Le origini ebraiche del
battesimo dei bambini
La pratica cristiana del battesimo
discende dalle pratiche ebraiche di lavaggio rituale. Il giudaismo stabilì la
pratica dei lavaggi rituali per i convertiti alla fede. Il Talmud registra una
conversazione su questo tra la scuola di Shammai e la scuola di Hillel:
«Se un proselita è stato convertito alla vigilia della Pasqua ebraica -
Beth Shammai sostiene: esegue la tevillah [lavaggio rituale] e mangia la sua
offerta pasquale di sera; mentre Beth Hillel sentenzia: chi si separa
dall'incirconcisione è come chi si è separato da una tomba» (Pesachim 92a).
Alla fine del passaggio sopra, il
Talmud di Soncino ha una nota in calce del commentatore sulle purificazioni di
chi si è separato da una tomba (contatto con la morte):
Deve essere cosparso dell’acqua di purificazione il terzo e
il settimo giorno dopo la circoncisione; quindi la sera non è ancora adatto (nota in calce a Pesachim 92a)
L'inclusione del primo commento
nella Mishnah piuttosto che nella Gemara, insieme al suo riferimento alle
scuole di Hillel e Shammai, suggerisce una prima data storica per il battesimo
ebraico dei convertiti. La pratica cristiana è quindi l'erede della pratica
ebraica.
Il Talmud parla anche della pratica
ebraica di battezzare bambini molto piccoli, e uno status speciale viene dato a
coloro che sono cresciuti nella fede, essendo stati battezzati a meno di 3
anni. Stabilisce:
Un proselita minore è immerso nella
direzione della corte (Kethuboth 11a)
Il Talmud discute anche le opinioni
se il bambino battezzato rifiuta la conversione al raggiungimento della
maggiore età. L'approccio generale dell'ebraismo considera la conversione come
un affare di famiglia, con i bambini considerati proseliti insieme ai genitori
e battezzati insieme a loro.
Sulla questione di agire per conto
dei bambini e di assicurare loro il battesimo, è stato motivato, che è un
vantaggio per lui e si può agire per una persona in sua assenza a proprio
vantaggio.
Sicuramente questo lo abbiamo già imparato: si può agire per una persona in sua assenza a suo
vantaggio, ma non si può agire
per una persona in sua assenza a suo svantaggio! (Kethuboth 11a)
Alla luce della pratica ebraica
preesistente del battesimo dei neonati e di una famiglia di proseliti, i
battesimi familiari registrati nel Nuovo Testamento hanno un contesto storico
in base al quale dovrebbero essere compresi e interpretati. Il battesimo delle
famiglie, che includeva il battesimo dei bambini, era una pratica consolidata e
continuò nel Nuovo Testamento. Alla luce del contesto storico del battesimo
domestico, non si può affermare che il battesimo dei bambini non abbia alcun
mandato scritturale nel Nuovo Testamento.
I proseliti erano gentili
convertiti all'ebraismo. L'antico patto non fu mai esclusivamente nazionale,
limitato ai discendenti di Giacobbe. Le persone che accettavano la religione di
Israele ne diventavano membri a pieno titolo. Al tempo di Cristo, i farisei e
gli scribi "scorrevano mare e terra per fare un proselita" (Mat.
23:15). Tre cose erano richieste a coloro che diventavano "proseliti di
giustizia" o "perfetti israeliti": circoncisione per gli uomini,
battesimo e sacrificio per uomini e donne. La letteratura rabbinica tratta
talmente tanto il battesimo del proselita che ci si potrebbe scrivere un libro
se tutte le dichiarazioni fossero riunite insieme. Questo battesimo era usato
già prima di Cristo e durante il suo ministero pubblico fu praticato ovunque i
gentili si convertivano all'ebraismo.
I convertiti gentili erano,
naturalmente, adulti. Ma se avevano figli e volevano portarli con loro nel
patto di Dio, anche loro venivano battezzati. Gli ebrei ragionavano: Abrahamo
fu circonciso da vecchio, Ismaele all'età di tredici anni, e i neonati all'età
di otto giorni. Il battesimo dei proseliti doveva seguire lo stesso schema.
I gentili abbandonavano i neonati
indesiderati, e gli ebrei spesso prendevano i trovatelli affidati alle loro
cure e li battezzavano. I bambini erano, naturalmente, anch’essi circoncisi.
C'era una tradizione degli anziani
che una proselita femmina era uguale alle ebree native, riguardo il matrimonio,
se era stata battezzata prima che avesse tre anni e un giorno. I rabbini
spiegavano: "Se il vantaggio di una cosa è dubbio, non dovrebbe essere
fatta a una persona che non ne è consapevole, ma è lecito fare ciò che è bene a
una persona che non capisce il suo valore". Dal momento che il battesimo e
l'accettazione del patto di Dio erano vantaggiosi, mentre lasciare un bambino
senza di esso era dannoso, i rabbini dichiararono che i bambini dovevano essere
battezzati.
