lunedì 25 maggio 2020

UOMINI O PECORE?

                                                              UOMINI O PECORE?


domenica 17 maggio 2020

UN PO' DI LOGICA

UN PO' DI LOGICA

1) Nel 2015, in una conferenza organizzata dalla Sapling Foundation (una organizzazione privata non-profit), Bill Gates ha detto testualmente che se qualcosa ucciderà 10 milioni di persone nelle prossime decadi, è più probabile che sia un virus altamente contagioso invece di una guerra. Non missili ma microbi.

2) Al principio di maggio del 2018, in un convegno organizzato dal New England Journal of Medicine, lo stesso Bill Gates afferma che la prossima pandemia sarà di un agente patogeno sconosciuto o modificato in laboratorio a scopo terroristico e provocherà almeno 30 milioni di morti in meno di sei mesi.

3) Fra il 18 e il 27 ottobre 2019 si tengono a Wuhan i Giochi Mondiali Militari con la partecipazione di 10.000 atleti da tutto il mondo: molti partecipanti, compresi gli italiani, hanno riferito di essere stati male e di essersi ammalati subito dopo il ritorno a casa.

4) Il 18 ottobre 2019 il Johns Hopkins Center for Health Security, in collaborazione con il World Economic Forum e la Bill e Melinda Gates Foundation, inscena a New York, col nome di Event 201, la simulazione di una pandemia, modellata in gran parte sulla SARS, di un nuovo tipo di Covid proveniente dal pipistrello e trasmesso agli umani.

5) Alla fine di novembre del 2019 si registrano i primi casi confermati di persone infettate dal virus, nella città di Wuhan.

6) Il 23 gennaio 2020 il governo cinese decide la quarantena per la città e la provincia di Wuhan.

7) Il 27 gennaio 2020 il premier Conte dichiara in diretta televisiva alla giornalista Lilli Gruber: Siamo prontissimi. Continuiamo costantemente ad aggiornarci con il ministro Speranza. L’Italia in questo momento è il Paese che ha adottato misure cautelative all’avanguardia rispetto agli altri, ancora più incisive. Abbiamo adottato tutti i protocolli di prevenzione possibili e immaginabili.

8) Il 30 gennaio viene accertata la presenza del Covid-19 in Italia, col ricovero all’ospedale romano Spallanzani di una coppia di turisti cinesi.

9) Il 23 febbraio 2020 il governo Conte Bis vara un decreto-legge per la sicurezza Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 sull’intero territorio nazionale, e il primo ministro appare in televisione per ben 16 volte, peraltro dichiarando che tutto è pronto per fronteggiare una eventuale emergenza sanitaria.

10) Il governo Conte Bis prende i primi provvedimenti di ordine locale, e a livello nazionale dal 4 marzo, ordina la chiusura di tutte le scuole e le università, poi dal 9 marzo la sospensione delle manifestazioni sportive, e dall’11 marzo la chiusura di quasi tutti gli esercizi commerciali, tranne supermercati e farmacie.

11) L’11 marzo 2020 il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom dichiara quella di Covid-19 una pandemia, annunciando 118.000 casi in 114 Paesi e più di 4.000 morti accertati.

12) Il 14 aprile il presidente Donald Trump annuncia l’interruzione dei finanziamenti all’OMS, accusandola di errori nella gestione della crisi sanitaria e di insabbiamento di notizie, il che rende automaticamente Bill Gates, che era il secondo finanziatore di essa dopo gli Stati Uniti, il suo principale sponsor.

Questi sono i fatti; o almeno, sono alcuni fatti, messi in successione cronologica.

A meno che Bill Gates sia un indovino, si direbbe che sapesse con molto anticipo che ci sarebbe stata un’epidemia (chiamarla pandemia, come fa l’OMS, è una palese forzatura) e che sarebbe stata causata da un Coronavirus modificato in laboratorio. E i suoi recenti contatti telefonici con Giuseppe Conte attestano la sua straordinaria simpatia verso l’Italia, alla quale si propone di vendere i suoi vaccini a prezzo di favore, essendo cosa nota che è un perfetto gentiluomo nonché filantropo (e i 500.000 bambini indiani resi paralitici dai suoi vaccini vanno considerati solo uno spiacevole incidente).

mercoledì 13 maggio 2020

LA CONVERSIONE


La conversione

Premessa

La distanza tra Dio e l'uomo Israele la impara quando Dio parla al popolo dal monte Sinai. Due sono le richieste da parte di Dio: da un lato il popolo deve purificarsi lavando le proprie vesti; dall'altro non deve superare, pena la morte, il limite tracciato attorno al monte (Es. 19:10-12).

Esodo 19:10 Il Signore disse a Mosè: «Và dal popolo e purificalo oggi e domani: lavino le loro vesti
Esodo 19:11 e si tengano pronti per il terzo giorno, perché nel terzo giorno il Signore scenderà sul monte Sinai alla vista di tutto il popolo.
Esodo 19:12 Fisserai per il popolo un limite tutto attorno, dicendo: Guardatevi dal salire sul monte e dal toccare le falde. Chiunque toccherà il monte sarà messo a morte.

È il segno della santità di Dio, invalicabile e distruttivo per l'uomo e indica tutta la distanza che lo separa da Dio. Una santità che definisce Dio come altro dall'uomo (Num. 23:19; Os. 11:9):

Numeri 23:19 Dio non è un uomo … non è un figlio dell'uomo…
Osea 11:9 …sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te

La santità di Dio non è nemica del popolo, anzi gli dà dignità e identità, costituendolo sua proprietà, nazione santa e regno di sacerdoti in mezzo alle genti (Es. 19:5,6), associandolo alla sua stessa santità e dandogli un comando di santità: “Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo” (Lev. 19:2; cfr. Lev. 11:45; 20:26). Sono parole che tracciano un cammino di conversione costante che Israele è chiamato a percorrere e che trova la sua figura e metafora nella liberazione dalla schiavitù egiziana.

La nostra riflessione sul tema della conversione percorre un duplice cammino: a) La liberazione dalla schiavitù dell'Egitto quale cammino di evoluzione spirituale; b) la parabola del figlio prodigo (Luca 15:11-32), una storia di peccato e di riscatto.

La liberazione dalla schiavitù d'Egitto

Gli eventi della liberazione dalla schiavitù dell'Egitto, l’esperienza nel deserto, la nascita come popolo ai piedi del monte Sinai, il Patto e il dono della Torah, sono vissuti da Israele come fondanti la sua identità. A questa esperienza si richiameranno i profeti ogni volta che il popolo si allontanerà da Dio. Israele passa dal non essere all'essere, come fosse una vera e propria nascita (Deut. 32:6; Is. 43:1)

Deuteronomio 32:6 Così ripaghi il Signore, o popolo stolto e insipiente? Non è lui il padre che ti ha creato, che ti ha fatto e ti ha costituito?
Isaia 43:1 Ora così dice il Signore che ti ha creato, o Giacobbe, che ti ha plasmato, o Israele: «Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni.

Tutto nasce da una chiamata a rendere culto a Dio nel deserto, per rispondere alla quale era necessario partire, lasciare lo status quo e intraprendere un cammino di tre giorni nel deserto (Es. 5:1-4).

Esodo 5:1 Dopo, Mosè e Aronne vennero dal Faraone e gli annunziarono: «Dice il Signore, il Dio d'Israele: Lascia partire il mio popolo perché mi celebri una festa nel deserto!».
Esodo 5:2 Il faraone rispose: «Chi è il Signore, perché io debba ascoltare la sua voce per lasciar partire Israele? Non conosco il Signore e neppure lascerò partire Israele!».
Esodo 5:3 Ripresero: «Il Dio degli Ebrei si è presentato a noi. Ci sia dunque concesso di partire per un viaggio di tre giorni nel deserto e celebrare un sacrificio al Signore, nostro Dio, perché non ci colpisca di peste o di spada!».
Esodo 5:4 Il re di Egitto disse loro: «Perché, Mosè e Aronne, distogliete il popolo dai suoi lavori? Tornate ai vostri lavori!».

