venerdì 21 febbraio 2020

NON FARAI CUOCERE IL CAPRETTO NEL LATTE DI SUA MADRE


Introduzione

Lo scopo di questo articolo è di offrire un'indagine su una particolare questione, cioè la separazione di carne e latte nella kashrut ebraica. In definitiva, lo scopo è quello d’indagare lo sfondo storico e teologico per stabilire se separare carne e latte si basa su un comandamento della Torah o è semplicemente una innovazione rabbinica.

Procederò nel modo seguente: Innanzitutto, voglio guardare i tre testi della Torah su cui l’halakah rabbinica si è formata, mettendo in evidenza il contesto in cui ciascuno si trova. Poi esaminerò le questioni testuali ed esegetiche relative al divieto "Non cuocerai il capretto nel latte di sua madre". Terzo, esaminerò problematiche critico-testuali, in particolare le aggiunte presenti nel Pentateuco samaritano e nella LXX, e le prove di Qumran, ovvero che le aggiunte potevano essere conosciute dalla setta dei Rotoli del Mar Morto. Quarto, darò uno sguardo alla storia dell’interpretazione di questi testi, e infine offrirò una conclusione sulla base dei dati raccolti.

I testi della Torah e i loro contesti

L’halakah di separare carne e latte è un elemento centrale nella definizione di cibi kasher per il giudaismo rabbinico. Storicamente, questa halakah si è basata sull'interpretazione di tre testi della: Es. 23:19; Es. 34:26 e Deut. 14:21, ognuno dei quali contiene la frase lō’ tevaššēl gedî baḥălēv ’immô, "Non cuocerai un capretto nel latte di sua madre".

Il contesto dei tre testi: Esodo 23:19; 34:26, e Deuteronomio 14:21

Esodo 23:19

Esodo 23 continua l'elenco di varie leggi dal contesto precedente. I versi 1-9 si occupano soprattutto con le leggi relative al comportamento verso il prossimo, tra cui lo straniero (gēr). I vv. 10,11 presentano la legge del settimo anno (šemiṭṭāh), in cui la terra era a riposo, e uno dei suoi scopi era di permettere una pronta fornitura di prodotti ai bisognosi. Le leggi della šemiṭṭāh sono immediatamente seguite nel v. 12 dalla reiterazione del giorno di riposo settimanale (šābbāt) e (v. 13) dall'esortazione a stare in guardia contro l'idolatria (non pronunciare il nome di dèi stranieri). I vv. 14-17 prescrivono le tre feste di pellegrinaggio (Pasqua, Pentecoste, Capanne) con la richiesta che tutti i maschi devono comparire davanti ad hā’ādōn YHWH, "al Signore, l’Eterno" e di non comparire "a mani vuote" (welō’ yērā’û fānāy rêqām). I vv. 18,19 trattano dei sacrifici e delle offerte (sembrerebbe in relazione con le feste appena nominate), in cui sono elencati tre divieti e un comandamento positivo: (1) offrire un sacrificio con pane lievitato è vietato, (2) il grasso (belah) dei sacrifici non deve rimanere la notte fino al mattino, (3) viene richiesto di portare i primi frutti, e (4) è proibito cuocere il capretto nel latte di sua madre.

Contestualmente, il divieto di cuocere un capretto nel latte di sua madre è direttamente collegato con i sacrifici delle feste.

Sommario

1. vv. 10,11 La shemittah
2. v. 12 sabato settimanale
3. v. 13 nessuna idolatria
4. vv. 14-17 le tre feste di pellegrinaggio: Pasqua, Pentecoste, Capanne - tutti i maschi devono partecipare
5. vv. 18,19 i sacrifici nel contesto delle feste di pellegrinaggio
     a. divieto: non deve essere offerto alcun sacrificio con pane lievitato
     b. divieto: il grasso del sacrificio non deve rimanere durante la notte
     c. richiesta: portare le primizie della terra
     d. divieto: non cuocere un capretto nel latte di sua madre

