1Corinzi
1:1 Paolo,
chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per la volontà di Dio, e
il fratello Sostene,
Il
mittente e i destinatari di questa lettera sono indicati in modo
particolarmente solenne, cosa che rende l'inizio della Prima Corinzi
molto importante dal punto di vista teologico. Paolo non è che di
sua iniziativa fa una cosa, ha scelto di fare
questo o quest'altro, no. Sono chiamato,
dalla volontà di Dio,
a far che cosa? A essere apostolo
di Cristo, ossia
inviato di Cristo. Paolo rappresenta Cristo. Questa sua nuova vita di essere apostolo di Gesù Cristo non nasce da lui: egli è
apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio. Dio lo ha chiamato,
personalmente.
Ecco
perché la Chiesa deve essere apostolica, cioè fondata sulla
testimonianza degli apostoli, e questo è di grande importanza, perché se qualcuno mi viene a dire: Guarda c'è stato uno che ha avuto una
rivelazione e ha fondato una chiesa nuova... che si tenga la
sua rivelazione e la sua chiesa! (Per buona pace di tutte le chiese evangeliche).
In
altre parole, noi abbiamo bisogno della testimonianza storica che si
rifà a chi ha visto Gesù. La nostra fede non si rifà a visioni
personali. Neanche a delle idee personali o a teorie nuove. È un
fatto storico. Innanzitutto di Israele, della sua storia che culmina
in Gesù, che è la rivelazione ultima di Dio. E gli apostoli ci
testimoniano questo. Ma ci deve interessare anche un'altra cosa, che
cioè gli apostoli sono stati inviati per annunciare proprio questo.
Questa tramandazione è giunta fino a noi. Per questo la Chiesa è
essenzialmente apostolica. La tramandazione continua. Per questo il cristianesimo si è
trasmesso.
Paolo
non è l'unico a far questo, è insieme al fratello Sostène. Non si è
mai soli, non è mai un'impresa personale.
1Corinzi
1:2 alla chiesa
di Dio che è in Corinto, ai santificati in Cristo Gesù, chiamati a
essere santi, con tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del
Signore nostro Gesù Cristo, Signore loro e nostro,
Paolo
si rivolge alla Chiesa
di Dio che è in Corinto.
Non
ci sono chiese, ma la Chiesa. Ci sono più comunità dove la Chiesa è
presente. Corinto
è l’espressione locale di una realtà universale. La
parola Chiesa, dal verbo ἐκκαλέω, ἐκκλησία vuol dire "chiamata fuori", cioè i cristiani sono chiamati fuori. Da cosa e
perché? Chiamati fuori a uscire dalle categorie mondane, da una
logica, da una filosofia di vita mondana. Chiamati fuori a prendere
coscienza della verità. In altre parole chiamati fuori a essere
santificati
in Cristo Gesù.
Il
“luogo” dove la santificazione si compie è Cristo. Siamo
santificati in lui, poiché nel battesimo diveniamo con lui un solo
corpo ed è nel suo corpo che la nostra santificazione si compie. In
lui diveniamo tralci della sua vite. Cristo è la linfa della nostra
santificazione. Siamo
figli di Dio. È questa la nuova coscienza cristiana che ci chiama
fuori e che poi ci manda agli altri, quasi fosse un paradosso.
E
allora non sono chiamato fuori per dire me ne frego degli altri e
faccio il mio cammino, no, no! Sono chiamato fuori per far capire
anche agli altri. Per fare questo devo vivere la mia santità cioè
il mio impegno di figlio.
"Santo" vuol dire separato, cioè diverso. La diversità è il fatto che noi
viviamo nella misericordia di Dio. Mentre il mondo vive nel calcolo,
nell'egoismo, nell'interesse, nel tornaconto, sotto il dominio della
schiavitù della paura della morte, perché si sentono figli di
nessuno, e quindi devono amministrare al meglio la loro vita,
ecco che noi invece sappiamo che la nostra vita è nelle mani di Dio, che
ci è Padre, ci ha amati, ci ha salvati, ha dato il Figlio per noi,
la nostra morte è l'incontro con Lui. Questa è quella santità
radicale che ci fa vivere in modo diverso.
