sabato 21 marzo 2020

SALVEZZA PER FEDE O PER OPERE?

Una delle critiche che il protestantesimo ha portato al cattolicesimo riguarda il modo in cui ci si salva. Non è una questione da poco, forse è la più importante. Viene detto in ambito protestante: «La salvezza della nostra anima è per grazia di Dio attraverso la fede in Cristo Gesù! Tutto quello che devi fare è ravvederti dai tuoi peccati e credere con tutto il tuo cuore nel Signore Gesù Cristo, e riceverai il perdono dei peccati e la salvezza dell’anima, e il Signore ti darà il diritto di diventare figlio e figlia di Dio».

Dunque, la salvezza si ottiene per opere o per grazia? Questo argomento lungamente dibattuto, soprattutto dopo la nascita del protestantesimo, è certamente un punto di divisione dottrinale tra cattolici e protestanti. I protestanti, almeno nella stragrande maggioranza, sostengono la salvezza per sola fede, mentre la Chiesa cattolica insegna la salvezza per fede e opere. Tutti saremo giudicati in base alle nostre opere, la nostra fede deve essere operante nella carità e non vuota senza opere.

Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di Dio. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato (Gal. 6:7).

Va comunque fatta una debita premessa: Dio è il padrone della messe, e quindi dà ad ognuno secondo la Sua volontà, come al ladrone che in punto di morte gli diede la salvezza, senza la necessità di opere. Ricordiamo in tal senso anche la parabola dei lavoratori delle diverse ore, che ad ogni operaio prometteva la paga giornaliera; ma anche a quelli che furono ingaggiati nel pomeriggio diede la stessa paga. Coloro che furono ingaggiati all’alba si lamentarono, ma il padrone fece loro notare che non li stava defraudando di nulla, tuttavia era libero di dare la stessa paga anche a chi lavorava solo poche ore (Mat. 20:1-16).

Il ladrone fu ricompensato da Gesù allo stesso modo di come lo furono altri discepoli che hanno lavorato per tutta la loro vita, e quindi hanno lavorato molto di più per il Signore. Ma la salvezza accordata al ladrone rappresenta una eccezione, non deve essere per noi la regola per oziare tutta la vita, e metterci a fare i cristiani solo allo scadere del nostro tempo. La salvezza promessa al ladrone appeso in croce, serve a farci capire che a decidere è sempre e solo Gesù! La nostra fede deve essere in ogni caso operante, e mai oziosa, perché ciascuno alla fine raccoglierà ciò che avrà seminato (Gal. 6:7).

Voi sapete infatti che ciascuno, sia schiavo sia libero, riceverà dal Signore secondo quello che avrà fatto di bene (Efes. 6:8).

Ora io vi dico che di ogni parola oziosa che avranno detta, gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio (Mat. 12:36).

I protestanti insistono che basta la sola fede, ma leggendo versetti come questi o si rimane perplessi o la Bibbia si deve interpretarla bene. Se ci si ferma solo a questi versetti, si può intendere che bastino le sole opere, anzi le sole parole, per essere condannati o assolti da Dio. Se ci fermiamo ad alcuni versetti della lettera ai Romani, magari intenderemo che basti la sola fede per essere salvati. È evidente invece che servono sia la fede che le opere, l’una non può fare a meno delle altre, tranne che in condizioni del tutto particolari, come il ladrone che in punto di morte ottenne la salvezza per sola fede. Ma l’eccezione non costituisce una regola.

poiché Dio non è ingiusto da dimenticare l'opera vostra e l'amore che avete mostrato verso il suo nome con i servizi che avete reso e che rendete tuttora ai santi (Ebr. 6:10).

Ai protestanti evidentemente basta la sola lettera ai Romani per asserire la salvezza per sola fede, ma si sbagliano.

Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». In fretta scese e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È andato ad alloggiare da un peccatore!». Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo; il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (Luca 19:5-10).

Qui vediamo che sono proprio le opere a riparare i danni di Zaccheo. Zaccheo promette di dare la metà dei suoi beni ai poveri, non si limita a dire “Signore io credo in te”…ma agisce, opera. Appena finito l’episodio di Zaccheo, ritroviamo Gesù che racconta una parabola riferita a un uomo di nobile stirpe, che affida dei talenti ai suoi servi per farli fruttare. Anche qui vediamo la fede operante, sono le opere che dimostrano la nostra fede, non le parole.

Paolo dice: Se possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, io sono un niente. Giacomo poi è così avverso nei confronti di quanti presumono che la fede senza le opere valga ad ottenere la salvezza, da paragonarli addirittura ai demoni. Dice infatti: Tu credi che c'è un solo Dio? Fai bene; anche i demoni lo credono, e tremano. Che cosa si sarebbe potuto dire di più incisivo?