Esodo 34:26

Es. 34:1-9 racconta della seconda salita di Mosè sulla montagna per ricevere le Dieci Parole e della sua conversazione con l'Onnipotente. I vv. 10-17 parlano delle istruzioni di Dio a Mosè riguardo il patto con Israele. Queste istruzioni sottolineano (a) la necessità di Israele di obbedire ai comandamenti di Dio, (b) il divieto di fare alleanze con gli abitanti del paese, (c) l’ordine di demolire gli altari pagani, frantumare le colonne, e abbattere gli idoli, e (d) il divieto a partecipare a qualsiasi delle pratiche idolatriche degli abitanti del paese. I vv. 18-26 si riferiscono alle feste di pellegrinaggio che Israele, il popolo del patto, doveva osservare: (1) la Festa degli Azzimi, seguito dal comandamento che ogni primogenito (sia animale che uomo) appartiene al Signore, da una disposizione per riscattare il primogenito di un asino, e la richiesta di riscattare i primogeniti. Poi viene aggiunto il comandamento che nessuno deve comparire "a mani vuote" (welō’ yērā’û fānāy rêqām) alle feste. (2) Il v. 21 ripete il comando.

Del sabato settimanale. (3) Il v. 22 prescrive l'osservanza di altre due feste di pellegrinaggio, Pentecoste e Capanne, qui chiamate festa delle primizie e festa della raccolta alla fine dell’anno, seguita dal provvedimento che tutti i maschi devono comparire davanti al Signore tre volte l'anno, cioè alle feste appena nominate (v. 23). (4) Nei vv. 25,26 il comandamento riguardo le tre feste di pellegrinaggio si conclude con tre proibizioni e un comandamento positivo (un diretto parallelo con Es. 23:18,19, ma con qualche cambiamento di parola): (a) nessun sacrificio deve essere offerto con pane lievitato, (b) il sacrificio di Pasqua non deve rimanere fino al mattino, (c) le primizie devono essere portate alla "casa dell’Eterno Iddio tuo", e (d) un capretto non deve essere cotto nel latte di sua madre.

Ancora una volta, come in Esodo 23, il divieto di cuocere un capretto nel latte di sua madre è collegato direttamente nel contesto dei sacrifici festivi.

Sommario

1. vv. 10-17 il Patto del Sinai viene fatto con Israele attraverso il mediatore Mosè
2. vv. 18-26 feste di pellegrinaggio e sabato settimanale - devono comparire tutti i maschi
3. vv. 25,26 – i comandamenti riguardo le feste di pellegrinaggio
          a. proibizione: nessun sacrificio deve essere offerto con pane lievitato
          b. proibizione: il sacrificio di Pasqua non deve rimanere fino al mattino
          c. richiesta: portare le primizie del suolo
          d. proibizione: Non cuocere un capretto nel latte di sua madre

Deuteronomio 14:21

La terza ricorrenza del divieto si trova in un contesto molto diverso dagli altri, dove il tema primario è la separazione di Israele per il loro Dio e dalle altre nazioni. I vv. 1,2 proibiscono le pratiche pagane relative al lutto per i morti, come farsi delle incisioni o radersi tra gli occhi. Il motivo della proibizione è che "tu sei il popolo consacrato all'Eterno, all’Iddio tuo".

I vv. 3-20 fanno un elenco dei cibi permessi e proibiti, descrivendo gli animali puri e quelli impuri e dunque le carni che sono consentite o proibite come cibo.

Il v. 21 vieta la carne di un animale che è morto da sé (nevēlāh), carne che è comunque consentito dare allo straniero (gēr) o vendere all’estraneo (ke). Ancora una volta, la motivazione di questa ingiunzione è il rapporto di alleanza unico che Israele ha con il suo Dio: "poiché tu sei un popolo consacrato all'Eterno, che è il tuo Dio". Il brano si conclude poi con il divieto: "non farai cuocere il capretto nel latte di sua madre".

I vv. 14:22-15:6 si occupano di (a) la decima annuale dei prodotti della terra e dei primogeniti degli animali, decima da mangiarsi "nel cospetto dell'Eterno, del tuo Dio, nel luogo ch'egli avrà scelto per dimora del suo nome"; (b) la conversione in denaro della decima se il viaggio è troppo lungo; (c) la decima del terzo anno che deve essere depositata nella propria città in modo che il levita, il gēr, l'orfano e la vedova la mangino e siano sazi; (d) [in 15:1-6] le leggi riguardo l'esercizio della shemittah e la remissione dei debiti.