Un tre che indica il compiersi di un ciclo necessario per arrivare a rendere culto a Dio. Il tre infatti scandisce il tempo in un inizio, un centro e una fine: l'inizio è lo stato di schiavitù; il centro è l'esperienza del deserto; la fine è l'entrata nella Terra Promessa.

Tra lo stato di schiavitù e quello della libertà vi è il deserto, un luogo di solitudine, di silenzio, di tentazione, di lotta e di sofferenza; un luogo di purificazione, dove la vita è messa quotidianamente in discussione e dove Israele capirà come tutto dipende da Dio e non da se stesso. Ma a questo nuovo inizio, che ha la sua origine nella chiamata a rendere il culto e a mettersi al servizio di Dio, si oppongono le forze ostili di chi non conosce Dio: “Chi è il Signore, perché io debba ascoltare la sua voce per lasciar partire Israele? Non conosco il Signore e neppure lascerò partire Israele!” (Es. 5:2).

Sono forze che vogliono far rimanere nello status quo colui che Dio ha chiamato, soffocando l'inizio di una nuova vita: “Perché, Mosè e Aronne, distogliete il popolo dai suoi lavori? Tornate ai vostri lavori!” (Es. 5:4). Non c'è tempo per fare cose nuove. I ritmi del vivere quotidiano tolgono ogni speranza di cambiamento e di crescita spirituale, trascinando la nostra vita in uno stato di inconsapevole schiavitù, impostaci dalla quotidianità. Non c'è tempo per Dio. Non è semplice iniziare un cammino di liberazione. Infatti, c’è stata una dura lotta tra Dio e il faraone, prima che Israele potesse essere riscattato e iniziare una nuova vita.

Sarà il passaggio del mar Rosso, che segna il confine tra il passato e il futuro, tra la schiavitù e la liberazione, tra una vita degradante e quella rigenerata e a dare inizio al nuovo rapporto tra Dio e il popolo. Da questo momento in poi tutte le cose cambiano e Israele dovrà imparare a dialogare con il suo Liberatore; non avrà più a che fare con l'aguzzino egiziano, ma con Dio, che accompagnerà il suo popolo ai piedi del Sinai dove gli darà una nuova dignità e identità fino ad allora sconosciute ad Israele: “Ora, se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa. Queste parole dirai agli Israeliti” (Es. 19:5,6).

Avviene una nuova creazione: quello che prima era non-popolo ora è popolo, proprietà di Dio e non più del faraone. Ma tutto ciò è condizionato all'ascolto della Parola, nella libera scelta di Israele: “se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza”. È dunque la Parola accolta che genera la nuova identità di Israele e che crea il cambiamento di quello che prima era un non-popolo. Non è dunque il popolo che si è dato una dignità, ma Dio ha operato in lui il cambiamento per mezzo della sua Parola.

Ma questo non è ancora sufficiente, si rende necessario anche il “custodire l'alleanza” inaugurata dalla Parola, cioè perseverare in essa, dando spazio a Dio nella propria vita, facendo della volontà di Dio la propria forma mentis, che consente di vedere le cose dalla prospettiva di Dio ed operare in conformità alle logiche di Dio.

Ma Dio non si limita a condurre il suo popolo fuori dall'Egitto e a dargli un'identità, consacrandolo a se stesso come sua proprietà, ma, sotto forma di nube prima e di Tenda del convegno poi, Egli cammina con e in mezzo al suo popolo: “Stabilirò la mia dimora in mezzo a voi e io non vi respingerò. Camminerò in mezzo a voi, sarò vostro Dio e voi sarete il mio popolo” (Lev. 26:11,12).
Il Signore, dunque, è un Dio che vuole entrare in comunione con il suo popolo e ne condivide la vita. Ed è proprio questa comunione divina, che si fonda sull'ascolto e sulla custodia della Parola, che salvaguarda l'identità d'Israele, garantendogli un'esistenza veramente libera. E sono proprio loro, i Giudei, che alla provocazione di Gesù sulla sua capacità di liberare, risponderanno “Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire: Diventerete liberi?”(Giov. 8:31,32). È l'orgoglio di un popolo che sa, al di là degli eventi storici, che il suo essere libero dipende dal suo essere e rimanere in Dio, fedele al Patto.

La parabola del figlio prodigo (Luca 15:11-32)

Dividiamo il racconto in quattro quadri narrativi:

a.       vv. 11-13: il figlio più giovane pretende dal padre la sua parte di beni e, ricevutili, se ne va in una regione lontana e là dissipa la sua sostanza vivendo in modo dissoluto;
b.      vv. 14-16: dopo aver dilapidato le sue sostanze, ci fu una grande carestia, che lo gettò nella povertà; per sopravvivere, si unì ad un cittadino di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci e preso dalla fame desiderava mangiare le carrube dei porci, ma nessuno gliene dava;
c.       vv. 17-19: toccato il fondo, il giovane rientra in se stesso e, considerata la sua situazione disastrosa, progetta di ritornare alla casa paterna;
d.      vv. 20-24: e levatosi, ritorna dal padre, che, vistolo da lontanogli corre incontro, gli si getta al collo e lo copre di baci. Il figlio incomincia a recitare il discorso che si era preparato, ma il padre neppure lo ascolta e dà ordine ai servi di rivestire il figlio delle vesti migliori, di mettergli un anello al dito e dei sandali ai piedi e, quindi, di far grande festa.

Il primo quadro (vv. 11-13) presenta un figlio che si appropria delle sostanze del padre, benché gli spettassero di diritto in quanto erede; ma egli le pretende prima del tempo, e se ne va in una regione lontana, dove dissipa i suoi beni vivendo in modo dissoluto. Ecco che cos'è il peccato nella sua essenza: non è semplicemente la violazione di qualche comandamento – che rientra nelle logiche della fragilità umana segnata dalla colpa originale - ma è l'andare in una regione lontana dal Padre, cioè l'allontanarsi da Dio e spendere la propria vita lontana da Lui.

Questo allontanamento porta a dissipare il bene della propria vita. Significativo in tal senso è il verbo greco hamartánein, che si traduce con peccare, ma che in realtà dice molto di più: esso significa letteralmente “deviare, non cogliere, fallire, perdere, essere privato, sbagliare strada, allontanarsi dalla verità e da ciò che è giusto”. Non è più una qualche azione sbagliata, ma un orientamento esistenziale sbagliato e tale che rende inique e cattive anche le cose oggettivamente buone, poiché il loro compiersi non è più rivolto verso Dio. È il Male che intacca e rende vana ogni cosa buona. Ecco perché il giovane vive in modo dissoluto, perché ha perso il senso delle cose e della vita. Non è più Dio il suo referente, ma se stesso e il proprio autosoddisfacimento.

Il secondo quadro (vv. 14-16) presenta gli effetti del peccato: la propria vita viene dilapidata e dispersa nella futilità del vivere, che, a giochi finiti, non paga, ma porta l'uomo in una condizione di grave carestia, che è avvenuta proprio in quella regione lontana da Dio; carestia che significa privazione dei beni essenziali per il vivere, ponendo quindi l'uomo in una condizione di pericolo di morte. Questo stato di cose crea un profondo senso di smarrimento e di disagio esistenziali, che spingono il giovane a cercare la soluzione in altri uomini, che come lui abitano in quella regione lontana da Dio, e la soluzione che essi offrono lo porta a una situazione di degrado insostenibile e senza vie di uscita: accudire i porci, desiderando di nutrirsi del loro cibo.