I protestanti sono invece convinti che difficilmente possono perdere la salvezza, perché basta la sola fede. Eppure in questi brani leggiamo esattamente il contrario:

Matteo 25:35 Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato,
Matteo 25:36 nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.
Matteo 25:37 Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?
Matteo 25:38 Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito?
Matteo 25:39 E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?
Matteo 25:40 Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.
Matteo 25:41 Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli.
Matteo 25:42 Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere;
Matteo 25:43 ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato.
Matteo 25:44 Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito?
Matteo 25:45 Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me.
Matteo 25:46 E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna».

Ed ancora:

Matteo 7:21 Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
Matteo 7:22 Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome?
Matteo 7:23 Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità.

Cosa vuol dirci Gesù? Che non è automatica la salvezza; ne consegue che c’è la possibilità che pur disponendo dei doni dello Spirito Santo, si possa finire all’inferno, se si insegna e si fanno cose sbagliate.

Chi ha il dono di compiere miracoli, ovviamente crede in Gesù, lo stesso vale per chi possiede altri doni, eppure Cristo rimprovera proprio costoro, e fa notare che se oltre a credere non fanno la Sua volontà vanno a finire all’inferno. In poche parole la Sola Fede non basta, servono pure le opere.

Pertanto consiglio ai tanti protestanti di buttare via il piedistallo che si portano sempre dietro, per salirci ogni volta che incontrano un cattolico, e imparare veramente gli insegnamenti di Gesù, perché proprio i protestanti pur credendo alcune parti di verità, hanno delle grosse lacune nelle loro dottrine, e troppa presunzione mista a spavalderia e arroganza nei confronti dei cattolici.

Il cristianesimo, nato dal giudaismo ma entrato subito in polemica con esso, ha dovuto ben presto precisare la sua posizione nei confronti della religione giudaica. Era stato già il tema del concilio di Gerusalemme ed era stato già soprattutto il problema di Paolo. E Paolo aveva dato ad esso una soluzione teologica di grande portata. La chiesa di Cristo non solo è l’erede del popolo di Dio, ma ne è anche la realizzazione, e quindi la trasformazione, spirituale. Essa è il novus, il verus Israel.

La Legge mosaica ha perduto perciò il valore salvifico – se mai l’avesse avuto - che le attribuiva la tradizione giudaica. La salvezza non viene dalle opere della Legge ma dalla fede nel Cristo morto e risorto (Gal. 2:16-21; Rom. 3:28). Ma in ampi settori della chiesa cristiana l’autorità di Paolo continuava ad essere contestata e la soluzione da lui sostenuta non aveva messo fine alle discussioni.

Egli dichiara che di per sé le “opere della Legge” sono giuste, ma se l’uomo crede che attraverso di esse merita la redenzione e l’adozione a figlio di Dio, allora esse diventano un equivoco e un inganno. Sarebbe come se una persona, caduta nelle sabbie mobili, cercasse da sola, alzando e agitando le mani, di sollevarsi illudendosi così di uscirne e di liberarsi. È necessario, invece, che offra la sua mano a chi, stando sulla terraferma, con forza lo possa tirar fuori.

Si delineano, così, due concetti paolini capitali: la “fede” da parte dell’uomo e la “grazia” da parte di Dio. È per questo che l’Apostolo ribadisce che l’uomo non è giustificato dalle opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo… poiché dalle opere della Legge non verrà mai giustificato nessuno (Gal. 2:16).
 
Sin dall’inizio, la storia della chiesa appare dominata dal problema del giudaismo. Da un lato tra i cristiani di origine giudaica permane la tendenza a conservare le tradizioni e le istituzioni del popolo giudaico, in una interpretazione che resta spesso ancorata alla lettera dell’Antico Testamento. Dall’altro lato si affaccia la tendenza a rinunciare interamente al giudaismo e alla sua Scrittura. Questa, per esempio, sarà la posizione di Marcione.

Quest’ultimo, per concezioni di tipo gnostico, vede un contrasto insanabile tra la Legge di Mosè che esige la giustizia, e il Vangelo di Gesù che proclama la grazia, tra quella che era la Scrittura dei Giudei (l’Antico Testamento) e quella che dovrebbe essere la Scrittura dei cristiani (il Nuovo Testamento), anzi tra il Dio stesso invocato dai Giudei e il Dio proclamato da Gesù Cristo. Marcione propose addirittura di accettare come normativi (canonici) solo alcuni dei libri apostolici (le lettere di Paolo in primo luogo, e poi Luca, in quanto meno giudaico), respingendo invece quelli che appaiono ancora troppo legati al giudaismo. Ma la maggioranza dei cristiani non la pensava così.

La predicazione e la vita stessa di Gesù sono troppo chiaramente radicate nella tradizione giudaica perché un cristiano (anche di origine pagana) possa tranquillamente rinunciare ad essa. E la figura di Gesù è stata interpretata e compresa in maniera così profonda dagli apostoli alla luce delle profezie dell’Antico Testamento, che queste ultime non possono essere accantonate. Per i cristiani, Gesù Cristo è il Messia che ha portato finalmente al suo compimento la storia di Israele. Tutto l’Antico Testamento tende perciò alla sua manifestazione, anzi parla già velatamente di lui.