Sommario

1. vv. 1,2 divieto di adottare i riti pagani del lutto.
          Motivo: "tu sei il popolo consacrato all'Eterno, all’Iddio tuo".
2. vv. 3-20 animali puri e impuri; quelli che possono essere usati come cibo e quelli no.
3. v. 21 legge relativa a un animale che è morto da sé (nevēlāh) -
          a. proibizione: la carne di nevēlāh è proibita a un Israelita (membro del patto)  
          b. consentito: la carne di nevēlāh può essere data a un gēr ’ăšer biš‘āreykā
          c. consentito: la carne di nevēlāh può essere venduta a un ke
          d. proibizione: non fai cuocere il capretto nel latte di sua madre.
          Motivo: "Tu sei un popolo consacrato all'Eterno, che è il tuo Dio"
4. vv. 14:22-15:6 leggi della decima annuale compresi i primogeniti degli animali (cfr. 15:19,20) che devono essere portati al Tabernacolo o Tempio e mangiati "in presenza dell’Eterno"; segue la legge della decima del terzo anno, che è da depositare nella propria città in modo che le persone svantaggiate possano mangiare.

Sintesi generale dei tre contesti

È chiaro che i contesti dei due passaggi dell’Esodo sono tra loro speculari. Entrambi hanno a che fare con le feste di pellegrinaggio e i sacrifici che vengono offerti nell’occasione. Pertanto, il fatto che il divieto di cuocere un capretto nel latte di sua madre conclude ogni pericope, sembra ovvio che debba essere collegato alle leggi dei sacrifici.

Il testo del Deuteronomio, invece, è molto diverso. Esso si occupa principalmente delle leggi sul cibo date a Israele in quanto popolo del patto consacrato a Dio. Anche se in Esodo l'ingiunzione di non cuocere il capretto nel latte materno conclude il comandamento che riguarda le feste di pellegrinaggio (e quindi è collegato contestualmente con le procedure sacrificali effettuate nelle feste), nel Deuteronomio il divieto si trova alla conclusione di leggi relative ai cibi puri e impuri. Tuttavia, il paragrafo che segue immediatamente parla del comandamento di portare la decima annuale, compresa la decima dei primogeniti degli animali (cfr. Deut. 15:19), e di mangiare "nel luogo ch'egli avrà scelto per dimora del suo nome" (14:23), vale a dire, in relazione alla feste di pellegrinaggio. Così, sia in Deuteronomio che in Esodo, i contesti che contengono il divieto di cuocere un capretto nel latte di sua madre hanno questo in comune: contengono il comandamento riguardo le primizie (del suolo, Esodo 23; degli animali, Esodo 34 e Deuteronomio 14). Anche se in un primo momento può sembrare che il contesto di Deut. 14:21 sia completamente diverso rispetto ai contesti di Es. 23:19 e Es. 34:26, questa apparente diversità è in parte ridotta dal fatto che tutti e tre i contesti contengono la legge delle primizie.

Inoltre, Deuteronomio si riferisce alla dimora d’Israele nel paese e quindi il luogo fisso (piuttosto che mobile) scelto da Dio per stabilirvi la dimora del suo nome, cioè, il Tempio di Gerusalemme. Considerando che Dio avrebbe benedetto gli Israeliti secondo la loro obbedienza ai suoi comandamenti e quindi allargato i loro confini, si sarebbe creata la situazione in cui coloro che vivevano lontano da Gerusalemme avrebbero fatto fatica a portare le offerte richieste, la decima delle primizie e i primogeniti prescritti per la festa. Così è stato previsto di vendere le decime e con il ricavato recarsi a Gerusalemme e lì acquistare cibo e bevande per la celebrazione (Deut. 14:24-26). Alla luce di questo, è comprensibile il motivo per cui l'ingiunzione del Deuteronomio contro il cuocere un capretto nel latte di sua madre sia raggruppato con le leggi alimentari, perché chi arriva alla festa con il denaro piuttosto che con le decime, dovrà comprare il cibo per la celebrazione della festa. Allo stesso modo, avrebbero acquistato gli animali da offrire in sacrificio per i primogeniti, quindi l'ingiunzione contro il cuocere un capretto nel latte di sua madre del Deuteronomio, sarebbe allo stesso modo collegato con i sacrifici festivi al santuario centrale.