Il terzo quadro (vv. 17-19) presenta il giovane che rientra in se stesso e qui trova la risposta al suo problema; nel rapporto con se stesso, con la propria coscienza, dove lo attende la Voce della Verità. È qui dunque, nell'intimità del proprio cuore, dove c’è la scintilla divina, che l'uomo trova il momento del suo riscatto. Rientrando in se stesso dunque, nel silenzio della propria coscienza, l'uomo incontra Dio. È qui che scatta la spinta; è qui che l'uomo ritrova il significato della propria vita che lo porta a rialzarsi.

Il quarto quadro (vv. 20-24) presenta gli effetti di questo ripensamento interiore: “levatosi andò da suo padre”. Quel levarsi parla di una forza interiore ritrovata che spinge il giovane in un cammino di ritorno al Padre. È la conversione: il riorientare la propria vita verso il Padre, dove il giovane ritroverà la sua dignità perduta. La conversione è il cammino esatto contrario a quello del peccato. E il Padre lo stava aspettando e gli corre incontro abbracciandolo, accogliendolo nuovamente nella casa che aveva abbandonato e ricostituendolo nella sua originaria dignità di figlio.

Il figlio comincia a sciorinare la sua richiesta di perdono, che si era preparato meticolosamente; ma il Padre neppure lo ascolta, perché il ritorno del figlio vale ben più di qualsiasi discorso; del resto, già da quell'attesa paziente e vigile del Padre è evidente il perdono già concesso al figlio.

Questo è il comportamento di Dio, che rispetta le nostre decisioni e le nostre scelte, giuste o sbagliate che siano. Lui vive in un'amorevole attesa del nostro ritorno. Tutto ci è già stato perdonato in Cristo (Rom. 8:1); non c'è bisogno di altro perdono, se non della nostra risposta a questo perdono di Dio. È la storia della salvezza, e chi non viene salvato è per causa sua, non certo di Dio. Quello che Dio doveva fare lo ha fatto: ha inviato suo Figlio e ci ha lasciato la sua Parola e continua ad illuminarci nell'intimità della nostra coscienza. Ora il gioco è nelle nostre mani e la parola chiave vincente si chiama “conversione”, che non è soltanto un atto occasionale, ma sistematico.

Conversione come scelta di vita; conversione come stile del proprio vivere; conversione che è ricerca di comunione con Dio, conversione che è risposta alla Parola di Dio, che ci interpella:

Marco 1:15 «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo».

domenica 3 maggio 2020

LA BUFALA DEL "SOLA SCRIPTURA"

LA BUFALA DEL “SOLA SCRIPTURA”


Il concetto di Sola Scriptura è stato inventato da Lutero & C. allo scopo di scalzare la Chiesa cattolica che vantava l’autorità ecclesiastica dell’interpretazione delle Sacre Scritture. È stata un’abile mossa quella di dare autorità solo al testo biblico e non più anche alla Chiesa e alla Tradizione, come se non fosse vero che la Bibbia sia nata proprio dalla Tradizione.

La Riforma afferma di voler rifarsi alla Sola Scriptura, ma, in realtà, ha creato un paradigma teologico che esclude tutto ciò che contrasta la sua nuova prospettiva.

Gesù disse ai suoi discepoli:

Giovanni 16:12 Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Giovanni 16:13 Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future.

Qui, ha la sua radice la prospettiva cattolica, secondo la quale due sono le fonti della fede. La Bibbia scritta, certo, ma anche la Tradizione, che altro non è se non quell’approfondimento delle parole di Gesù, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo annunciato da Cristo.

Nei Vangeli c’è la verità ma questa non è solo quella che appare a prima vista. Il testo biblico non esaurisce il suo significato a una lettura per quanto attenta, ma nasconde ricchezze di cui gli apostoli, quando il Maestro era ancora tra loro, “non erano capaci di portarne il peso”. Così che, dopo tanti secoli, dopo tanto approfondimento consegnato alla Tradizione, noi possediamo della Rivelazione una visione più completa e profonda di quella concessa ai discepoli. Molte cose, nella Scrittura, non sono che dei semi, destinati a crescere.

In ordine cronologico prima è nata la Chiesa, poi la Tradizione predicata oralmente dagli apostoli e dai discepoli più fedeli, come Stefano martire ad esempio, e poi il Nuovo Testamento.

Lutero ben sapendo che le sue teorie non potevano vantare radici storiche, risalenti ai primi cristiani, scalzò di colpo la discendenza apostolica dando autorità solo alla Bibbia. In questo modo ovviamente ognuno poteva far dire alla Bibbia quello che più gli piaceva, bastava un po’ di cultura anche eretica, per apparire credibili verso la gente di quel tempo, in larga parte ignorante e analfabeta.

Le bugie di Lutero hanno fatto comodo a molti altri, a partire da Calvino e Zwingli. Tuttavia proprio questi padri del protestantesimo, sostenitori della Sola Scriptura, erano in disaccordo tra loro su alcuni punti fondamentali, come la presenza reale nella Cena del Signore, la predestinazione, il battesimo dei bambini, ecc.. Se tre contemporanei, come Lutero, Calvino e Zwingli, avendo tagliato i ponti con la Chiesa cattolica e con la Tradizione cristiana, si trovano da subito in disaccordo, è facile comprendere come in seguito il protestantesimo si sia frammentato in una miriade di dottrine reciprocamente contrastanti.

Oggi del calvinismo, come del luteranesimo, rimangono le rovine, ben visibili ad esempio in Olanda, paese in cui la dottrina di Calvino penetrò grazie alla casa degli Orange: non è un caso che il moralismo puritano di allora abbia lasciato spazio, oggi, a chiese vuote, a leggi ultra-permissive sull’aborto, a matrimoni omosessuali, al partito pedofilo legalizzato, all’eutanasia, anche sui bambini, al divorzio flash, ai coffe-shop dove si consuma legalmente droga, ad un altissimo tasso di suicidi, ecc..

Ecco a che cosa ha portato, nel lungo termine, il libero esame della Bibbia, ognuno si crea un Cristo  personalizzato, legalizzando aborti, ecc.. È il libero esame che ha fatto del movimento protestante un “mostro a cento teste”, favorendone la continua frammentazione in sette e conventicole tra loro contrapposte.

La Chiesa Cattolica pone la Scrittura al primo posto per ogni decisione in materia di fede, e per poterla rettamente interpretare si serve di tutto “il DEPOSITO” ereditato attraverso i secoli, che comprende le interpretazioni che hanno dato i cristiani dei tempi apostolici e successivi, di cui si hanno documentazione, i quali hanno ereditato dagli apostoli la pratica e il modo corretto di intendere i concetti del Nuovo Testamento, sotto la guida infallibile dello Spirito Santo, per applicarli alle situazioni nuove non previste dalla Bibbia, ricordando le parole di Gesù di Giov. 16:12 “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso”. La Chiesa rivendica perciò, sulla base della stessa Bibbia, il diritto-dovere di spiegarla, secondo quanto gli addita lo Spirito Santo.

E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui” (Luca 24:27). Attenzione, Gesù non lesse le Scritture, non consigliò di leggerle e interpretarle alla lettera, ma le spiegò.
  
In Atti 20:35 apprendiamo da Paolo che Gesù disse: “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!” questa frase nei Vangeli non esiste, è chiaro quindi che Paolo l’abbia appresa dalla Tradizione.

In 2Tim. 3:8 “Sull’esempio di Iannes e di Iambres che si opposero a Mosè, anche costoro si oppongono alla verità: uomini dalla mente corrotta e riprovati in materia di fede”.