Il problema non è allora di abbandonare la tradizione giudaica e rinunciare alla Scrittura del V.T., ma piuttosto di continuare il lavoro iniziato dagli Apostoli, che consiste proprio nel reinterpretare la Scrittura alla luce della vita di Gesù.

Il valore dell’Antico Testamento sta nell’aver preannunciato la venuta di Cristo. Gli eventi e le istituzioni del popolo giudaico sono soltanto il tipo delle realtà future. Tutto l’Antico Testamento è in realtà una grande profezia del Cristo. La Legge mosaica ha fatto perciò il suo tempo e non vincola più i cristiani. L’Antico Testamento, quindi, è conservato nel Nuovo, ma solo come la sua necessaria preparazione.

I giudeo-cristiani continuavano ad osservare le prescrizioni della Legge mosaica, e i giudaizzanti le credevano ancora necessarie per la salvezza. In questo contesto si capisce perché Paolo in alcune sue lettere parli di salvezza per grazia, infatti egli si riferiva alle opere della Legge. Paolo fa capire, in particolare ai gentili, che non devono sottostare al giogo delle prescrizioni della Legge, ma seguire solo gli insegnamenti di Cristo.

I protestanti non devono confondere le “opere delle Legge” con tutte le altre opere. Un cristiano che non opera, che non manifesta cioè il frutto della fede, è un cristiano perduto, destinato all’inferno. L’episodio di Zaccheo, ci insegna che bisogna credere, ma al tempo stesso operare. Zaccheo, infatti, oltre a credere in Gesù fu pronto a rimborsare chi era stato defraudato. La fede di Zaccheo non resta inoperosa, ma germoglia e fruttifica, concretizzandosi negli atti di carità e giustizia da egli compiuti. 

Anche San Paolo ce lo conferma in questo versetto: 

se possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla (1Cor. 13:2).

In questo caso la carità (l’amore) è considerata addirittura più importante della fede stessa. Gli evangelici danno per scontato che avendo la fede si ha pure la carità, ma vediamo che per Paolo non era poi così scontato. Infatti una fede così forte da trasportare le montagne non è cosa di tutti i giorni, eppure anche con una fede così forte la carità potrebbe mancare. In poche parole una grande fede senza opere non vale a nulla.

La fede da sola salva?
 
“Sì”  risponderà un evangelico.
“No” risponde Giacomo che dice: Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo?  
 
La fede è la cosa più importante?

“Sì” risponderà un evangelico
“No” risponde Paolo che dice “se possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla!” 

Il nodo cruciale della discussione è che per i protestanti le opere non hanno valore salvifico, ma sono solo un naturale frutto che germoglia dalla nuova nascita, mentre per i cattolici le opere sono certamente un frutto della conversione, ma per la collaborazione con cui le facciamo guidati dallo Spirito, hanno in sé stesse valore salvifico.
  
A cosa servirebbe la fede se si chiudesse su se stessa incurante di chi le sta attorno? È come il servo a cui il padrone affidò il talento, e questi per paura di perderlo lo nascose e non lo fece fruttificare. Quel servo fu punito dal padrone, e se noi conserviamo la nostra fede ma non produciamo frutto -quindi opere - verremo puniti.

Gesù disse: "Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli". 

Se andiamo a vedere cosa comprende il concetto di fede nel N.T. troveremo che esso implica la fedeltà (di cui il termine "fede" è appunto la radice etimologica).

Considera dunque la bontà e la severità di Dio: severità verso quelli che sono caduti; bontà di Dio invece verso di te, a condizione però che tu sia fedele a questa bontà. Altrimenti anche tu verrai reciso (Rom. 11:22).

La Chiesa è “colonna e sostegno della verità” (1Tim. 3:15). Senza la Chiesa ci sarebbe il caos assoluto, nessuno potrebbe essere sicuro di essere nella verità. La Chiesa cattolica è stata storicamente quella colonna, pur con i tanti difetti umani di cui è stata affetta lungo i secoli.

Cristo ha già operato la nostra salvezza, è già morto per tutti noi, ha già aperto per noi le porte del suo regno, per cui egli realmente ci ha salvati, ma ora sta a noi rispondere positivamente e fedelmente per usufruire di questa salvezza che ci viene offerta. 

Quindi, miei cari, obbedendo come sempre, non solo come quando ero presente, ma molto più ora che sono lontano, attendete alla vostra salvezza con timore e tremore (Fil. 2:12).

Anche qui Paolo parla di opere, e non dà affatto per scontata la salvezza, parlando di timore e tremore. Lascia dunque perplessi la spavalderia di molti evangelici che si definiscono: “una volta salvati, salvati per sempre”.

Se leggessero attentamente la Bibbia sarebbero più cauti. Purtroppo molti protestanti imparano a memoria solo alcuni versetti ignorandone altri, trovandosi così a ripetere sempre le stesse frasi.

Paolo, sempre in riferimento alla salvezza scrive: 

Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa (Col. 1:24).

Ma insomma il sacrificio di Cristo è completo o no? Sta bestemmiando Paolo?