Tenuto conto del fatto che il divieto biblico è chiaramente collegato alle feste e ai sacrifici offerti nel santuario durante le festività, la domanda che abbiamo di fronte è questa: perché, nel giudaismo rabbinico, l'ingiunzione di non cuocere un capretto nel latte di sua madre è stata completamente rimossa dal contesto dei sacrifici e interpretata come appartenente alla kashrut (leggi sul cibo)?


Dopo la distruzione del Tempio e il conseguente fallimento della rivolta ebraica sotto Bar Kochbah (134 dC), i rabbini di Yavne hanno dato inizio a un processo di trasferimento degli aspetti chiave del servizio del Tempio, alla vita quotidiana delle comunità nelle sinagoghe della diaspora. Il divieto di non cuocere un capretto nel latte di sua madre è stato trasferito dal servizio del Tempio alle leggi sul cibo, come modo di conservare alcuni dei servizi del Tempio sotto altra forma. Dopo la distruzione, il legame con i sacrifici non esisteva più, e così il divieto è stato rimosso dal suo contesto biblico e reinterpretato per adattarlo all'interno delle leggi della kashrut.

Lo sviluppo dell’halakah rabbinica, che ha preso il divieto di cuocere un capretto nel latte di sua madre e lo ha trasformato in una halakah della kashrut, aveva anche un altro scopo. Nel giudaismo rabbinico, la necessità di marcare la distinzione tra la Sinagoga e la Chiesa cristiana, stava diventando sempre più importante. La separazione completa di carne e latte come un elemento essenziale della kashrut, rendeva l’interazione sociale a tavola con i non-ebrei quasi impossibile.

Non c'è alcuna prova che la separazione di carne e latte come legge di kashrut esistesse in epoca pre-distruzione del Tempio. Inoltre, è chiaro che l’halakah rabbinica che ha deciso la separazione di carne e latte come regola alimentare, non può essere derivata dall’esegesi dei testi biblici, ma è soltanto il prodotto del midrash rabbinico. Pertanto, possiamo dire che l’halakah rabbinica che richiede la separazione rigorosa di carne e latte, non è un comandamento della Torah e non era una legge di kashrut riconosciuta dagli ebrei in epoca pre-distruzione del Tempio. La rigorosa separazione halakica di carne e latte, che è venuta a caratterizzare la kashrut del  giudaismo rabbinico è una innovazione rabbinica. Pura invenzione!!








venerdì 14 febbraio 2020

DOV'E' IL RE DEI GIUDEI?


Matteo 2:2 Dov'è il re dei Giudei che è nato? Poiché noi abbiamo veduto la sua stella in Oriente e siamo venuti per adorarlo.

È qui che compare per la prima volta il titolo "re dei Giudei". È il logico sviluppo del tema della discendenza davidica, con cui inizia il vangelo stesso: "Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide ..." (1:1).

La domanda è posta dai magi, ed è una domanda assai particolare e per certi versi anche strana. È strana perché loro sanno della nascita del re dei Giudei, mentre la gente che è in Gerusalemme ignora la cosa. 

La domanda, poi, che i sapienti d'oriente pongono qui "Dov'è il re dei Giudei che è nato ... ?" è rivolta non ad Erode, ma a Gerusalemme (vedi v. 1). Soltanto successivamente, dopo che ebbe udita la notizia, Erode convoca segretamente i magi per saperne di più (v. 7). La ricerca, quindi, parte da Gerusalemme, e non dai palazzi reali.

La domanda dei magi è la domanda fondamentale: trovare il luogo, come facciamo a trovarlo? Perché Gesù è già nato, il Messia è venuto, è nato in Israele. Noi come facciamo a incontrarlo e una volta che l’abbiamo incontrato, cosa dobbiamo fare? Ecco allora che nei magi incontriamo l’atteggiamento dell'uomo che è alla ricerca. È qui rappresentato tutto il nostro cammino di fede. La domanda è posta dunque in un contesto di ricerca, posta all'inizio del racconto di Matteo, la cui risposta definitiva, però, si troverà soltanto al termine di un lungo cammino, e precisamente in Mat. 27:37 nel cartello posto sopra la croce: "Questo è Gesù, il re dei Giudei", frase fatta scrivere da un altro pagano, Pilato, e costituisce la risposta alla ricerca iniziale: "Dov'è il re dei Giudei che è nato?".