Anche qui se cerchiamo in tutta la Bibbia i nomi di questi due maghi del faraone, non li troviamo. Evidentemente Paolo li ha appresi sempre dalla Tradizione.

Il criterio in base al quale sono stati accolti nel canone biblico determinati libri anziché altri è stato fondamentalmente quello della tradizione, attraverso la quale è stato possibile individuare gli elementi che avevano fatto ritenere sacri certi libri anziché altri.

Eppure, nonostante queste premesse, le confessioni cristiane non cattoliche ritengono di poter decifrare la Bibbia scartando sia il soggetto che ne ha effettuato il riconoscimento, sia il mezzo attraverso cui tale riconoscimento è stato fatto.

Facendo questo, ognuno si ritiene autorizzato a interpretare la Bibbia secondo il proprio modo di vedere, stabilendo così il principio della divisione e non dell’unità a cui la Bibbia indirizza.

Analizziamo quali sono i motivi di questa posizione che afferma come sufficiente la “Sola Scriptura”. Si dice che è lo stesso Nuovo Testamento a rivendicare per sé tale autorità, e vengono addotti alcuni passi:

Atti 20:27 perché non mi sono sottratto al compito di annunziarvi tutta la volontà di Dio.

Giuda 3 …la fede, che fu trasmessa ai credenti una volta per tutte.

Atti 1:1 Nel mio primo libro ho già trattato, o Teòfilo, di tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio

I brani sopra citati non menzionano quali sono i libri da ritenere sacri e ispirati, e che compongano il “tutto” a cui accennano. Infatti alla definizione di tutti i libri del N.T. si è arrivati  all’inizio del V sec. dopo molte  riflessioni e considerazioni circa l’ammissibilità al canone di alcuni libri, tra cui Ebrei, Apocalisse, Giuda, Giacomo, 2 Pietro, 2 e 3 lettera di Giovanni. Sorge legittima la domanda: Chi ha garantito la completezza del messaggio divino fino a quel momento? Ovviamente l’insegnamento orale nell’ambito della Chiesa!

Paolo in Atti 20:27 non parla di scritti ma di annuncio orale. Atti 1:1 ovviamente non ha la pretesa di raccontare “tutto” in senso assoluto; altrimenti escluderebbe quello che hanno raccontato gli altri scrittori sacri, e contraddirebbe Giov. 21:25 che afferma: “Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere”.

I sostenitori della “Sola Scriptura” adducono inoltre i seguenti brani:

2Timoteo 3:16 Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.

1Corinzi 4:6 Queste cose, fratelli, le ho applicate a modo di esempio a me e ad Apollo per vostro profitto perché impariate nelle nostre persone a stare a ciò che è scritto….

Apocalisse 22:18 Dichiaro a chiunque ascolta le parole profetiche di questo libro: a chi vi aggiungerà qualche cosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro;

Paolo, si riferisce alle Scritture ebraiche del Vecchio Testamento, e non a quelle del N.T. che al momento in cui egli scriveva non avevano ricevuto ancora riconoscimento d’ispirazione, e in ogni caso parla di “tutta la Scrittura” non di “Sola Scriptura”. Infatti sono essenziali anche la preghiera, l’evangelizzazione e molte altre cose.

Il brano di Apoc. 22:18 si riferisce unicamente al libro dell’Apocalisse.

Precisiamo che la Chiesa cattolica ha sempre escluso che si possano aggiungere o togliere parti alla Scrittura. I tentativi di togliere, aggiungere o mettere in dubbio sono stati molti nel corso della storia, e dobbiamo dare atto alla Chiesa di Roma che ha difeso, custodito e mantenuto la Scrittura in quella forma con cui è stata trasmessa attraverso i secoli e quale oggi noi la possediamo.

Ma vediamo ora un altro aspetto della questione: vi sono diversi brani biblici che attestano la necessità di far riferimento all’insegnamento delle persone autorizzate per la corretta comprensione del messaggio divino.

1Timoteo 3:15 ma se dovessi tardare, voglio che tu sappia come comportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità.

2Pietro 1:20 Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione,

2Tessalonicesi 2:15 Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete apprese così dalla nostra parola come dalla nostra lettera.

1Tessalonicesi 2:13 …avendo ricevuto da noi la parola divina della predicazione, l'avete accolta non quale parola di uomini, ma, come è veramente, quale parola di Dio, che opera in voi che credete.

2Timoteo 2:2 e le cose che hai udito da me in presenza di molti testimoni, trasmettile a persone fidate, le quali siano in grado di ammaestrare a loro volta anche altri.

2Timoteo 3:14 Tu però rimani saldo in quello che hai imparato e di cui sei convinto, sapendo da chi l'hai appreso

Romani 16:17 Mi raccomando poi, fratelli, di ben guardarvi da coloro che provocano divisioni e ostacoli contro la dottrina che avete appreso: tenetevi lontani da loro.

A conferma di questo possiamo trovare nella Scrittura alcuni passi in cui talune decisioni vengono rinviate a interventi orali di cui non si hanno notizia scritta; vediamole:

1Corinzi 11:34 E se qualcuno ha fame, mangi a casa, perché non vi raduniate a vostra condanna. Quanto alle altre cose, le sistemerò alla mia venuta.

3Giovanni 13 Molte cose avrei da scriverti, ma non voglio farlo con inchiostro e penna.

Nel seguente passo Paolo fa riferimento a una lettera inviata ai Laodicesi di cui il testo scritto non ci è pervenuto: 

Colossesi 4:16 E quando questa lettera sarà stata letta da voi, fate che venga letta anche nella Chiesa dei Laodicesi e anche voi leggete quella inviata ai Laodicesi.

Ovviamente la Sacra Scrittura, così come ci è stata trasmessa, rappresenta un grande dono di Dio all’umanità che deve necessariamente essere considerata il riferimento obbligatorio per ogni dottrina. Al tempo stesso però non deve essere un modo per togliere a Dio la possibilità di parlare al suo popolo facendo capire a tempo debito la verità. Gesù stesso affermò in Giov. 14:26 “Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”.

Questa esplicitazione compete agli apostoli o alle persone da essi autorizzate, le quali possono garantire un sicuro carisma di assistenza dello Spirito Santo.

Atti 15:22 Allora gli apostoli, gli anziani e tutta la Chiesa decisero di eleggere alcuni di loro e di inviarli ad Antiochia insieme a Paolo e Barnaba: Giuda chiamato Barsabba e Sila, uomini tenuti in grande considerazione tra i fratelli.
Atti 15:23 E consegnarono loro la seguente lettera: «Gli apostoli e gli anziani ai fratelli di Antiochia, di Siria e di Cilicia che provengono dai pagani, salute!
Atti 15:24 Abbiamo saputo che alcuni da parte nostra, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con i loro discorsi sconvolgendo i vostri animi.
Atti 15:25 Abbiamo perciò deciso tutti d'accordo di eleggere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Barnaba e Paolo,

Si noti che le persone accusate di aver turbato gli animi sono definite “alcuni da parte nostra”; quindi sono dei credenti, appartenenti alla cerchia dei primi cristiani: però hanno interpretato le cose senza consultarsi con le persone preposte per definire le questioni. In altre parole non erano stati autorizzati.

Ricordiamo anche che quando fossero sorte contese tra credenti il termine finale di ogni contenzioso sarebbe stato la decisione della chiesa riunita (Mat. 18:15-18).

Ogni volta che sono sorte delle questioni dottrinali, e ne sono sorte molte, la chiesa riunita in Concilio ha dato delle definizioni, chiare e vincolanti per tutti, consapevole che le decisioni sono ispirate dallo Spirito Santo. Questo è l’unico parametro per i credenti di tutti i luoghi e di tutti i tempi, additato dalla Scrittura, se vogliamo ritrovare l’unità che rende credibile Cristo nel mondo.

