Introduzione
Lo scopo di questo articolo è di
offrire un'indagine su una particolare questione, cioè la separazione di carne
e latte nella kashrut ebraica. In definitiva, lo scopo è quello d’indagare lo sfondo
storico e teologico per stabilire se separare carne e latte si basa su un
comandamento della Torah o è semplicemente una innovazione rabbinica.
Procederò nel modo seguente: Innanzitutto,
voglio guardare i tre testi della Torah su cui l’halakah rabbinica si è
formata, mettendo in evidenza il contesto in cui ciascuno si trova. Poi esaminerò
le questioni testuali ed esegetiche relative al divieto "Non cuocerai il
capretto nel latte di sua madre". Terzo, esaminerò problematiche
critico-testuali, in particolare le aggiunte presenti nel Pentateuco samaritano
e nella LXX, e le prove di Qumran, ovvero che le aggiunte potevano essere
conosciute dalla setta dei Rotoli del Mar Morto. Quarto, darò uno sguardo alla
storia dell’interpretazione di questi testi, e infine offrirò una conclusione
sulla base dei dati raccolti.
I testi della Torah e i loro
contesti
L’halakah di separare
carne e latte è un elemento centrale nella definizione di cibi kasher per il giudaismo rabbinico. Storicamente, questa halakah si è basata sull'interpretazione di tre testi della: Es.
23:19; Es. 34:26 e Deut. 14:21,
ognuno dei quali contiene la frase lō’ tevaššēl gedî
baḥălēv ’immô,
"Non cuocerai un capretto nel latte di sua madre".
Il contesto dei tre testi:
Esodo 23:19; 34:26, e Deuteronomio 14:21
Esodo 23:19
Esodo 23 continua l'elenco di varie leggi dal contesto precedente. I versi 1-9 si occupano soprattutto con le leggi relative al
comportamento verso il prossimo, tra
cui lo straniero (gēr). I vv. 10,11 presentano la
legge del settimo anno (šemiṭṭāh), in cui la terra era a riposo, e
uno dei suoi scopi era di
permettere una pronta fornitura di prodotti ai bisognosi. Le leggi della šemiṭṭāh sono immediatamente seguite
nel v. 12 dalla reiterazione del giorno di riposo
settimanale (šābbāt) e (v. 13) dall'esortazione a stare in guardia contro
l'idolatria (non pronunciare il nome di dèi stranieri). I vv. 14-17 prescrivono le tre
feste di pellegrinaggio (Pasqua, Pentecoste, Capanne) con la richiesta che tutti i maschi devono comparire davanti ad hā’ādōn YHWH,
"al Signore, l’Eterno" e di non comparire "a mani vuote" (welō’ yērā’û fānāy rêqām). I
vv. 18,19 trattano dei sacrifici e delle offerte (sembrerebbe in relazione con
le feste appena nominate), in cui sono elencati tre divieti e un comandamento
positivo: (1) offrire un sacrificio con pane lievitato è vietato, (2) il grasso
(belah) dei sacrifici non deve
rimanere la notte fino al mattino, (3) viene richiesto di portare i primi
frutti, e (4) è proibito cuocere il capretto nel latte di sua madre.
Contestualmente, il divieto di cuocere
un capretto nel latte di sua madre è direttamente collegato con i sacrifici
delle feste.
Sommario
1. vv. 10,11 La shemittah
2. v. 12 sabato settimanale
3. v. 13 nessuna idolatria
4. vv. 14-17 le tre feste di
pellegrinaggio: Pasqua, Pentecoste, Capanne - tutti i maschi devono partecipare
5. vv. 18,19 i sacrifici nel contesto
delle feste di pellegrinaggio
a. divieto: non deve essere offerto alcun
sacrificio con pane lievitato
b. divieto: il grasso del sacrificio non deve
rimanere durante la notte
c. richiesta: portare le primizie della
terra
d. divieto: non cuocere un capretto nel
latte di sua madre
Esodo 34:26
Es. 34:1-9 racconta della seconda
salita di Mosè sulla montagna per ricevere le Dieci Parole e della sua
conversazione con l'Onnipotente. I vv. 10-17 parlano delle istruzioni di Dio a
Mosè riguardo il patto con Israele. Queste istruzioni sottolineano (a) la
necessità di Israele di obbedire ai comandamenti di Dio, (b) il divieto di fare
alleanze con gli abitanti del paese, (c) l’ordine di demolire gli altari pagani,
frantumare le colonne, e abbattere gli idoli, e (d) il divieto a partecipare a
qualsiasi delle pratiche idolatriche degli abitanti del paese. I vv. 18-26 si
riferiscono alle feste di pellegrinaggio che Israele, il popolo del patto,
doveva osservare: (1) la Festa degli Azzimi, seguito dal comandamento che ogni
primogenito (sia animale che uomo) appartiene al Signore, da una disposizione
per riscattare il primogenito di un asino, e la richiesta di riscattare i
primogeniti. Poi viene aggiunto il comandamento che nessuno deve comparire "a
mani vuote" (welō’ yērā’û fānāy rêqām) alle
feste. (2) Il v. 21 ripete il comando.