La sofferenza è redentiva, ci offre la possibilità di completare nella nostra carne ciò che manca ai patimenti di Cristo. Che forse ai patimenti di Cristo manca qualcosa? Può dunque mancare qualcosa ai patimenti di Cristo?

Con il battesimo siamo divenuti con Cristo un solo corpo. Cristo nel suo corpo di carne è stato crocifisso. La redenzione è stata operata nella sofferenza della sua carne. Ora, senza i patimenti nella carne del cristiano avremmo un corpo che per quanto attiene a Cristo è crocifisso, per quanto invece attiene a noi non lo è. Ci sarebbe nell’unico corpo una duplice modalità di essere: crocifissa la carne di Cristo, intatta la nostra.
Ma poiché la legge del corpo è quella di Cristo, ogni carne nel corpo di Cristo deve compiere ciò che manca ai patimenti di Cristo, perché tutto il corpo di Cristo vivi la passione, la morte, la risurrezione, la gloriosa ascensione in cielo. In questo senso manca al corpo di Cristo il nostro patimento, la nostra sofferenza, la nostra crocifissione. Questo completamento della sofferenza è a favore del corpo di Cristo che è la Chiesa, dice Paolo.

Per questo Paolo è lieto. La redenzione del mondo è del corpo di Cristo e il corpo di Cristo è la Chiesa. La Chiesa, corpo di Cristo, deve operare la redenzione del mondo, oggi. Come? Lasciandosi anch’essa crocifiggere dal mondo per obbedienza al suo Signore e Dio. Cosa manca ai patimenti di Cristo? Quelli di ogni cristiano. Quando ogni cristiano si lascerà crocifiggere come il suo Maestro e Signore, lui completa i patimenti di Cristo, nel corpo di Cristo, e la Chiesa diviene sacramento di conversione e di santificazione per il mondo intero.

Questa è la perenne vitalità della Chiesa.

Abrahamo credette in Dio, e gli fu reputato a giustizia e fu chiamato amico di Dio. Il fatto che Abrahamo credette in Dio costituisce un atto di fede. Ma il fatto che condusse il figlio per immolarlo, il fatto che armò intrepido la sua mano, il fatto che avrebbe immolato il figlio se la voce non l'avesse fermato, costituisce una grande fede e una grande opera. E Dio lodò quest’opera.

Ma le nostre opere così meschine possono meritare il paradiso? Le opere degli uomini per sé non meriterebbero mai il paradiso; lo meritano perché il Signore si è degnato di avvalorarle con la grazia che ci ha conferito nel battesimo. Le nostre opere buone hanno merito perché compiute in grazia di Dio, esse partecipano dei meriti stessi di Gesù Cristo.

Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime (Luca 21:19).

Luca qui non sta parlando della sola fede, ma di una fede che opera, persevera. Naturalmente, se vuoi perseverare non ti basterà appoggiarti solo sulle tue forze. Ti occorrerà l'aiuto di Dio. Non ti può bastare l'essere stato battezzato o qualche pratica di culto e di carità. Ti occorrerà crescere come cristiano. E ogni crescita, in campo spirituale, non può avvenire se non in mezzo alle prove, agli ostacoli, alle battaglie. 

La fede e il battesimo non salvano in automatico, perché un battezzato può ugualmente perdersi se nel suo cuore non c’è la carità. A Simon mago la fede e il battesimo non procurarono la salvezza, ma il suo cuore marcio con molta probabilità gli procurò la perdizione eterna.

Alcuni risponderanno: “ma quella di Simon mago non era una vera fede, noi invece crediamo veramente in Gesù…”.  Attenzione perché nella Bibbia viene detto che Simon mago credette. Successivamente, dalle parole di Pietro comprendiamo che Simon mago credette più alla potenza spirituale dei cristiani che alla loro santità.

“Dall’arca di Noè…Fu inviata la colomba, che non avendo trovato dove posarsi, fece ritorno all'arca; era tutto ricoperto dalle acque, e preferì tornare piuttosto che farsi ribattezzare. Il corvo, invece, che fu mandato fuori prima che l'acqua si ritirasse, siccome si lasciò battezzare di nuovo e non volle tornare all'arca, perì nelle acque. Dio ci risparmi la fine del corvo. Perché, infatti, il corvo non fece ritorno, se non perché fu sommerso dalle acque? La colomba, invece, poiché non aveva trovato dove posarsi, ritornò all'arca, malgrado gli insistenti inviti che da ogni parte le acque le facevano giungere: "vieni, vieni, immergiti qui" così come gridano gli eretici: "vieni, vieni, qui trovi il battesimo". Noè la rimandò fuori, così come l'arca vi manda fuori voi affinché parliate a costoro (S. Agostino).

L’uomo può anche perdere la grazia con il peccato, oppure rifiutarla e disprezzarla, ma può anche, e deve, collaborare con essa, col fare il bene ed evitare il male. In tal modo, cioè con la grazia divina e con la sua collaborazione, l’essere umano diviene compartecipe della divina natura (2Piet. 1:4) e può meritare la beatitudine eterna. In questo caso le nostre opere buone sono compiute non soltanto dall’uomo, ma dall’uomo e da Dio insieme, presente nell’anima del giusto. E che sia proprio così ce lo assicura lo stesso Gesù, quando ci dice: “Io sono la vite, voi i tralci; chi rimane in me ed io in lui, questi porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Giov. 15:5).