PROBLEMI CON LA DOTTRINA DELLA SOLA SCRIPTURA

È UNA DOTTRINA BASATA SU DEI FALSI PRESUPPOSTI. Un presupposto è qualcosa che diamo per scontato fin dall'inizio, anche in modo inconsapevole. Fintanto che un presupposto è valido, tutto va bene; ma un falso presupposto conduce a false conclusioni. 

I protestanti che hanno voglia di valutare onestamente lo stato attuale del mondo protestante, devono chiedersi perché, se il protestantesimo e il suo insegnamento della Sola Scriptura vengono da Dio, ha dato per risultato migliaia di gruppi diversi che non riescono a essere d'accordo sugli aspetti basilari di quanto la Bibbia dice, o persino su che cosa mai significhi essere cristiano? Perché (se la Bibbia è sufficiente) un battista, un testimone di Geova, un pentecostale e un avventista possono tutti sostenere di credere a quello che la Bibbia dice, eppure non riuscire a essere d'accordo su cosa sia quello che la Bibbia dice?

Sfortunatamente, la maggior parte dei protestanti è disposta a dare la colpa di questo triste stato di cose a qualunque causa, tranne al problema di fondo. L'idea della Sola Scriptura è così fondamentale per il protestantesimo, che per esso metterla in discussione è pari a negare Dio, ma come disse il nostro Signore, "ogni albero buono produce frutti buoni; ma l'albero cattivo produce frutti cattivi" (Mat. 7:17). Se giudichiamo la Sola Scriptura dal suo frutto, non ci resta altra conclusione che questo albero deve essere "tagliato, e gettato nel fuoco" (Mat. 7:19).

FALSO PRESUPPOSTO # 1:

La Bibbia doveva essere l'ultima parola sulla fede.

a) Un falso presupposto della dottrina della Sola Scriptura è che la Bibbia abbia in sé tutto quanto è necessario per la pratica, il culto e la vita del cristiano.

Il passo scritturale più usualmente citato per sostenere questa idea è:

2Timoteo 3:15 e che fin dall'infanzia conosci le sacre Scritture: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Gesù.
2Timoteo 3:16 Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.

Coloro che vogliono usare questo passo per suffragare la Sola Scriptura argomentano che, se le Sacre Scritture sono in grado di rendere perfetto l'uomo di Dio, allora non c'è bisogno della tradizione.

Possiamo essere sicuri che Paolo non si riferisca al Nuovo Testamento, poiché il Nuovo Testamento non era ancora stato scritto quando Timoteo era un bambino. Ovviamente qui Paolo sta parlando dell'Antico Testamento; così, se il passo deve essere usato per fissare i limiti di ciò che è ispirato, non ne verrebbe esclusa solo la Tradizione, ma l'intero Nuovo Testamento.

In secondo luogo, se Paolo intendeva escludere la tradizione, allora dovremmo chiederci perché usa la tradizione in questo stesso capitolo. I nomi Iannes e Iambres non si trovano nell'Antico Testamento, eppure in 2Tim. 3:8 Paolo riferisce che si opposero a Mosè. Paolo sta traendo dalla tradizione orale i nomi di due maghi egiziani del racconto dell'Esodo. E questa non è l'unica volta in cui una fonte non-biblica è usata nel Nuovo Testamento (Giuda 1:14,15 cita Enoch 1:9 Profetò anche per loro Enoch, settimo dopo Adamo, dicendo).

b) Qual era il proposito degli scritti del Nuovo Testamento?

Nell’Antico Testamento il culto del popolo di Israele è descritto in maniera dettagliata (anche se non del tutto esaustiva), mentre nel Nuovo Testamento vi sono solo pochi cenni al culto dei primi cristiani. Perché? Certamente non perché mancassero di regole.

I cristiani nel Nuovo Testamento avevano un culto liturgico analogo a quello dei loro antenati: osservavano le ore di preghiera (Atti 3:1); partecipavano al culto del tempio (Atti 2:46: 3:1; 21:26); e nelle sinagoghe (Atti 18:4).

Dobbiamo anche notare che il Nuovo Testamento non ha come scopo primario l’istruzione dottrinale completa, e non vi si trova una teologia sistematica. Se tutto ciò di cui abbiamo bisogno come cristiani è la Bibbia da sola, perché non vi si trova qualche dichiarazione dottrinale completa? Immaginate quanto facilmente tutte le varie controversie si sarebbero risolte se la Bibbia avesse dato una risposta chiara alle domande dottrinali. Ma queste cose non si trovano tra i libri della Bibbia.

Che nessuno fraintenda il ragionamento che stiamo facendo: niente di quanto diciamo è inteso a minimizzare l’importanza delle Sacre Scritture! Il fatto è che la Bibbia non contiene in sé un insegnamento su ogni cosa. Inoltre, la Chiesa che ci ha tramandato le Sacre Scritture e le ha conservate, è la stessa Chiesa dalla quale abbiamo ricevuto i nostri modelli di culto. Se mettiamo in discussione questa fedeltà della Chiesa nel conservare il culto apostolico, allora dobbiamo mettere anche in discussione la sua fedeltà nel conservare le Scritture.

c) La Bibbia, è davvero "sufficiente a tutto" per i protestanti?

I protestanti sostengono di credere "soltanto alla Bibbia", ma quando uno esamina il loro uso della Bibbia sorgono un certo numero di domande. Per esempio, perché i protestanti scrivono tanti libri di dottrina e di vita cristiana, se in verità tutto ciò che è necessario è la Bibbia? Se la Bibbia è sufficiente da sola, allora perché i protestanti non si limitano a distribuire Bibbie?

E se è "sufficiente a tutto", perché non produce risultati coerenti, vale a dire, perché i protestanti non credono tutti le stesse cose? Perché distribuiscono trattati e altro materiale? Perché, in fin dei conti, insegnano o predicano, e non si limitano a leggere la Bibbia alla gente? La risposta è questa: anche se non sono disposti ad ammetterlo, i protestanti sanno istintivamente che la Bibbia non può essere compresa da sola. E di fatto ogni denominazione protestante ha il suo corpo di tradizioni, anche se non viene chiamato così.

Non è un caso che tutti i testimoni di Geova credono le stesse cose, e che le ADI credono le stesse cose, ma i testimoni di Geova non credono le stesse cose delle ADI. Né i testimoni di Geova né le ADI giungono individualmente alle loro conclusioni partendo da uno studio indipendente della Bibbia; piuttosto, a tutti i membri di ciascun gruppo viene insegnato a credere in un certo modo, partendo da una tradizione comune.

Così la questione non è realmente se crediamo solo alla Bibbia o se usiamo anche la tradizione. La vera questione è: quale tradizione usiamo per interpretare la Bibbia? A quale tradizione possiamo dare fiducia: alla tradizione apostolica della Chiesa Cattolica, o alle tradizioni confuse, e moderne, del protestantesimo, che non hanno radici al di là dell’avvento della riforma protestante?

FALSO PRESUPPOSTO # 2:

Tra gli evangelici troverete che la parola "tradizione" è un termine negativo, ed etichettare qualcosa come una "tradizione" è equivalente a dire che "non è biblico". Secondo il modo in cui i protestanti leggono il Nuovo Testamento, per loro la Bibbia condanna decisamente la tradizione come qualcosa di opposto alla Scrittura. La loro tipica immagine dei primi cristiani è che essi erano molto simili agli evangelici di oggi! Il fatto che i cristiani del primo secolo avessero un culto liturgico, o che aderissero a qualche tradizione, è inconcepibile: solo più tardi, "quando la Chiesa divenne corrotta", essi pensano che tali cose siano entrate nella Chiesa.