Del sabato settimanale. (3) Il v.
22 prescrive l'osservanza di altre due feste di pellegrinaggio, Pentecoste e Capanne,
qui chiamate festa delle primizie e festa della raccolta alla fine dell’anno,
seguita dal provvedimento che tutti i maschi devono comparire davanti al
Signore tre volte l'anno, cioè alle feste appena nominate (v. 23). (4) Nei vv.
25,26 il comandamento riguardo le tre feste di pellegrinaggio si conclude con tre
proibizioni e un comandamento positivo (un diretto parallelo con Es. 23:18,19,
ma con qualche cambiamento di parola): (a) nessun sacrificio deve essere
offerto con pane lievitato, (b) il sacrificio di Pasqua non deve rimanere fino
al mattino, (c) le primizie devono essere portate alla "casa dell’Eterno
Iddio tuo", e (d) un capretto non deve essere cotto nel latte di sua madre.
Ancora una volta, come in Esodo 23, il divieto di cuocere un
capretto nel latte di sua madre è collegato direttamente nel contesto dei
sacrifici festivi.
Sommario
1. vv. 10-17 il Patto del Sinai
viene fatto con Israele attraverso il mediatore Mosè
2. vv. 18-26 feste di
pellegrinaggio e sabato settimanale - devono comparire tutti i maschi
3. vv. 25,26 – i comandamenti riguardo
le feste di pellegrinaggio
a. proibizione: nessun sacrificio deve
essere offerto con pane lievitato
b. proibizione: il sacrificio di
Pasqua non deve rimanere fino al mattino
c. richiesta: portare le primizie del
suolo
d. proibizione: Non cuocere un capretto nel
latte di sua madre
Deuteronomio 14:21
La terza ricorrenza del divieto
si trova in un contesto molto diverso dagli altri, dove il tema primario è la
separazione di Israele per il loro Dio e dalle altre nazioni. I vv. 1,2
proibiscono le pratiche pagane relative al lutto per i morti, come farsi delle
incisioni o radersi tra gli occhi. Il motivo della proibizione è che "tu
sei il popolo consacrato all'Eterno, all’Iddio tuo".
I vv. 3-20 fanno un elenco dei
cibi permessi e proibiti, descrivendo gli animali puri e quelli impuri e dunque
le carni che sono consentite o proibite come cibo.
Il v. 21 vieta la carne di un
animale che è morto da sé (nevēlāh),
carne che è comunque consentito dare allo straniero (gēr) o vendere all’estraneo (nākerî).
Ancora una volta, la motivazione di questa ingiunzione è il rapporto di
alleanza unico che Israele ha con il suo Dio: "poiché tu sei un popolo
consacrato all'Eterno, che è il tuo Dio". Il brano si conclude poi con il
divieto: "non farai cuocere il
capretto nel latte di sua madre".
I vv. 14:22-15:6 si occupano di
(a) la decima annuale dei prodotti della terra e dei primogeniti degli animali,
decima da mangiarsi "nel cospetto dell'Eterno, del tuo Dio, nel luogo
ch'egli avrà scelto per dimora del suo nome"; (b) la conversione in denaro
della decima se il viaggio è troppo lungo; (c) la decima del terzo anno che
deve essere depositata nella propria città in modo che il levita, il gēr, l'orfano e la vedova la mangino e
siano sazi; (d) [in 15:1-6] le leggi riguardo l'esercizio della shemittah e la remissione dei debiti.
Sommario
1. vv. 1,2 divieto di adottare i
riti pagani del lutto.
Motivo: "tu sei il popolo
consacrato all'Eterno, all’Iddio tuo".
2. vv. 3-20 animali puri e
impuri; quelli che possono essere usati come cibo e quelli no.
3. v. 21 legge relativa a un
animale che è morto da sé (nevēlāh)
-
a. proibizione: la carne di nevēlāh è proibita a un
Israelita (membro del patto)
b. consentito: la carne di nevēlāh può essere data a un gēr ’ăšer biš‘āreykā
c. consentito: la carne di nevēlāh può essere venduta a
un nākerî
d. proibizione: non fai cuocere il
capretto nel latte di sua madre.
Motivo: "Tu sei un popolo
consacrato all'Eterno, che è il tuo Dio"
4. vv. 14:22-15:6 leggi della
decima annuale compresi i primogeniti degli animali (cfr. 15:19,20) che devono
essere portati al Tabernacolo o Tempio e mangiati "in presenza dell’Eterno";
segue la legge della decima del terzo anno, che è da depositare nella propria
città in modo che le persone svantaggiate possano mangiare.
Sintesi generale dei tre contesti
È chiaro che i contesti dei due
passaggi dell’Esodo sono tra loro speculari. Entrambi hanno a che fare con le
feste di pellegrinaggio e i sacrifici che vengono offerti nell’occasione.
Pertanto, il fatto che il divieto di cuocere
un capretto nel latte di sua madre conclude ogni pericope, sembra ovvio che debba
essere collegato alle leggi dei sacrifici.