Il male dei protestanti è quello di non conoscere, o addirittura di non voler conoscere la dottrina insegnata dalla Chiesa. Quanti dubbi e quanti errori potrebbero essere fugati se tutti i cristiani ascoltassero la voce autorevole della Chiesa di Dio.

Le nostre opere, quando sono compiute nello stato di grazia, sono tutt’altro che inutili: esse costituiscono la condizione indispensabile al conseguimento della salvezza. La Parola di Dio in merito è chiarissima: “Tutti gli uomini compariranno davanti al tribunale di Dio e del Cristo” (Rom. 14:10), per ricevere l’eterna ricompensa, e ciò avverrà “secondo le loro opere” (Mat. 16:27) perché dinnanzi al trono di Dio, chiunque, “sia schiavo che libero, riceverà dal Signore secondo quello che avrà fatto di bene” e “secondo quello che avrà seminato” (Gal. 6:7-9).

Quindi le nostre opere di cristiani redenti, buone o cattive avranno un peso determinante nel giudizio divino. Cristo Giudice, non si attarderà a chiederci se abbiamo o meno aderito a Lui con la fede, la quale è sempre presupposta, ma ci domanderà se abbiamo compiuto i nostri doveri, le opere che Egli ci ha comandato, “perché ognuno riceverà la ricompensa di quel che avrà fatto mentre era nel corpo, sia in bene che in male” (2 Cor. 5:10).

Nella dottrina cattolica romana non c’è scritto da nessuna parte che ci si autosalva per opere meritorie, né che sono sufficienti solo il battesimo e la penitenza per salvarsi. Ma se il cristiano non dimostra con le opere la sua fede, che cristiano è? 

Alcuni protestanti, specie i pentecostali, amano rafforzare le loro prediche con citazioni di miracoli, avvenuti nelle loro comunità. Come a dire, se Dio non fosse con noi, questi fatti straordinari non potrebbero avvenire. Al di là del fatto che nessuno, oltre la Chiesa cattolica, mette a disposizione delle strutture scientifiche, per il malato guarito, affinché venga verificata la veridicità della guarigione, bisogna valutare il perché i miracoli si verificano, oltre che in altre “correnti cristiane” anche presso altre religioni.

Vale per tutti la domanda del Padrone della parabola: Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono? (Mat. 20:15).

A tutti – a dei non cristiani stessi – può essere concesso di operare dei miracoli, ma Dio non potrà permettere che ne facciano per dimostrare che le loro dottrine, se false, siano vere. Dio, infatti, è Amore e, dunque, può soccorrere ben al di là dei confini di quella che è la Sua Chiesa. Ma, al contempo Dio è verità e, dunque, non può, senza smentirsi, concedere segni destinati a convalidare ciò che verità non è o che della verità non ha la pienezza.

Insomma, per fare l’esempio di guarigioni prodigiose avvenute al di fuori dell’ambito ecclesiale, pur ammesso che siano autentiche (e un simile accertamento non è facile), esse sono rivolte alla persona nel bisogno e al suo fervore religioso, e non alla verità della dottrina che quella persona professa.

I miracoli che avvengono fuori dalla Chiesa cattolica, possono essere veri; ma non per questo sarà lecito dedurre che, poiché ovunque si verificano prodigi, tutte le dottrine sono approvate da Dio, tutte le religioni sono a Lui egualmente ben accette.

Il reverendo Moon non giura forse di essere guidato da Dio? I testimoni di Geova non affermano sul loro onore di essere guidati da Dio? Gli Avventisti del settimo giorno non affermano altrettanto? E i bambini di Dio? E la Chiesa delle ADI? E gli Apostolici? E i mormoni? E i Valdesi? I Luterani? E le Chiese libere? E le assemblee dei Fratelli? E i Battisti?  E i Metodisti? E le chiese di Dio? E la chiesa del Nazareno? E l’Esercito della salvezza? E i Pentecostali? E chi più ne ha più ne metta!!!

Da che cosa sono scaturiti tutti questi gruppi protestanti? Dalla troppa libertà interpretativa! Ognuno di questi gruppi si fa la propria dottrina, perché dice e assicura di “capire veramente”, di essere guidato veramente da Dio. Tutti questi hanno dottrine diverse, e queste diversità scaturiscono dall’aver rifiutato la vera autorità ecclesiastica, cioè la Chiesa cattolica romana.

Solo la Chiesa cattolica si è sempre mantenuta su una linea, quella della Verità! Attenzione ho detto su una linea, non su una retta, lungo la storia cristiana ci sono stati infatti diversi errori umani, commessi anche da papi e vescovi, oltre che da preti, ma ciò non ha mai compromesso la Verità, come non la compromise il rinnegamento di Pietro e l’abbandono degli apostoli durante la passione di Gesù Cristo.