I magi giungono fino a Gerusalemme, condotti da una stella: "abbiamo veduto la sua stella in Oriente". Il loro cammino, un po’ come quello di Abrahamo, si rivelerà essere una ricerca interiore, che si interroga su questo misterioso personaggio, annunciato da una "stella" che essi hanno "veduto".

Il verbo "vedere", "oràō", indica sempre nei vangeli il disvelarsi di realtà superiori. I ciechi, che acquistano la vista, che vedono, di cui sono pieni i vangeli, sono sempre la metafora dell'uomo che raggiunge la luce della fede ed ha compiuto un cammino di avvicinamento a Gesù, che gli si disvela.

Anche questi magi, questi pagani, "hanno veduto", cioè "hanno creduto" e a seguito di questa loro fede hanno incominciato un cammino di ricerca, che li ha portati a Gerusalemme, la città in cui si è celebrata, nella morte-risurrezione, la salvezza per l'intera umanità.

Essi hanno seguito la stella, che li portava verso il Dio incarnato, rifiutato dai Giudei, ma che è stato creduto ed accolto proprio dai pagani. Non a caso, infatti, il racconto della passione, si chiude con una profonda confessione di fede fatta proprio da un pagano, il centurione: "Veramente, costui era Figlio di Dio" (Mat. 27:54). Questa confessione di fede, in bocca a un pagano ai piedi della croce, è il punto di arrivo di un cammino, che ha il suo inizio proprio nella domanda che i magi pongono all'inizio: "Dov'è il re dei Giudei che è nato?". Solo seguendo la luce della stella essi lo trovano.

Ecco, allora, il senso di questo lungo viaggio dall'Oriente pagano, di questo lungo cammino di fede: "siamo venuti per adorarlo". La meta finale, pertanto, è il riconoscimento della regalità divina di Gesù, espressa nella "proskynēsis" (prostrazione, adorazione), riservata, presso il mondo orientale, soltanto al re e alla divinità. Questo è il cammino della fede. Ho visto, ma non basta vedere, il fine è adorare.

L'Evangelista non dice che la stella li abbia guidati nel viaggio a Gerusalemme; ma che apparve loro in Oriente, ed essi vennero alla capitale della Giudea. I responsabili giudei avrebbero dovuto loro far conoscere il luogo preciso dove Gesù era nato; ma essendosi invece mostrati incuranti, e non avendo voluto accompagnarli a Betlemme, apparve ai magi nuovamente la stella e li guidò al Messia.












domenica 9 febbraio 2020

CHI ODIA CHI?



“Parlo DELLA MORTE DELLA RAZZA BIANCA. La completa rimozione di tutti i mezzi di riproduzione della cosiddetta razza ariana. Uomini, ora noi controlliamo il destino di questa razza. Ora è il momento di assicurarsi che la razza bianca si estingua attraverso l'incrocio di razze e con un tasso di natalità praticamente zero. Tutti abbiamo apprezzato la visione ripetuta in tutto il mondo ogni giorno degli ultimi bambini bianchi che giocavano con piccoli bambini scuri, sapendo che venivano preparati per la loro eventuale distruzione. Possiamo rovinare l'antica linea di sangue pura di un bambino ariano convincendolo dell'altruismo di generare figli interrazziali. Dobbiamo portare la mescolanza razziale dai centri urbani alle periferie e alle aree rurali di questo paese. Programmi più aggressivi per integrare questi paesi. Programmi più aggressivi per integrare queste aree sono ora in corso attraverso l'HUD. Vale la pena qualsiasi prezzo per annientare la prossima generazione di bambini bianchi. Vogliamo che ogni padre bianco senta il dolore di far sposare i propri figli con i loro compagni di colore e produrre figli birazziali ”. - Abe Foxman; Presidente ADL




“L'omogeneità delle nazioni europee è fondamentalmente contraria agli interessi del popolo ebraico. Siamo a una svolta fondamentale nella storia. L'Occidente sta diventando sempre più diversificato dal punto di vista razziale e presto la razza bianca sarà costretta a sottomettersi. Il futuro dell'occidente è quello di una fusione etnica diversificata, dove le malvagie divisioni della razza e della supremazia bianca non regneranno più. Tutto ciò grazie all'enorme potere dei nostri movimenti e istituzioni sociali. Questo grande cambiamento sarà catalizzato dall'insediamento musulmano. Dal paese di Israele, gli ebrei saranno per sempre una luce per il nuovo mondo monorazziale, garantito da Dio”.
Rabbi Abarron Haviv, al vertice del congresso ebraico mondiale, 2011.