C'erano numerosi proseliti sia in
Israele che nelle aree in cui gli ebrei vivevano nella dispersione. Battezzare
le loro famiglie, i genitori e i figli, i bambini e gli anziani, era quindi una
cosa comune al tempo del ministero pubblico di Gesù Cristo. Gli ebrei credevano
che i gentili nel battesimo fossero lavati dall'impurità del paganesimo, e che sarebbero
rinati e diventati uomini nuovi, figli del Patto e membri del popolo di Dio,
servi dell'unico vero Dio. Quando anche Giovanni Battista chiamava gli ebrei a
pentirsi e farsi battezzare, doveva essere loro sembrato che fossero posti allo
stesso livello dei gentili, e fu questo a suscitare l'inchiesta e la critica
del Sinedrio, che mandò dei messaggeri a Giovanni per chiedergli perché
battezzava.
Questo è il contesto storico per
una corretta comprensione della situazione in cui il battesimo cristiano è
stato istituito e praticato per la prima volta. Le famiglie erano portate nel
patto di Dio come unità, genitori con i figli. Cristo conosceva bene le
pratiche missionarie degli ebrei e criticò i Farisei e gli scribi per aver
fatto dei loro convertiti figli dell'inferno come loro (Mat. 23:15), ma non
criticò mai il battesimo che essi praticavano ai bambini.
In questo contesto storico
vediamo in una nuova luce il fatto che anche la Chiesa apostolica battezzò
intere famiglie, come quella di Cornelio, del carceriere di Filippi e di
Stefana a Corinto (Atti 10:11; 16:33,34; 1Cor. 1:16). Una mente priva di
pregiudizi supporrebbe naturalmente che la Chiesa seguisse una pratica simile a
quella consueta tra gli ebrei. La chiesa "ereditò" dalla Sinagoga molte
cose, non solo l'Antico Testamento, ma anche molte pratiche attuative e alcune
caratteristiche organizzative. Sappiamo che fino a quando i cristiani non
furono espulsi, la Sinagoga continuò a essere la struttura esterna della
chiesa. I cristiani ebrei furono lenti a realizzare tutte le implicazioni del
Nuovo Patto, e di conseguenza continuarono a seguire molte delle pratiche
dell'Antico Testamento per un considerevole lasso di tempo. Che cosa potrebbe
essere più naturale per i primi cristiani, che continuavano a vivere
all'interno della struttura della Sinagoga, seguire la maggior parte delle sue
pratiche, e così seguire anche la sua abitudine di battezzare i bambini di
genitori convertiti? E la Chiesa apostolica battezzava le famiglie, proprio
come faceva la sinagoga. Non è forse ragionevole pensare che il battesimo dei bambini
non sia menzionato perché era considerato qualcosa di naturale, come del resto
non è menzionato il modo di battezzare gli adulti proprio perché non aveva bisogno
di essere menzionato? Quando tutte le famiglie venivano battezzate, tutti sapevano
che la chiesa seguiva i modi della Sinagoga.
Poiché il battesimo delle
famiglie, compresi i bambini, era consuetudinario nella Sinagoga, che era l’iniziale
ambiente di vita della Chiesa apostolica, sembra certo che siano stati seguiti
i principi della Sinagoga, poiché il contrario non è mai stato dichiarato. Tutte
le prove vanno nella direzione dell'usanza del battesimo dei bambini nella
Chiesa apostolica.
Ma c’è di più. Cosa succedeva
quando il bambino (della famiglia convertita al giudaismo) raggiungeva l'età
della maturità? Arrivava per lui il momento dell'accettazione delle mitzvot e la
conversione completa. A quel punto, se il ger
decideva di non accettare gli obblighi religiosi del giudaismo, anche la sua
affiliazione nazionale al popolo ebraico veniva meno. D'altra parte, poteva
scegliere di impegnarsi nelle mitzvot, completando così la sua geirut con il bar mitzva.
La gemara di Kiddushin 42a insegna
anche l'istituzione dell'apotropus -
un guardiano nominato per dei minori inermi. Maimonide, su Gittin 52a, afferma
che l'apotropus è esso stesso una
forma di zakhin, un guardiano che ha
la capacità di agire per conto del minore e decidere ciò che è vantaggioso per
lui. In altre parole è il Padrino.
Questo è sostenuto anche da Rashi
che scrisse:
"Attraverso la
decisione del beit din - tre [uomini] devono essere presenti alla sua
immersione, come richiesto a ogni immersione di un convertito, ed essi diventano un padre per lui, ed è
quindi un convertito per mezzo di loro".
Rabbi Menachem Meiri è ancora più esplicito:
"Un gentile
minore che viene davanti a degli ebrei e chiede di essere convertito ... e il
padre non viene a convertirsi, nel qual caso suo figlio si convertirebbe con
lui, per decisione del padre ... è immerso per la decisione del bet din, il che
significa che quelli che vengono a convertirlo informano della questione il bet
din e lo convertono attraverso la loro decisione – come se essi fossero i suoi padri, in ciò i suoi affari sono
affidati a loro, come gli affari del bambino sono affidati a un padre, per
portarlo nel patto e nella fede sacra".
Evidentemente, è necessario un
padre o un tutore per la conversione di un minore che non ha la maturità
necessaria per prendere personalmente tali decisioni critiche. Pertanto,
l'istituzione halakhica impiegata per facilitare la geirut è l'apotropus (che
è un padrino). Sulla base di ciò, si
comprende la figura dei padrini nel
battesimo dei bambini cristiani.
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