È un brutto colpo per tali protestanti mettersi a studiare la Chiesa primitiva e gli scritti dei primi Padri, e iniziare a vedere un quadro nettamente diverso da quello che si è sempre stati portati a considerare. Si troverebbe, per esempio, che i primi cristiani non portavano con sé le proprie Bibbie ogni domenica per uno studio biblico. Invece, le copie delle Scritture erano custodite da persone preposte della Chiesa, o tenute nel luogo in cui la Chiesa si riuniva per il culto. 

Ciò non significa che i primi cristiani non studiassero le Scritture: lo facevano con zelo, ma come gruppo, non individualmente. E per buona parte del primo secolo, i cristiani avevano solo la Tradizione orale tramandata dagli Apostoli.

Questa dipendenza dalla tradizione è evidente negli scritti stessi del Nuovo Testamento. Per esempio, San Paolo esorta i tessalonicesi: Perciò, fratelli, state saldi e ritenete le tradizioni che avete imparato tramite la parola [cioè, la tradizione orale] o la nostra epistola (2Tess. 2:15).

La parola qui tradotta con "tradizione" è la parola greca paradoseis: anche se viene tradotta in modo differente in certe versioni protestanti, è la stessa parola che gli ortodossi greci usano quando parlano della Tradizione. La parola significa letteralmente "ciò che è trasmesso". È la stessa parola usata quando ci si riferisce in negativo ai falsi insegnamenti dei farisei (Mar. 7:3,5,8), e anche quando ci si riferisce all’insegnamento cristiano autorevole (vedi anche 1Cor. 11:2):

Vi lodo poi perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse.

E dunque, che cos'è che rende falsa la tradizione dei farisei, e vera quella della Chiesa? La fonte! Cristo disse chiaramente qual era la fonte delle tradizioni dei farisei quando parlò di "tradizione degli uomini" (Mar. 7:8) e condannò la tradizione corrotta. San Paolo, d'altra parte, riferendosi alla Tradizione cristiana dichiara, "vi lodo, fratelli, perché vi ricordate di tutte le cose che provengono da me, e perché ritenete le tradizioni [paradoseis] come ve le ho trasmesse [paredōka]" (1Cor. 11:2). Ma dove ricevette queste tradizioni? "Ho ricevuto dal Signore ciò che vi ho anche trasmesso [paredōka]" (1Cor. 11:23).

È a questo che si riferisce la Chiesa quando parla della Tradizione Apostolica: "la fede che è stata trasmessa [paradotheisē] una volta per sempre ai santi" (Giuda 3). La sua fonte è Cristo, e fu consegnata personalmente da lui agli Apostoli, cosa che se fosse scritta tutta, "non basterebbe il mondo intero a contenere tutti i libri che si potrebbero scrivere" (Giov. 21:25). Gli apostoli consegnarono questa conoscenza alla Chiesa, e la Chiesa, essendo la custode di questo tesoro, divenne così "colonna e sostegno della verità" (1Tim. 3:15).

La testimonianza del Nuovo Testamento è chiara su questo punto: i primi cristiani avevano tradizioni sia orali che scritte, che avevano ricevuto da Cristo attraverso gli apostoli. Per tradizione scritta essi avevano all'inizio solo dei frammenti: una chiesa locale aveva un’epistola, un’altra un vangelo. Gradualmente questi scritti furono messi assieme in raccolte, e alla fine divennero il Nuovo Testamento. E com’è che questi primi cristiani sapevano quali libri erano autentici e quali non lo erano - dato che c’erano numerose epistole e vangeli spurii che gli eretici sostenevano essere stati scritti dagli apostoli? Fu la Tradizione apostolica orale che aiutò la Chiesa a compiere questa scelta.

Ma noi come possiamo sapere che la Chiesa ha conservato la Tradizione apostolica nella sua purezza? La risposta è che Dio ha conservato la Tradizione nella Chiesa perché aveva promesso di farlo. Cristo disse che avrebbe edificato la sua Chiesa e che le porte degli inferi non avrebbero prevalso su di essa (Mat. 16:18). Cristo stesso è il capo della Chiesa (Efes. 4:16), e la Chiesa è il suo Corpo (Efes. 1:22,23). Se la Chiesa avesse perso la Tradizione Apostolica, allora la Verità avrebbe dovuto cessare di essere la Verità.

La concezione comune che hanno i protestanti della storia della Chiesa, e cioè che la Chiesa sia caduta nell’apostasia dal tempo di Costantino fino alla Riforma, certamente rende privi di significato questi e molti altri passi delle Scritture. Se la Chiesa ha cessato di essere, anche per un solo giorno, allora le porte degli inferi hanno prevalso in quel giorno su di essa. E se così fosse, quando Cristo ha descritto la crescita della Chiesa nella sua parabola del seme di senapa (Mat. 13:31,32), avrebbe parlato di una pianta che dopo una crescita iniziale veniva calpestata, e di un nuovo seme germogliato al suo posto: al contrario, usò l’immagine di un seme di senapa che all’inizio è piccolo, ma cresce fino a diventare il più grande degli alberi.

Quanto a quelli che pensano vi sia stato qualche gruppo di veri credenti protestanti vissuto in qualche caverna per un migliaio di anni, dove sono le prove? Vi furono scismatici ed eretici che si staccarono dalla Chiesa nel periodo del Nuovo Testamento, e ve ne sono stati fin da allora una continua scorta, poiché come dice l’Apostolo, "è necessario che ci siano tra voi anche delle eresie, perché quelli che sono approvati siano riconosciuti tali in mezzo a voi" (1Cor. 11:19).

FALSO PRESUPPOSTO # 3:

Chiunque può interpretare da sé le Scritture senza l'aiuto della Chiesa.

Questa è essenzialmente l’opinione che persisteva quando i riformatori sostennero per la prima volta la dottrina della Sola Scriptura. La linea di ragionamento era essenzialmente che il significato della Scrittura è abbastanza chiaro perché chiunque possa capirlo semplicemente leggendola da sé; in tal modo rigettarono l’idea di aver bisogno dell’aiuto della Chiesa.

Abbiamo visto quante sette sono nate!
 
LA DOTTRINA DEL SOLA SCRIPTURA È CONTRADDITTORIA

Ci si aspetterebbe che i protestanti possano portare decine di testi-prova dalle Scritture per sostenere questa dottrina, o almeno due o tre testi solidi che insegnino chiaramente questa dottrina, dato che le stesse Scritture dicono, "Ogni parola sarà confermata dalla bocca di due o tre testimoni" (2Cor. 13:1). Eppure, come il bambino della fiaba che dovette far notare che il re non aveva vestiti addosso, non esiste in tutta la Sacra Scrittura un singolo verso che insegni la dottrina della Sola Scriptura.

Il grido di battaglia della Riforma era il Sola Scriptura: la nostra autorità è solo la Bibbia, e non il Papa, non i concili della Chiesa né la sua Tradizione. Domanda: dov'è che la Bibbia insegna che la nostra autorità è solo la Bibbia?

Ci sono innumerevoli passi nella Bibbia che parlano della sua ispirazione, della sua autorità e della sua utilità: ma non esiste un passo biblico che insegni che solo la Scrittura abbia autorità per i credenti. Così il più basilare insegnamento del Protestantesimo si autodistrugge, in quanto contrario a se stesso. Ma non solo la dottrina protestante del Sola Scriptura non è insegnata nelle Scritture: di fatto, è specificamente contraddetta dalle Scritture (che abbiamo discusso sopra), le quali insegnano che anche la Santa Tradizione è normativa per i Cristiani (2Tess. 2:15; 1Cor. 11:2).