Risultato immagini per Count Richard Coudenhove-Kalergi


Conte Richard Coudenhove-Kalergi:
"L'uomo del futuro sarà di razza mista ... La razza negroide eurasiatica del futuro ... sostituirà la diversità dei popoli ... Il bolscevismo russo costituisce un passo decisivo verso questo scopo in cui un piccolo gruppo di aristocratici spirituali comunisti governa il paese ... Lo staff generale di entrambi ... è reclutato dalla razza leader spirituale europea, gli ebrei.
Dalla quantità europea di gente ... la massa, nascono due razze di qualità; l'aristocrazia del sangue e gli ebrei ... entrambi credono nella loro missione superiore, nel loro sangue migliore ... La superiorità del loro spirito li predispone a diventare un fattore principale della futura nobiltà ”.




“Un piano razziale per il XXI secolo” – Israel Cohen - 1912
Dobbiamo renderci conto che l'arma più potente del nostro partito è la tensione razziale. Proponendo alla coscienza delle razze scure che per secoli sono state oppresse dai bianchi, possiamo modellarle al programma del partito comunista. In America punteremo alla sottile vittoria. Mentre infiammiamo la minoranza negra contro i bianchi, cercheremo di instillare nei bianchi un complesso di colpa per il loro sfruttamento dei negri. Aiuteremo i negri a diventare importanti in ogni ambito della vita, nelle professioni e nel mondo dello sport e dell'intrattenimento. Con questo prestigio, il negro sarà in grado di sposarsi con i bianchi e iniziare un processo che porterà l'America alla nostra causa.



È nell'interesse ebraico, è nell'interesse dell’umanità che i bianchi sperimentino un genocidio. Fino a quando i bambini bianchi non vengono bruciati vivi, la donna bianca violentata, mutilata, assassinata e tutti gli uomini bianchi che non sono stati ammazzati guarderanno impotenti mentre il loro popolo è terrorizzato, solo allora l'umanità sarà su un piano più equo, pronta a mettere in discussione il privilegio bianco e l'evidente chip sulla spalla che hanno le minoranze. – Ishmael Levitts






mercoledì 5 febbraio 2020

LO SAPEVATE CHE...


Metternich pronunciò questa famosa frase:

Italien ist ein geographischer begriff
(L’Italia è una espressione geografica)

Non aveva nessuna intenzione denigratoria, semplicemente esprimeva una constatazione che un paese come l’Italia non poteva essere rinchiuso negli angusti spazi del concetto di nazione, perché l’Italia ha qualcosa che la rende unica in tutto il mondo: Roma. Il centro da cui si è irradiato – dopo la caduta di Gerusalemme - il cristianesimo nel mondo, perché Roma non è stata soltanto il centro dell’Impero Romano, ma è stata ed è ancora il centro della cristianità.

Le radici cristiane (non protestanti) è ciò che ha reso unita l’Italia nella storia. Che cosa accomuna Predoi (il paese più a nord dell’Italia) con Lampedusa? La lingua? No, dato uno parla tedesco e l’altro no. La cultura? No. La cucina? No. Le tradizioni? No. Che cosa accomuna un cittadino del Friuli con uno della Sardegna?  Soltanto la stessa fede nella croce di Cristo.

La stessa cosa valeva per l’Europa medievale. Uno svedese e un siciliano si comprendevano benissimo nonostante la diversità di cultura e tradizioni. Oggi l’Europa ha sostituito Dio al denaro della finanza, che è il nuovo vitello d’oro. Non si tagliano le radici nelle quali si è cresciuti, eppure l’Europa le ha tagliate.

Sapete perché chi non sapeva scrivere usava firmare con la croce? Perché nel Sacro Romano Impero, il suo primo imperatore – Carlo Magno – non sapeva né leggere né scrivere ma era un devoto credente e si firmava con una croce.