Salvezza per sola fede?

Apocalisse 2:1 All'angelo della Chiesa di Efeso scrivi:
Così parla Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro:
Apocalisse 2:2 Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua costanza, per cui non puoi sopportare i cattivi; li hai messi alla prova - quelli che si dicono apostoli e non lo sono - e li hai trovati bugiardi.
Apocalisse 2:3 Sei costante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti.
Apocalisse 2:4 Ho però da rimproverarti che hai abbandonato il tuo amore di prima.
Apocalisse 2:5 Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti e compi le opere di prima. Se non ti ravvederai, verrò da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto.

Apocalisse 2:12 All'angelo della Chiesa di Pèrgamo scrivi:
Così parla Colui che ha la spada affilata a due tagli:
Apocalisse 2:14 Ma ho da rimproverarti alcune cose: hai presso di te seguaci della dottrina di Balaàm, il quale insegnava a Balak a provocare la caduta dei figli d'Israele, spingendoli a mangiare carni immolate agli idoli e ad abbandonarsi alla fornicazione.
Apocalisse 2:15 Così pure hai di quelli che seguono la dottrina dei Nicolaìti.
Apocalisse 2:16 Ravvediti dunque; altrimenti verrò presto da te e combatterò contro di loro con la spada della mia bocca.

Apocalisse 3:1 All'angelo della Chiesa di Sardi scrivi:
Così parla Colui che possiede i sette spiriti di Dio e le sette stelle: Conosco le tue opere; ti si crede vivo e invece sei morto.
Apocalisse 3:2 Svegliati e rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire, perché non ho trovato le tue opere perfette davanti al mio Dio.
Apocalisse 3:3 Ricorda dunque come hai accolto la parola, osservala e ravvediti, perché se non sarai vigilante, verrò come un ladro senza che tu sappia in quale ora io verrò da te.
Apocalisse 3:4 Tuttavia a Sardi vi sono alcuni che non hanno macchiato le loro vesti; essi mi scorteranno in vesti bianche, perché ne sono degni.
Apocalisse 3:5 Il vincitore sarà dunque vestito di bianche vesti, non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma lo riconoscerò davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli.

Apocalisse 3:7 All'angelo della Chiesa di Filadelfia scrivi:
Così parla il Santo, il Verace,
Colui che ha la chiave di Davide:
quando egli apre nessuno chiude,
e quando chiude nessuno apre.
Apocalisse 3:8 Conosco le tue opere. Ho aperto davanti a te una porta che nessuno può chiudere. Per quanto tu abbia poca forza, pure hai osservato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome.
Apocalisse 3:10 Poiché hai osservato con costanza la mia parola, anch'io ti preserverò nell'ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra.
Apocalisse 3:11 Verrò presto. Tieni saldo quello che hai, perché nessuno ti tolga la corona.

venerdì 13 marzo 2020

IL PEGGIO DEVE ANCORA VENIRE

Chi vuol capire capisca:



"Il CoronaVirus non se ne andrà fino a quando il terzo tempio non verrà costruito", dice Rabbi Aryeh Lipo sul sito di Har-Habait. Il rabbino avrebbe suggerito una potente cura per il coronavirus:

"Siamo qui sul Monte del Tempio a pregare per la guarigione di tutto il mondo … Il tempio è la corona, proprio come i tefillin sulla testa di un ebreo".

Quindi ha citato il profeta Isaia (2:2) che a suo dire paragonò il Monte del Tempio a una corona.

Alla fine dei giorni,
il monte del tempio del Signore
sarà eretto sulla cima dei monti
e sarà più alto dei colli;
ad esso affluiranno tutte le genti

Rabbi Aryeh Lipo ha detto che "la malattia è arrivata a ricordarci che manca la vera corona del mondo. Ciò che fermerà il coronavirus ci è stato insegnato da re David":

edificò in quel luogo un altare al Signore e offrì olocausti e sacrifici di comunione. Il Signore si mostrò placato verso il paese e il flagello cessò di colpire il popolo (2Sam. 24:25)


Continuando: "A Dio piacendo, questa corona proteggerà il mondo dal corona".

A scanso di equivoci facciamo memoria in questo tempo di confusione circa la vera corona:

Apocalisse 12:1 Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle.
Apocalisse 12:2 Era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto.
Apocalisse 12:3 Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi;
Apocalisse 12:4 la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato.
Apocalisse 12:5 Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e il figlio fu subito rapito verso Dio e verso il suo trono.


domenica 8 marzo 2020

SAI PREGARE I SALMI?


COME PREGARE I SALMI?

Un esempio:

Sal.118:10 Tutte le nazioni mi hanno circondato.