METODI INTERPRETATIVI PROTESTANTI CHE NON FUNZIONANO

Nel corso della stessa vita di Martin Lutero erano sorti decine di gruppi in competizione, tutti che pretendevano di "credere solo alla Bibbia", ma nessuno dei quali era d’accordo su quanto la Bibbia diceva. Lutero si era presentato alla Dieta di Worms dicendo che, a meno di non essere persuaso dalla Scrittura, o dalla semplice ragione, non avrebbe ritrattato alcun suo insegnamento; tuttavia, quando in seguito gli anabattisti, che erano in disaccordo con i luterani su un certo numero di punti, i luterani li massacrarono a migliaia: tanto valeva la retorica del diritto di una persona a leggere da sé le Scritture.

Nonostante gli ovvii problemi che la rapida frammentazione del Protestantesimo presentava alla dottrina della Sola Scriptura, per non voler ammettere di aver sbagliato, i protestanti conclusero invece che il vero problema doveva essere che quelli in disaccordo con loro, in altre parole tutte le sette al di fuori della propria, dovevano leggere la Bibbia in modo non corretto. E così è stato proposto un certo numero di metodi come soluzioni a questo problema.

METODO # 1

Interpreta la Bibbia letteralmente, e il significato sarà chiaro.

Questo fu il primo metodo usato dai riformatori, anche se ben presto essi giunsero a capire che era una soluzione insufficiente ai problemi presentati dalla dottrina del Sola Scriptura. Anche se si trattò di un fallimento, questo approccio è ancora quello che si trova più comunemente tra i fondamentalisti evangelici. Ma quando si giunge a testi scritturali con cui i protestanti generalmente non sono d'accordo, come quando Cristo diede agli Apostoli il potere di perdonare i peccati (Giov. 20:23), o quando disse dell'Eucaristia "questo è il mio corpo... questo è il mio sangue" (Mat. 26:26,28), o quando Paolo insegnò che le donne dovevano coprirsi il capo in chiesa (1Cor. 11:1-16), allora tutto di un tratto questi versi non sono letterali.

METODO # 2

Lo Spirito Santo fornisce la corretta interpretazione.

Di fronte ai numerosi gruppi sorti sotto la bandiera della Riforma, che non potevano andare d’accordo nelle loro interpretazioni delle Scritture, la seconda soluzione al problema fu l’asserzione che lo Spirito Santo avrebbe guidato il pio protestante a interpretare rettamente le Scritture. Naturalmente, chiunque dissentiva da te non poteva essere guidato dallo stesso Spirito. Il risultato fu che tutti i gruppi protestanti scomunicavano quelli che differivano da loro.

Con l’accatastarsi di sempre nuove denominazioni divenne sempre più difficile per ciascuna di esse dire di essere la sola ad avere rettamente compreso le Scritture, anche se ve ne sono ancora alcune che lo fanno. È divenuto sempre più comune per ogni gruppo protestante minimizzare le differenze tra le denominazioni e concludere semplicemente che tali differenze "non contano".

METODO # 3

Lasciate che i passi chiari interpretino quelli oscuri.

Questa dev’essere sembrata la soluzione perfetta al problema di come interpretare la Bibbia da se stessa: lasciate che i passi che si comprendono facilmente "interpretino" quelli che non sono chiari. La logica di questo metodo è semplice: anche se un passo può affermare una verità in modo oscuro, sicuramente la stessa verità sarà affermata chiaramente in qualche altro punto della Scrittura. Non si dovrà far altro che usare questi "passi chiari" come chiave, e si dischiuderà il significato dei "passi oscuri". In altre parole: la Scrittura interpreta la Scrittura.

Per quanto promettente possa sembrare questo metodo, si è rivelato inutile al problema del caos e delle divisioni dei protestanti. Il punto in cui questo approccio viene a cadere è la determinazione di quali passi siano "chiari" e quali siano "oscuri". I battisti, che credono che sia impossibile che un cristiano perda la propria salvezza una volta "salvato", vedono un numero di passi che, a loro detta, insegnano piuttosto chiaramente la loro dottrina della "eterna sicurezza" (vedi Rom. 11:29; Giov. 10:27,28). Ma quando i battisti incappano in versi che sembrano insegnare che la salvezza può essere perduta (vedi Ezech. 33:12), allora usano i passi per loro "chiari" per risolvere i passi "oscuri". Altri, che ritengono che i credenti possano perdere la salvezza se voltano le spalle a Dio, non trovano in questi passi alcuna oscurità, e al contrario, vedono i summenzionati "testi-prova" dei battisti alla luce dei passi che essi ritengono "chiari". E così gli uni e gli altri si scagliano addosso a vicenda versetti della Bibbia, meravigliandosi entrambi che gli altri non riescano a "vedere" ciò che a loro sembra così "chiaro".

METODO # 4

Esegesi storico-critica

Annegando in un mare di opinioni soggettive e di divisioni, i protestanti iniziarono a cercare un qualsiasi metodo intellettuale dotato di una foglia di fico di obiettività. Con il passare del tempo e il moltiplicarsi delle divisioni, la scienza e la ragione divennero sempre più la base sulla quale i teologi protestanti speravano di trovare coerenza nelle loro interpretazioni bibliche. Questo approccio "scientifico", che si è sviluppato tra gli studiosi protestanti, per poi arrivare perfino tra gli studiosi cattolici romani dopo il Vaticano II, è chiamato "esegesi storico-critica".

Gli studiosi protestanti iniziarono ad applicare la filosofia e la metodologia delle scienze alla teologia e alla Bibbia. Dai tempi dell’illuminismo, gli studiosi protestanti hanno analizzato ogni aspetto della Bibbia: la sua storia, i suoi manoscritti, i linguaggi biblici, ecc. Come se le Sacre Scritture fossero state un sito archeologico, questi studiosi tentarono di analizzare ogni frammento e osso con i metodi migliori e più recenti che la scienza aveva da offrire.

Per essere onesti, bisogna ammettere che tale ricerca ha prodotto molte conoscenze utili. Sfortunatamente questa metodologia ha anche prodotto molti sbagli, ma è stata presentata con una tale aura di obiettività scientifica da incantare molti.

Se l’esegesi protestante fosse davvero "scientifica", così come si presenta, i suoi risultati mostrerebbero coerenza. Cosa troviamo, quando esaminiamo lo stato corrente degli studi biblici protestanti? Troviamo che sono state prodotte tutta una serie di nuove teologie, ma nessuna, per approccio e metodo, è in accordo con una delle altre.

In altre parole, potresti arrivare a qualsiasi conclusione che ti piaccia in un giorno particolare su una questione particolare, e potrai trovare un accademico che ti asseconderà. Questa non è certamente scienza nello stesso senso della matematica o della chimica! Di fatto è una pseudo-scienza, che nasconde una varietà di prospettive teologiche e filosofiche in competizione.

Gli studiosi protestanti scelgono selettivamente i "fatti" e le "prove" che si adattano al loro programma, e quindi procedono, con conclusioni essenzialmente predeterminate dai loro assunti di base, ad applicare i loro metodi alle Sacre Scritture.

Poiché le università moderne non elargiscono dottorati a coloro che si limitano a tramandare la Verità, questi studiosi cercano di sopraffarsi a vicenda ideando nuove teorie. Questa è l’essenza stessa dell’eresia: novità, arroganti opinioni personali, e auto-inganno partendo dalla falsità che la Tradizione, invece, non va presa in considerazione.

I biblisti, alla fin fine, perdono tutti la fede, perché quando pensano di ridurre la rivelazione a un testo, sbagliano, perché il testo lo scrivono gli uomini mentre il Logos viene da Dio.