Alla fine dell’impero romano c’era crisi economica, disoccupazione dilagante, povertà, classe media distrutta, crisi morale, famiglie sfasciate, divorzi, omosessualità, scetticismo, corruzione, crisi politica, tutte le grandi istituzioni (Senato) erano praticamente crollate, e in più c’era una grande crisi demografica. Nel periodo d’oro Roma aveva 1.000.000 di abitanti, al suo crollo ne aveva 80.000. Il motivo principale era la detanalità, gli aborti erano frequentissimi. Si usava come contraccettivo le proprietà di una pianta che cresceva in Cirenaica, il Silfio, praticamente l’hanno fatta estinguere con l’uso.

Chi, in questa condizione, raccolse i cocci di questo disastro e costruì la civiltà che noi conosciamo? Benedetto da Norcia, che attraverso l’esperienza dei monasteri recupera l’essenza del cristianesimo, rimette Cristo al centro di tutto. Noi non abbiamo neanche idea di quanto siamo debitori alla Regola di S. Benedetto, che è il caposaldo su cui si è costruito tutto, anche nelle cose banali di tutti i giorni.

Prendiamo per esempio l’orario dei pasti. All’epoca di Benedetto si consumava un pasto principale nella giornata tra le 4 e le 7 del pomeriggio, e poi ciascuno sgranocchiava qualcosa durante la giornata. La colazione, il pranzo e la cena l’ha introdotta la regola di S. Benedetto.

Sapete da cosa deriva la parola colazione? Dalle collationis, che erano le letture che i monaci facevano al mattino.

In inglese il termine breakfast, che significa interrompere il digiuno (break-fast) è un termine monastico.

Lavarsi le mani prima dei pasti viene dalla regola. La buona usanza che un giovane ceda il posto a un anziano, cosa che non esisteva al tempo dei romani, la introduce la regola: il monaco più giovane doveva alzarsi e cedere il posto al monaco più anziano.

Il primo e il secondo di ogni nostro pasto lo dobbiamo alla regola, la quale dice: “Due pasti cotti e come terzo eventualmente frutta o verdura”. Addirittura anche l’uso del pane (una libra) e del vino (un heminem - ½ lt) - la regola stabilisce anche le quantità - questo ricorda il sacrificio di Cristo, hanno un valore simbolico, sono stati introdotti nella dieta per questo motivo.

La politica. Il nostro sistema elettorale si basa sul sistema che i monaci usavano per l’elezione dell’abate. Addirittura i concetti di maggioranza assoluta, maggioranza relativa, che non esistevano al tempo dei romani, vengono introdotti dai monaci.

Il termine ballottaggio, sapete da cosa deriva? Dalle ballotte, le palle nere e bianche che i monaci utilizzavano per dire sì o per dire no. E il termine scrutatore del seggio da dove deriva? Dagli scrutatores che erano i monaci incaricati di registrare i voti per l’elezione dell’abate.

Quando per la prima volta tutti i monaci europei si sono incontrati per concordare sui punti delle regole, hanno detto: Come chiameremo questo che stiamo facendo? Noi qui ci siamo riuniti per parlare, allora lo chiameremo Parlamentum. La parola Parlamento nasce lì.

L’Europa non avrebbe saputo niente del suo passato - pensate a un buco nero - se degli uomini non avessero speso la loro vita, bruciandosi la vista al freddo di uno scrittoio, per ricopiare, ricopiare, ricopiare. Senza questi uomini, gli amanuensi, noi non avremmo mai saputo che fosse esistito un generale che si chiamava Giulio Cesare, un filoso che si chiamava Aristotele, la storia di Roma, avremmo avuto un blackout totale, come nel caso degli Etruschi, non avremmo saputo niente. Avremmo visto il Colosseo e avremmo detto: Chissà chi l’ha fatto? Cosa facevano lì dentro? A cosa serviva?

È grazie a questi uomini che abbiamo la scrittura minuscola standard, l’hanno inventa loro. Prima di loro la scrittura corsiva cambiava di luogo in luogo e le parole erano tutte attaccate. Praticamente ci voleva l’interprete. Sono loro che con questo metodo hanno facilitato la comunicazione internazionale. Non è un dettaglio da poco.

Hanno inventato anche il punto interrogativo. Prima non esisteva. La parola domanda in latino è

quaestio
quaestio
qo  abbreviano e prendono la prima e l’ultima lettera

q poi mettono la q sopra la o
o
    aprono l’occhiello della q e nasce il punto interrogativo
?

