il figlio di Abramo, che in origine non è ebreo, ma gentile. Quindi praticamente la promessa fatta ad Abramo, vuol dire che la promessa è fatta a tutte le genti. Di fatti della promessa fatta ad Abramo si dice: e in te saranno benedette tutte le genti. Quindi Gesù è il Cristo non solo di Davide, non solo di Israele, ma attraverso Israele sarà dunque il Messia di tutte le genti. Per questo Gesù può essere definito colui verso cui l'intera storia del VT converge, il compimento della promessa. Non c'è da aspettare nessun altro, perché tutto è stato compiuto in Gesù.

Quindi già nel primo versetto, Matteo è cosciente di scrivere un libro che narra la genesi del mondo nuovo. Questa genesi del mondo nuovo è una persona concreta, è Gesù. E questa persona concreta è il promesso a Israele, è frutto di Israele e contemporaneamente è per tutti gli uomini attraverso Israele. Quindi c’è sotto tutta la teologia della scelta di Israele e dell’apertura di Israele a tutte le genti.

Poi comincia la genealogia, dove ognuno è nominato sempre due volte, prima come generato e poi come generante. Cioè praticamente è narrata la trasmissione della vita ed è questo che fa la storia: la trasmissione della vita, dove uno riceve la propria identità, dove poi la vive con la sua libertà, e la trasforma in una nuova. Questa è la storia dell’uomo, e questa storia va verso un obiettivo, che è il progetto di Dio. Il progetto di Dio si fa dentro la storia, dentro gli avvenimenti quotidiani: nella trasmissione della vita, dei valori, dell’affetto, della famiglia.

È un vivere assieme con Dio che si inserisce nella storia. Non a caso il vangelo di Matteo finisce con Gesù che dice: Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dell’età presente, ogni giorno fino alla fine. Dio cammina con noi.

Noi siamo abituati a una concezione di Dio un po' strana. O come quello che Lui dirige la storia e noi semplicemente siamo mossi dai fili, non liberi: è la concezione calvinista. Oppure abbiamo l’altra concezione che Dio lascia libero l’uomo; gli ha dato la carica iniziale, gli ha dato il calcio all’inizio, lo ha avviato: adesso fate quel che credete meglio, io vi ho dato l’indirizzo, se non lo cambiate troppo va anche bene, se no, peggio per voi. Sono due concezioni estreme di Dio dove si nega o la libertà di Dio o la libertà dell’uomo.

Invece, la concezione di Dio è diversa, la si capisce in questa genealogia quando si parla di Abramo che generò Isacco. Abramo è figlio di Dio. Abramo non è come Adamo. Abramo ascolta la Parola di Dio. Allora, il rapporto uomo-Dio, è il rapporto Padre e figlio, è il rapporto dell’ascolto, e il figlio nell’ascolto diventa simile al Padre. Il figlio ascolta il Padre, diventa esperto come il Padre, vive uguale al Padre libero, adulto. Questa è la concezione dell’intervento di Dio nella storia, di due libertà, di due responsabilità che giocano l’una con l’altra, di Padre in Figlio. Per cui Abramo è certamente figlio di qualcuno (di Terah), ma Abramo è il figlio della Parola che ha ascoltato. Ed è da lì che parte la storia della salvezza. Se non sono figlio della promessa, sono tagliato fuori dalle generazioni, cioè non ho la connessione con il principio, è una vita che si perde.

Perché cinque donne?

Il monotono elenco di nomi maschili è interrotto, qua e là, da cinque nomi femminili. Perché Matteo, in una società la cui genealogia era patriarcale, inserisce dei nomi di donna?

Tre di queste donne, Tamar, Rahab, Ruth, si trovano nell'elenco dei patriarchi; una, Betsabea, è posta a fianco di Davide, all'inizio del secondo gruppo, quello dei re; l'ultima, Maria, è posta alla fine del terzo elenco dei discendenti regali.