Ora, se questo versetto noi lo leggiamo con l’occhio dell’ego, con l’occhio della materialità, con l'occhio del vecchio patto, incominciamo a pensare: Questo è il popolo d’Israele che si sente assediato, poi magari facciamo un commento esegetico bellissimo – dico bellissimo tanto per dire – che mi porta lontano mille miglia dall'oggi. Invece è proprio adesso che ci sono nazioni, ci sono forze che ci stanno circondando, proprio ora. Ci sono adesso forze, popoli di pensieri che ci stanno circondando. Non c’è bisogno di andare a fare la storia d’Israele, quella c’è stata, è importante, è un archetipo, ma se io non lo sento adesso che tutte le nazioni mi hanno circondato, io sono fuori dalla preghiera, non sto pregando, cioè sono fuori dallo Spirito. È adesso che lo Spirito ci vuol far realizzare che tutte le nazioni, tutte non qualcuna, tutto mi sta circondando, ma nel nome del Signore, eccole da me sconfitte.

Il nome non è il nome, il nome è la presenza, la presenza reale del Cristo vivente come Spirito in me, ora. In questo senso, nel suo nome, come figlio nel Figlio, nella fede del Figlio, sconfiggiamo tutte le nazioni che ci assediano, i pensieri che ci aggrediscono diventano deboli, nella forza della mia fede nel nome, nella presenza del Cristo, mia nuova umanità, Nello Spirito creatore, onnipotente, tutte quelle aggressioni si mettono fuori. Il centro è occupato dal Re, gli aggressori vengono messi fuori. Se lo sentiamo stiamo pregando, siamo nello Spirito, altrimenti no.

Mi hanno circondato… ma nel nome del Signore eccole da me sconfitte. Questa è la realizzazione di ciò che chiamiamo salvezza, o perdono. La realizzazione costante che il male è potente, ma in me c’è uno Spirito più potente, uno Spirito a cui posso affidare totalmente la vita e che opera come guarigione, perdono, vittoria. Lo Spirito di Cristo è uno Spirito di vittoria. Il cristiano dovrebbe avere un’esultanza come colui che vince una battaglia. Proprio un’esultanza di vittoria. Io ho vinto il mondo!

Se c’è stato un bel combattimento allora il senso della vittoria è molto forte. Se non ho rischiato niente, se non ho combattuto fino alla fine, ma quale vittoria ho? cosa ho vinto? ho giocato non ho combattuto, non ho sperimentato che Tutte le nazioni mi hanno circondato. Non ho vissuto questo, non ho vinto nel nome del Signore, e allora non esulto. Se l'ho fatto allora esulto.

Poi è chiaro, oscilliamo, non è uno stato permanente, però lo stato dell’esultanza, della vittoria, è qualcosa di fondamentale per il credente, ed è proprio questo che noi siamo chiamati a testimoniare.

L’uomo è capace di una sopportazione straordinaria, ma deve vedere la vittoria, la deve sperare. La speranza opera chimicamente sul corpo, è una medicina che guarisce cose inaudite. La speranza è qualcosa che il cristiano già vive, non è rivolta al futuro soltanto, la speranza è qualche cosa di cui già faccio esperienza, la vittoria io già la vivo. C’è un non ancora, ma c’è anche un già. Se non c’è questo già c’è un grosso problema.

Il perdono è una grande sanatoria. Attraverso il perdono noi diventiamo nuove creature, realmente. E lo sperimentiamo, sia pure passo passo, a bocconi. E la direzione di questo processo è la liberazione, è la libertà, la libertà radicale dello Spirito, che è libero da qualunque condizionamento, anche della materia, questa è la libertà vera: lo Spirito non è soggetto a nessuna legge.

Non esistono leggi eterne di natura, quelle che noi chiamiamo leggi eterne in realtà sono semplicemente dei vincoli temporanei, che possono benissimo mutare. Questo vuol dire che lo Spirito, questo mistero che siamo, non è determinato da nulla che lo blocchi, che lo sovrasti, e il Cristo con la sua risurrezione ci attesta che questa non è un’illusione, ma la realtà. Il resto è un’illusione. Tutto il resto passa, ma le sue parole non passeranno mai.

Questo pensiero è vita eterna, credere in questo è partecipare allo Spirito nella sua libertà eterna. Nella misura in cui riusciamo a crederci noi viviamo la vita eterna, la libertà dello Spirito.

Ricordiamo che la preghiera cristiana, la preghiera cattolica, inizia ogni giorno: “O Dio vieni a salvarmi, Signore vieni presto in mio aiuto”. La preghiera cristiana inizia con la richiesta di aiuto… e lo riceve. Se tu chiedi aiuto nella verità, cioè credendoci, tu sperimenti subito un aiuto. Se dubiti affondi, come Pietro affondò sulle acque. Sei libero di scegliere se credere o no. Se credi non si sono dubbi, se non credi affondi.

Per esempio, ti puoi chiedere: ma sarà vero o non sarà vero?
Che cosa intendi? Che cosa intendi per vero? Vuoi la prova matematica? Dio è buono con chi lo teme e astuto con il furbo. Dio è uno specchio in un certo senso, o meglio noi siamo il suo specchio, l’immagine di Dio. Io sono come credo che Dio sia.