Il testo del Deuteronomio, invece,
è molto diverso. Esso si occupa principalmente delle leggi sul cibo date a
Israele in quanto popolo del patto consacrato a Dio. Anche se in Esodo
l'ingiunzione di non cuocere il capretto nel latte materno conclude il
comandamento che riguarda le feste di pellegrinaggio (e quindi è collegato
contestualmente con le procedure sacrificali effettuate nelle feste), nel
Deuteronomio il divieto si trova alla conclusione di leggi relative ai cibi
puri e impuri. Tuttavia, il paragrafo che segue immediatamente parla del
comandamento di portare la decima annuale, compresa la decima dei primogeniti
degli animali (cfr. Deut. 15:19), e di mangiare "nel luogo ch'egli avrà
scelto per dimora del suo nome" (14:23), vale a dire, in relazione alla
feste di pellegrinaggio. Così, sia in Deuteronomio che in Esodo, i contesti che
contengono il divieto di cuocere un capretto nel latte di sua madre hanno
questo in comune: contengono il comandamento riguardo le primizie (del suolo, Esodo
23; degli animali, Esodo 34 e Deuteronomio 14). Anche se in un primo momento
può sembrare che il contesto di Deut. 14:21 sia completamente diverso rispetto
ai contesti di Es. 23:19 e Es. 34:26, questa apparente diversità è in parte
ridotta dal fatto che tutti e tre i contesti contengono la legge delle primizie.
Inoltre, Deuteronomio si
riferisce alla dimora d’Israele nel paese e quindi il luogo fisso (piuttosto
che mobile) scelto da Dio per stabilirvi la dimora del suo nome, cioè, il
Tempio di Gerusalemme. Considerando che Dio avrebbe benedetto gli Israeliti
secondo la loro obbedienza ai suoi comandamenti e quindi allargato i loro
confini, si sarebbe creata la situazione in cui coloro che vivevano lontano da
Gerusalemme avrebbero fatto fatica a portare le offerte richieste, la decima
delle primizie e i primogeniti prescritti per la festa. Così è stato previsto
di vendere le decime e con il ricavato recarsi a Gerusalemme e lì acquistare
cibo e bevande per la celebrazione (Deut. 14:24-26). Alla luce di questo, è
comprensibile il motivo per cui l'ingiunzione del Deuteronomio contro il
cuocere un capretto nel latte di sua madre sia raggruppato con le leggi
alimentari, perché chi arriva alla festa con il denaro piuttosto che con le decime,
dovrà comprare il cibo per la celebrazione della festa. Allo stesso modo, avrebbero
acquistato gli animali da offrire in sacrificio per i primogeniti, quindi l'ingiunzione contro il cuocere un capretto
nel latte di sua madre del Deuteronomio, sarebbe allo stesso modo collegato con
i sacrifici festivi al santuario centrale.
Tenuto conto del fatto che il
divieto biblico è chiaramente collegato alle feste e ai sacrifici offerti nel
santuario durante le festività, la domanda che abbiamo di fronte è questa:
perché, nel giudaismo rabbinico, l'ingiunzione di non cuocere un
capretto nel latte di sua madre è stata completamente rimossa dal contesto dei
sacrifici e interpretata come appartenente alla kashrut (leggi sul cibo)?
Dopo la distruzione del Tempio e il conseguente fallimento
della rivolta ebraica sotto Bar Kochbah (134 dC), i rabbini di Yavne hanno dato
inizio a un processo di trasferimento degli aspetti chiave del servizio del
Tempio, alla vita quotidiana delle comunità nelle sinagoghe della diaspora. Il divieto di non cuocere un capretto nel latte di sua madre è stato trasferito dal servizio del Tempio alle leggi sul cibo, come modo di
conservare alcuni dei servizi del Tempio sotto altra forma. Dopo la
distruzione, il legame con i sacrifici non esisteva più, e così il divieto è
stato rimosso dal suo contesto biblico e reinterpretato per adattarlo
all'interno delle leggi della kashrut.
Lo sviluppo dell’halakah
rabbinica, che ha preso il divieto di cuocere un capretto nel latte di sua
madre e lo ha trasformato in una halakah della kashrut, aveva anche
un altro scopo. Nel giudaismo rabbinico, la necessità di marcare la
distinzione tra la Sinagoga e la Chiesa cristiana, stava diventando sempre più
importante. La separazione completa di carne e latte come un elemento
essenziale della kashrut, rendeva l’interazione sociale a tavola con i
non-ebrei quasi impossibile.
Non c'è alcuna prova che la separazione di carne e latte come legge di
kashrut esistesse in epoca pre-distruzione del Tempio. Inoltre, è chiaro che l’halakah rabbinica che ha deciso la separazione di
carne e latte come regola alimentare, non può essere derivata dall’esegesi dei
testi biblici, ma è soltanto il prodotto del midrash rabbinico. Pertanto, possiamo dire che
l’halakah rabbinica che richiede la separazione rigorosa di carne e
latte, non è un comandamento della Torah e non era una legge di kashrut
riconosciuta dagli ebrei in epoca pre-distruzione del Tempio. La rigorosa separazione
halakica di carne e latte, che è venuta a caratterizzare la kashrut del giudaismo rabbinico è una innovazione rabbinica. Pura invenzione!!