Tamar, una cananea, dopo aver sposato Er e Onan, figli di Giuda senza avere figli da questi, seduce con l'inganno il suocero, fingendosi una prostituta. Giuda, infatti, le aveva promesso il suo terzo figlio, ma, poi, dopo un lungo tergiversare, di fatto glielo nega, venendo meno alla promessa, lasciandola senza figli. Dalla relazione fraudolenta ed estorta con l’inganno nasceranno due figli: Perets e Zerach. Dal primo discenderà Davide. In tal modo essa riuscirà a dare al suo primo marito, Er, una discendenza. Tamar è una storia d’ingiustizia, di prostituzione, di irregolarità, di immoralità. In Israele c’erano anche delle sante donne; Matteo non poteva metterci una di queste piuttosto che andare a scegliere quelle le cui storie fanno arrossire? Questo è un altro indizio che la genealogia è costruita ad arte per dargli un significato teologico. Il significato di ciò è che il Signore entra nella nostra storia fatta di miserie. Cioè Dio ama l’uomo dentro la sua storia concreta, nella sua debolezza. Dio vuole mettere ordine nel caos della vita dell’uomo.

Rahab. Se Tamar ha fatto la prostituta occasionalmente, Rahab era una vera prostituta, era la tenutaria di un bordello nelle mura di Gerico, che sposa la causa d’Israele e compie un atto di fede nel Dio d'Israele. Questa è Rahab, la seconda donna, e possiamo dire che Matteo le ha scelte nel mazzo! Eppure, grazie a lei Israele conquisterà facilmente la città e lei, con la sua famiglia, verrà salvata. Vivrà in mezzo a Israele, rispettata e stimata, e sarà ricordata come colei che ha salvato gli esploratori di Gerico. Quindi nel sangue di Gesù c’è anche questa pagana e prostituta che ha permesso l’ingresso nella terra d’Israele.

Ruth, una moabita, che rimasta vedova insieme alla suocera, decide di rimanerle fedele, disposta anche a rinunciare a nuove nozze pur di starle vicina. La seguirà quindi a Betlemme, dove sposerà Booz. Da loro nascerà Obed, padre di Iesse e nonno di Davide. Anche questa è straniera che entra a far parte del popolo di Israele in modo questo molto toccante.

Da queste prime tre donne straniere, poste da Matteo nel ceppo patriarcale, si possono ricavare tre lezioni:

·  Prima lezione: la discendenza è frutto della fedeltà.
·  Seconda lezione: indipendentemente dalla propria condizione di vita, è la fede e la fedeltà a Dio che qualifica la persona come vero figlio di Abramo.
·  Terza lezione: Dio si serve di chiunque lo riconosce e gli è fedele per portare avanti il suo progetto di salvezza nella storia, che in tal modo non è più storia esclusiva d'Israele, ma dell'uomo in quanto tale.

Betsabea è la quarta donna citata da Matteo, che non chiama per nome, ma per stato giuridico: "moglie di Uria". È interessante che Matteo, quasi per pudore, neanche la nomina, perché la considera complice di Davide, complice di un assassinio. Betsabea, ebrea, seduce con la sua bellezza Davide e viene coinvolta nella colpa con lui, diventando adultera. Il figlio nato dalla loro relazione adulterina, frutto della colpa, morirà al posto di Davide e in espiazione del suo peccato. Da nozze regolari e dopo il pentimento di Davide, nascerà Salomone. Qui abbiamo adulterio, omicidio, e vigliaccheria verso Uria, servo fedele di Davide; il peggio che si possa pensare da parte di un qualunque uomo e a maggior ragione di un uomo di Dio. Vediamo come nella carne del Figlio di Dio c’è tutta la nostra storia con tutto il suo sporco, è una vita lavata dalla grazia: il sangue di Cristo.