IL METODO CATTOLICO ALLA VERITA'

L’errore non viene mai presentato nella sua nuda deformità, per non essere subito scoperto. Ma è rivestito ad arte in vesti eleganti, così da renderlo nella sua forma esteriore agli occhi dell’inesperto, più vero della verità stessa.

Il metodo cattolico alle Scritture non è basato sulla ricerca "scientifica" nelle Sacre Scritture. La sua pretesa di comprendere le Scritture non risiede nel possesso di chissà quali dati archeologici, ma piuttosto nella sua relazione unica con l’Autore delle Scritture. La Chiesa è il corpo di Cristo, colonna e fondamento della Verità, ed è sia il mezzo tramite il quale Dio ha dato le Scritture (attraverso i suoi membri), sia il mezzo tramite il quale Dio le ha conservate.

La domanda che i protestanti pongono a questo punto è: chi ci dice che la tradizione cattolica sia quella corretta, o persino che esista una tradizione corretta? In primo luogo, i protestanti hanno bisogno di studiare la storia della Chiesa. Vi troveranno che esiste una sola Chiesa. Il Credo di Nicea lo puntualizza chiaramente:, "Credo nella Chiesa, una santa cattolica e apostolica".

Questa dichiarazione, non fu mai interpretata nel senso di qualche confusa, pluralistica "chiesa" invisibile che non riesce ad andare dottrinalmente d'accordo in nulla. I concili che canonizzarono il Credo (così come le Scritture) lanciarono anche anatemi contro coloro che erano al di fuori della Chiesa, gli eretici. Questi venivano esclusi dalla comunione della Chiesa fino al loro rientro. Anche unirsi nella preghiera con coloro che sono al di fuori della Chiesa era proibito.

A differenza dei protestanti, che trattano come eroi coloro che si staccano da un gruppo per formarne uno proprio, nella Chiesa primitiva questo era considerato un peccato dei più condannabili. Come avvertiva Sant’Ignazio di Antiochia [un discepolo dell’Apostolo Giovanni],

"Non ingannatevi, fratelli, nessuno di quanti seguono altri in uno scisma erediterà il Regno di Dio, nessuno di quanti seguono dottrine eretiche è dalla parte della passione"
[Lettera agli abitanti di Filadelfia, 5:3].

Solo una di queste due dichiarazioni può essere vera: o (1) non esiste alcuna corretta Tradizione e le porte dell’inferno hanno prevalso sulla Chiesa, e perciò i Vangeli sono in errore; o (2) la Chiesa cattolica è la Chiesa fondata da Cristo e ha mantenuto fedelmente la Tradizione apostolica.

La maggior parte dei protestanti, siccome la loro base teologica della Sola Scriptura può produrre solo disunione e litigi, ha abbandonato da tempo l’idea dell’unità cristiana, e ha considerato come ipotesi ridicola l’esistenza di un’unica Fede. Trovandosi privi di una vera unità si sono sforzati di crearne una falsa, sviluppando la filosofia relativistica dell’ecumenismo più spicciolo, in cui la sola
fede da condannare è quella che avanza pretese esclusive alla Verità.

La Chiesa è una poiché è il Corpo di Cristo, ed è un’impossibilità ontologica che si possa dividere. La Chiesa è una, così come Cristo e il Padre sono uno. La nostra fede nell’unità della Chiesa ha due aspetti: è una unità al tempo stesso storica e presente, ciò significa che quando gli apostoli, per esempio, lasciarono questa vita, non lasciarono la Chiesa. Essi sono parte della Chiesa ora, tanto quanto lo erano quando vi erano presenti nella carne. Quando si celebra l’Eucaristia in qualsiasi Chiesa locale, non la si celebra da soli, ma con l’intera Chiesa, sia in terra che in cielo (Comunione dei Santi). Così, la Chiesa cattolica non ha come insegnanti solo quelle persone che Dio ci ha messo accanto nella carne, ma tutti gli insegnanti della Chiesa in cielo e in terra. Oggi si è alla scuola dei Padri della Chiesa allo stesso modo che a quella del proprio vescovo. Tutto ciò fa sì che l’approccio alla Scrittura non è di interpretazione privata (2Piet. 1:20 Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione), ma come Chiesa.

La Sacra Scrittura, a causa della sua profondità, è interpretata in modo differente da persone differenti, quasi che vi siano tante interpretazioni quanti sono gli uomini. Da qui la necessità di tramandare fedelmente la tradizione che abbiamo ricevuto. Ecco perché, quando Sant’Agostino spiega come si dovrebbero interpretare le Scritture [La Dottrina Cristiana, Libri I-IV], passa più tempo a parlare del tipo di persona che ci vuole per studiare la Scrittura, che sulla conoscenza intellettuale che questa persona dovrebbe possedere, e dice:

1. Uno che ama Dio con tutto il suo cuore, e che è privo di orgoglio,
2. Che è motivato alla ricerca della conoscenza della volontà di Dio da fede e riverenza, piuttosto che da orgoglio o avidità,
3. Che ha un cuore soggiogato dalla pietà, una mente purificata, e morta al mondo; e che non teme gli uomini, né cerca di compiacerli,
4. Che non cerca altro che conoscenza e unione con Cristo,
5. Che ha fame e sete di giustizia,
6. E che si adopera con diligenza in opere di misericordia e di amore.

Con requisiti così alti, dovremmo tanto più umilmente appoggiarci alla guida dei santi Padri che hanno evidenziato tali virtù, e non pensare di essere più capaci di loro nell’interpretazione della Santa Parola di Dio.

I protestanti sono degli arroganti che pensano di essere qualificati a trascurare o ignorare del tutto due millenni di insegnamento cristiano. Forse una laurea offre una sapienza dei misteri di Dio superiore a quella di milioni di fedeli che servirono Dio con fede, sopportando torture e martiri, derisione e prigioni, per la fede? Il cristianesimo si apprende nella tranquillità dello studio personale, o portando la croce sulla quale si sarà uccisi? L’arroganza sta in quanti, senza prendere neppure il tempo di imparare che cosa sia davvero la Santa Tradizione, decidono di saperne di più.

Dobbiamo leggere la Bibbia; è la santa Parola di Dio. Ma per comprendere il suo messaggio, sediamoci umilmente ai piedi dei santi che si sono mostrati "Facitori della Parola e non uditori soltanto" (Giac. 1:22), e sono stati provati nelle loro vite come degni interpreti delle Scritture. Andiamo da coloro che conobbero gli apostoli, come i Santi Ignazio di Antiochia e Policarpo, se abbiamo una domanda sugli scritti degli Apostoli. Ascoltiamo dalla Chiesa, e non cadiamo nell'arroganza dell'auto-interpretazione.

Il pilastro su cui i protestanti basano la loro rivolta contro Roma è crollato. Cosa implica questo? La Bibbia non dichiara esplicitamente di essere la sola autorità del cristiano. Il Sola Scriptura è essenzialmente il credo storico dei riformati, contro la posizione cattolica che l'autorità sia costituita dalla Bibbia e dalla Chiesa e dalla Tradizione. Per i protestanti questo è un presupposto teologico, un punto di partenza, non una conclusione provata.

Non è paradossale? Insistono a dire che i cristiani possono credere solo a quello che insegna la Bibbia, ma la Bibbia non dichiara di essere la sola autorità.

La Bibbia dice, nella Prima lettera a Timoteo 3:15, che la Chiesa è la colonna e il fondamento della verità. Quale Chiesa?

Ricordati: dovrai affrontare Cristo nel giorno del Giudizio e dovrai essere in grado spiegargli perché hai creduto quello che hai creduto e perché hai insegnato quello che hai insegnato. Questa decisione deve farti mettere in ginocchio.