Il concetto che noi diamo per scontato di sanità e di ospedale, è la Regola! «La cura dei malati, prima di tutto e sopra tutto deve essere realizzata».
Al tempo dei romani non esistevano gli ospedali. C’erano soltanto delle specie di infermerie militari, i civili non l’avevano.
Benedetto, partendo dalla parabola del buon samaritano, cioè vedere nel prossimo Cristo, obbliga i monasteri a dotarsi di una infermeria per i malati. Da queste infermerie cosa nasce? Nasce l’Hospitale pauperum et pelegrinorum, l’ospedale!

Il formaggio grana. Nell’abbazia Chiaravalle di Milano, nel 1135 c’è una sovrabbondanza di latte, non sanno come conservarlo, e inventano il formaggio grana.

La birra l’inventano loro, e lo fanno per tre motivi:

1)      Sanitario – per mancanza d’acqua potabile. Facendo la birra l’acqua bolle e la preserva da infezioni
2)      Cibo. La birra ha un potere nutritivo. Veniva utilizzata in tempo di quaresima e digiuno in sostituzione al cibo.
3)      Vendita – per mantenere le opere e il monastero.

Sapete chi è il santo patrono dei birrai? Un vescovo. Sant’Arnoldo, quello che ha scritto che dal sudore dell’uomo e dall’amore di Dio è nata la birra nel mondo. Questo vescovo si era accorto che durante un’epidemia quelli che bevevano acqua si ammalavano, quelli che bevevano birra, no. Obbliga tutti i fedeli a bere solo birra.

L’agricoltura si era completamente persa nella notte buia delle invasioni barbariche e della fine dell’impero romano. La recuperano i monaci.
La bonifica: pensate che la pianura Padana era uno dei posti invivibili d’Europa, diventa quello che è grazie ai monaci.

La musica. Guido d’Arezzo, monaco benedettino, inventa le note musicali.
Chissà quanti cantanti rock, magari anche satanici, sanno che le note musicali sono le iniziali di un inno dedicato a S. Giovanni Battista composto da un monaco, Pietro diacono nel ‘700 dC

Ut queant laxis
Resonare fibris
Mira gestorum
Famuli tuorum
Solve polluti
Labii reatum
Sancte Iohannes

L’Ut venne poi chiamato Do a partire dal XVII secolo da Gian Battista Doni (dalle iniziali del suo cognome).

Forse, l’invenzione più importante che dobbiamo a questi uomini è la scuola. Un monaco benedettino, Alcuino da York, l’uomo più intelligente, colto, ed erudito di quell’epoca, viene chiamato da Carlo Magno a Parma, e Alcuino convince Carlo Magno su due cose:

-          la connessione tra la fede e la cultura
-          l’importanza che ci sia un popolo che abbia un minimo d’istruzione

Carlo Magno incarica Alcuino di elaborare il progetto. E qui nasce la scuola. Il sistema scolastico: la didattica, la programmazione, le materie, ecc.
Le materie erano: grammatica, retorica, dialettica, musica, matematica, aritmetica, geometria e astronomia.

Obbliga i vescovi, sacerdoti, conventi, ad aprire scuole sia per i figli dei poveri e sia per i figli dei nobili, indistintamente, almeno fino al livello elementare.


Ma non finisce qui. C’è il lavoro. Ora et labora viene da Benedetto. Ha rivoluzionato l’Europa.

Al tempo dei romani il lavoro era una questione servile, roba da servi, perché l’uomo libero era l’uomo che poteva dedicarsi ai piaceri intellettuali, alle relazioni sociali, andava alle terme, faceva politica, tanto che il valore positivo era l’ozio. Tanto che il negozium (l’attività) era qualcosa di negativo.

Benedetto opera una rivoluzione copernicana. L’ozio diventa un nemico dell’anima, e il lavoro diventa il valore positivo, non tanto in una prospettiva materialista, ma perché attraverso il lavoro l’uomo diventa collaboratore dell’opera creatrice di Dio. C’è un significato spirituale.

Ed è da questa incredibile rivoluzione benedettina che nasce ed esplode tutta quella magnificenza che è il medioevo dei mercanti, degli artigiani, degli artisti.

Noi gli dobbiamo tutto.

Nel prologo della regola benedettina c’è scritto:
Alziamoci, dunque, una buona volta, dietro l'incitamento della Scrittura che esclama: "È ora di scuotersi dal sonno!"