Quando Davide genera Salomone si trova, nei confronti di Betsabea, in una posizione di regolarità matrimoniale: è a tutti gli effetti sua moglie. Tuttavia, Matteo continua a definirla come "moglie di Uria". Se Matteo insiste su questo concetto è perché vuole attirare l'attenzione sul peccato di Davide. Vediamone i tratti essenziali:

·   Innanzitutto Matteo, ponendo Betsabea a fianco di Davide, che apre la serie dei re di Giuda, ci sta dicendo che all'inizio, dunque, c'è una colpa.
·   Citando Betsabea, quale "moglie di Uria", Matteo rimanda l’ebreo che conosce bene la storia a Betsabea che è nuda e la sua bellezza seduce Davide, che si macchia di un peccato punibile con la morte.
·   Questa sentenza di morte non si ritorcerà su Davide che, umiliatosi davanti al Signore e invocatone il perdono, otterrà grazia. Ma la sua colpa sarà scontata con la morte di un innocente incolpevole: suo figlio, nato dal rapporto adulterino con Betsabea. Il figlio primogenito di Davide-Betsabea, dunque, è colui che dovrà, incolpevole, espiare la colpa di altri.
·   Scontata la colpa con la morte dell'innocente e con il perdono accordato, riprende la storia della discendenza e della grazia.

Come non vedere in questo racconto un altro figlio di Davide, che pagherà con la propria vita la colpa commessa da altri.

Maria, la quinta donna citata da Matteo nella genealogia, è un’umile ragazza ebrea, promessa sposa a Giuseppe, si trova implicata in una gravidanza misteriosa. Sta per essere lasciata, ma si scoprirà come tale gravidanza è opera non di uomo, ma dello Spirito e in cui Matteo legge l'attuazione di un'antica profezia di Isaia.

Rispetto a Betsabea, posta all'inizio della stirpe regale, Maria chiude la discendenza regale. C’è una sorta di contrapposizione tra Betsabea e Maria. Betsabea seduce Davide, che spinto dalla passione per lei commette adulterio e assassinio. Il frutto di tale colpa è un figlio destinato alla morte, quasi a dire che frutto del peccato, come ci ricorda anche Paolo, è la morte.

Ma vediamo come Maria, a differenza di Betsabea, in realtà, è piena di grazia. Infatti, "Giuseppe non generò Gesù da Maria". La catena di "A che genera B, B che genera C",  arrivata a Giuseppe, si interrompe, lo schema si rompe: Giuseppe è un generato che non genera. S’interrompe l'azione dell'uomo e con lui s’interrompe la catena di trasmissione del peccato.

La monotona formulazione genealogica di Matteo, è sostituita da "Giacobbe generò Giuseppe, il marito di Maria, dalla quale nacque Gesù, che è chiamato Cristo" (1:16). Attraverso questa interruzione l’evangelista vuole escludere Giuseppe dalla nascita di Gesù. Giuseppe è lo sposo di Maria e il Cristo è generato da Maria. Nel mondo ebraico antico il padre è colui che genera, la madre è colei che partorisce. Qui invece l’evangelista dice: da Maria fu generato Gesù. Giuseppe, come Abraamo, dovrà accettare il figlio come dono. Viene messo davanti alla libertà di accettare o meno il dono che viene da Dio, e allora diventa anche suo figlio.

Vediamo come Maria si ritrova tra un'azione umana (Giacobbe generò Giuseppe) e un'azione divina a cui rimanda il verbo al passivo (fu generato). Maria, dunque, funge da trait-d'union tra la storia del peccato e quella della grazia, così che in Maria, Dio e l'uomo si sono ritrovati di nuovo.

Come Matteo conta le generazioni

Matteo conclude la sua lista genealogica con il v. 17 affermando che "... da Abramo fino a Davide sono in tutto quattordici generazioni; e da Davide fino alla deportazione in Babilonia, quattordici generazioni; e dalla deportazione in Babilonia fino a Cristo, quattordici generazioni" (1:17).