Credendo nelle parole di Cristo, come divento? Divento Figlio!
Questo è tutto. 

martedì 3 marzo 2020

ATTO DI ABBANDONO A GESÙ


Atto di abbandono a Gesù

Gesù alle anime:

 - Perché vi confondete agitandovi? Lasciate a me la cura delle vostre cose e tutto si calmerà. Vi dico in verità che ogni atto di vero, cieco, completo abbandono in me, produce l'effetto che desiderate e risolve le situazioni spinose.

Abbandonarsi a me non significa arrovellarsi, sconvolgersi e disperarsi, volgendo poi a me una preghiera agitata perché io segua voi, e cambiare così l'agitazione in preghiera. Abbandonarsi significa chiudere placidamente gli occhi dell'anima, stornare il pensiero dalla tribolazione, e rimettersi a me perché io solo vi faccia trovare, come bimbi addormentati nelle braccia materne, nell'altra riva. 
Quello che vi sconvolge e vi fa un male immenso è il vostro ragionamento, il vostro pensiero, il vostro assillo e il volere ad ogni costo provvedere voi a ciò che vi affligge.

Quante cose io opero quando l'anima, tanto nelle sue necessità spirituali quanto in quelle materiali, si volge a me, mi guarda, e dicendomi: "pensaci tu", chiude gli occhi e riposa! Avete poche grazie quando vi assillate per produrle, ne avete moltissime quando la preghiera è affidamento pieno a me. Voi nel dolore pregate perché io operi, ma perché io operi come voi credete... Non vi rivolgete a me, ma volete voi che io mi adatti alle vostre idee; non siete infermi che domandano al medico la cura, ma, che gliela suggeriscono. Non fate così, ma pregate come vi ho insegnato nel Pater: "Sia santificato il tuo nome", cioè sii glorificato in questa mia necessità; "venga il tuo regno", cioè tutto concorra al tuo regno in noi e nel mondo; "sia fatta la tua volontà", ossia PENSACI TU.

Se mi dite davvero: "sia fatta la tua volontà", che è lo stesso che dire: "pensaci tu", io intervengo con tutta la mia onnipotenza, e risolvo le situazioni più chiuse. Ecco, tu vedi che il malanno incalza invece di decadere? Non ti agitare, chiudi gli occhi e dimmi con fiducia: "Sia fatta la tua volontà, pensaci tu". Ti dico che io ci penso, che intervengo come medico, e compio anche un miracolo quando occorre. Tu vedi che l'infermo peggiora? Non ti sconvolgere, ma chiudi gli occhi e di': "Pensaci tu". Ti dico che io ci penso.

È contro l'abbandono la preoccupazione, l'agitazione e il voler pensare alle conseguenze di un fatto. È come la confusione che portano i fanciulli, che pretendono che la mamma pensi alle loro necessità, e vogliono pensarci essi, intralciando con le loro idee e le loro fisime infantili il suo lavoro. 

Ci penso solo quando chiudete gli occhi. Voi siete insonni, voi volete tutto valutare, tutto scrutare, confidando solo negli uomini. Voi siete insonni, voi volete tutto valutare, tutto scrutare, a tutto pensare, e vi abbandonate così alle forze umane, o peggio agli uomini, confidando nel loro intervento. È questo che intralcia le mie parole e le mie vedute. Oh, come io desidero da voi questo abbandono per beneficarvi, e come mi accoro nel vedervi agitati! Satana tende proprio a questo: ad agitarvi per sottrarvi alla mia azione e gettarvi in preda delle iniziative umane. Confidate perciò in me solo, riposate in me, abbandonatevi a me in tutto. Io faccio miracoli in proporzione del pieno abbandono in me, e del nessuno pensiero di voi; io spargo tesori di grazie quando voi siete nella piena povertà! Se avete vostre risorse, anche in poco, o, se le cercate, siete nel campo naturale, e seguite quindi il percorso naturale delle cose, che è spesso intralciato da satana. Nessun ragionatore o ponderatore ha fatto miracoli, neppure fra i Santi. 
Opera divinamente chi si abbandona a Dio.

Quando vedi che le cose si complicano, di' con gli occhi dell'anima chiusi:
"Gesù, pensaci tu". 

E distràiti, perché la tua mente è acuta... e per te è difficile vedere il male. Confida in me spesso, distraendoti da te stesso. Fa' così per tutte le tue necessità. Fate così tutti, e vedrete grandi, continui e silenziosi miracoli. Ve lo giuro per il mio amore. Io ci penserò ve lo assicuro. Pregate sempre con questa disposizione di abbandono, e ne avrete grande pace e grande frutto, anche quando io vi faccio la grazia dell'immolazione di riparazione e di amore che impone la sofferenza. Ti sembra impossibile? Chiudi gli occhi e di' con tutta l'anima: "Gesù pensaci tu". Non temere ci penso io. E tu benedirai il mio nome umiliandoti. Mille preghiere non valgono un atto solo di fiducioso abbandono: ricordatelo bene. Non c'è novena più efficace di questa:

O Gesù mi abbandono in Te, pensaci tu!