La separazione innanzitutto è
una vita filiale. Ecco, provate a pensare che cosa significhi essere
figli oppure non esserlo, pensare che i genitori vi amino o non vi
amino, pensare che voi esistete per qualcuno o non
esistete per nessuno. Non è una cosa secondaria. Quindi la prima
coscienza è proprio questa coscienza filiale: avere coscienza di un
Padre che tanto mi vuol bene da dare il Suo Figlio per me, e quindi
ai Suoi occhi io valgo qualcosa. Questa coscienza di appartenenza,
di amore, di accettazione, ci rende santi.
I
Corinzi sono santi per chiamata,
cioè per iniziativa divina sono stati scelti a credere e a far parte
del popolo di Dio. Il
testo originale non dice "chiamati a essere santi", ma
"chiamati santi". Chiamati
a essere santi dà al
testo un significato etico (ce la farò a diventare santo?). Invece
il testo vuole esprimere un'azione di Dio: chiamati
santi. La
Chiesa è santa in quanto comunità di persone beneficiarie
dell'azione e della vocazione divina.
È
interessante, poi, che questa santità non è un fatto privato, ma
siamo chiamati insieme con tutti quelli che in ogni luogo, hanno
ricevuto la stessa chiamata. Non con quelli che ci scegliamo, no,
con tutti
quelli che sono in ogni luogo. La
vocazione alla santità non è di uno o di qualcuno, non è neanche di tutti singolarmente presi. La vocazione alla santità è di
tutti, ma è di tutti insieme. Insieme dobbiamo tendere alla santità,
ognuno con l’altro. La solitudine non è del cristiano, neanche
nella santità. Chi è in
un cammino verso l’acquisizione della perfezione cristiana non è
mai solo, assieme a lui ci sono molti altri che camminano e sono
tutti protesi, ognuno secondo il grado della sua partecipazione di
volontà, di cuore, di mente e di spirito, alla realizzazione della
Parola di vita nella loro quotidiana esistenza.
Qui
si fonda la cattolicità appunto della Chiesa che è aperta. La mia
fraternità è aperta, ma se non vivo da fratello e comincio a
pestare i piedi a chi mi sta a destra e chi a sinistra, che
fraternità cristiana vivo? La fraternità la realizzo innanzitutto
con i fratelli che non ho scelto. E per questo sono miei fratelli e
li amo non perché li ho scelti perché sono bravi o perché hanno le
mie stesse idee, ma perché sono fratelli. E se non ami il fratello
che non hai scelto, non ami nessuno.
E
cosa fanno questi uomini? Invocano il nome del Signore nostro Gesù
Cristo. L'elezione non è più solo per il popolo di Israele, ma
è per tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore. Una definizione di cristiano: colui che invoca il
nome del Signore Gesù Cristo. Si può sentire l'eco delle parole del
profeta Gioele (2:32) "Chiunque invocherà il nome del
Signore sarà salvato". E l’invocazione non è
semplicemente un fatto formale, ma è qualcosa di
esistenziale, vitale. È Cristo che
dà senso e significato alla mia esistenza. Questo poi si traduce
nella pratica con l’acclamazione liturgica a Cristo, glorificato
quale Signore della comunità cristiana e del mondo intero.
Nell’antichità, invocare il nome significava avere relazione, entrare in comunione
con il Nome invocato. Il cristiano è colui che è in comunione con Gesù come suo
Signore. Come colui che mi ha amato e ha dato se stesso per me. Lui
mi ama e io rispondo col mio amore, e questo mi rende simile a Lui:
figlio. Per questo invocare il nome di Gesù è sinonimo di salvezza,
non per qualcosa di magico, ma se entro in comunione con Lui che è
il Figlio, divento figlio, e attraverso Lui sono in comunione con il
Padre e con i fratelli.
Signor
loro e nostro. Gesù
Cristo è il Signore unico, il solo, ed è il Signore di tutti coloro
che credono nel suo nome. In qualsiasi parte del mondo i credenti si
trovano a vivere, sono sempre sotto quest’unico e solo Signore.