Prendiamo carta e penna per contare il numero delle generazioni e scopriremo che, per quanta buona volontà ci si metta non arriveremo mai alle 42 generazioni (14x3) indicateci da Matteo. Matteo non sapeva contare? Da Abramo a Davide sono quattordici; da Salomone a Ieconia (deportazione a Babilonia) sono quattordici, ma da Salatiel a Gesù sono 13. Ne manca una. Ritiene implicito che Gesù è generato da Dio.

Perché tre gruppi di 14 generazioni?

Colpisce particolarmente il v. 17 con il suo ripetersi insistente, per tre volte, del numero quattordici. Non è pensabile che questo ripetersi di un numero sia un fatto casuale, ma costituisce, invece, un preciso messaggio, che doveva facilmente raggiungere i destinatari.

Sono stati numerosi i tentativi di interpretare questo triplice quattordici. Quello più conosciuto:

·         Il 14 sarebbe dato dalla somma del valore numerico delle consonanti ebraiche del nome Davide: "D W D", "d=4 + w=6 + d=4". Il totale dà 14. Mentre il "tre volte" starebbe ad indicare l'eccellenza della regalità di Gesù, tre volte Davide. Un'ipotesi questa sostenuta da molti autori, ma non è affatto detto che questa sia l’intenzione di Matteo, dato che per lui il nome di Abramo non è meno importante di quello di Davide.

Matteo scandisce la sua genealogia in tre momenti storici:

·   da Abramo a Davide: epoca dei patriarchi e giudici.
·   da Davide all'esilio e più precisamente fino a Giosia, ultimo re citato prima della deportazione. È questa l'epoca dei re.
·   dalla deportazione e più precisamente da Ieconia o Ioiachin, figlio di Eliachim.

Tale numero 3 possedeva in sé una certa sacralità, è il numero della perfezione. Il numero 14 pure, è due volte sette. Soltanto dalla somma dei due sette si giunge al 14, che costituisce una nuova entità, che contiene ed esprime in sé il compimento di due perfezioni: quella di Dio e quella dell'uomo, fatto a sua immagine e somiglianza; soltanto dall'unione collaborativa dei due (7+7) si forma la nuova entità, che trova la sua massima espressione e concretezza in "Gesù, che è chiamato Cristo".  

Quindi il fine di raccontare tutta la storia attraverso i nomi, è dire che tutta questa storia ha un punto di arrivo che è perfetto: tre volte quattordici. Pertanto Gesù viene presentato come il punto di arrivo di tutta la storia umana. Anzi il punto di arrivo di tutta la storia umana è la comunione tra l’uomo e Dio; e Gesù sarà la congiunzione tra l’uomo e Dio, generato dallo Spirito Santo. L’uomo e Dio, divisi dalla colpa, diventano nuovamente una cosa sola. Tale unità ricomposta e ritrovata ha un nome: Gesù di Nazaret, che è chiamato Cristo. 

Il mese lunare in ebraico è composto da 28 giorni e l’evangelista - questo lo troviamo in un commento ebraico dell’epoca, al quale senz’altro Matteo si è ispirato – vuole indicare che con Abramo, capostipite del popolo è iniziata la fase crescente del ciclo lunare. Questo ha raggiunto la sua pienezza in Davide (Davide è in luna piena); con Davide è iniziato il declino che ha portato alla deportazione (l’eclissi), dopo ricomincia la fase crescente, che vede il culmine con Gesù.

Infatti tre volte 14 corrisponde alle sei settimane che hanno preceduto la sua venuta (3 x 14 = 6 x 7). Gesù segna l’inizio della settima settimana della storia, quella finale e decisiva, che avrebbe rappresentato una nuova creazione.

Questa lista di nomi, che poteva sembrare a un primo sguardo noiosa e monotona, ci dice che questa nostra storia è sotto il disegno di Dio, e ha addirittura una misura perfetta, tre volte quattordici.