Gli
avventisti, che hanno già preso una cantonata clamorosa predicendo
la fine del mondo per il 1844, sostengono che il giorno del Signore
non sarebbe la domenica, ma il sabato.
Il passaggio dal sabato alla domenica è avvenuto progressivamente ed è giustificato dal fatto che la risurrezione, che è l’inaugurazione dei tempi nuovi o della nuova creazione, è avvenuta il primo giorno dopo il sabato.
Agli inizi della Chiesa la domenica coesisteva accanto al sabato. In alcuni settori della cristianità il sabato e la domenica erano osservati come due giorni fratelli (cfr. S. Gregorio di Nissa nel De Castigatione, PG 46,309). Ma sin da subito, la domenica viene privilegiata dalla Chiesa come il giorno di culto.
Il sabato rimaneva il giorno del riposo, mentre la domenica era giorno lavorativo. Per questo «i cristiani sono costretti ad alzarsi prima del sorgere del sole». Lo testimonia il governatore della Bitinia, Plinio il Giovane, il quale constata che essi hanno l’abitudine «di riunirsi a giorno fisso prima della levata del sole e di cantare tra di loro un inno a Cristo come a un dio» (Plinio il Giovane, Epist., 10, 96, 7, fine I secolo). Non ci sarebbe stato bisogno di alzarsi prima del sorgere del sole se si fossero radunati di sabato, che era giorno di riposo.
Anche Tertulliano ricorda i ritrovi prima dell’alba (coetus antelucani: antelucani deriva da ante lucem, prima del sorgere della luce) (Tertulliano, Apologeticum, 2, 6).
Ben presto, il culto domenicale sostituisce completamente il culto del sabato e quando, nel IV secolo il cristianesimo viene riconosciuto dallo Stato, la domenica diventa anche il giorno ufficiale di riposo. Questi sono i dati storici. Poi abbiamo i dati teologici.
Ci sono tre testi nel Nuovo Testamento che fanno riferimento al culto
domenicale.
1Corinzi 16:1 Quanto poi alla colletta in favore dei fratelli, fate anche voi come ho ordinato alle Chiese della Galazia.
1Corinzi
16:2 Ogni
primo giorno della settimana ciascuno
metta da parte ciò che gli è riuscito di risparmiare, perché non
si facciano le collette proprio quando verrò io.
È
vero che non si fa riferimento alla celebrazione del culto né si
dice che quello si è messo da parte doveva essere portato
nell’assemblea. Ma è presumibile che sia stato così tanto più
che San Paolo chiama la colletta “leitourgias”,
“servizio sacro” (2Cor. 9:12). La domenica, già fin
d'allora era stata sostituita alla celebrazione del sabato.
Inoltre in 1Cor. 11:20 San Paolo fa riferimento al radunarsi insieme per la cena del Signore, soprattutto quella celebrata di domenica, come si vede nel seguente secondo testo.
2.
Il secondo testo è di Atti 20:7-11:
Atti
20:7 Il
primo giorno della settimana ci
eravamo riuniti a spezzare il pane e
Paolo conversava con loro; e poiché doveva partire il giorno dopo,
prolungò la conversazione fino a mezzanotte.
Atti
20:8 C'era un buon
numero di lampade nella stanza al
piano superiore, dove eravamo riuniti;
L’espressione ci
eravamo riuniti a spezzare il pane indica
la Cena del Signore.
L’annotazione della presenza di molte lampade non è puramente coreografia, ma lascia intuire che si trattava di una celebrazione che rimanda al trionfo della luce sulle tenebre, al trionfo della vita sulla morte. Il che fa capire che proprio nel giorno della risurrezione erano soliti radunarsi per l’eucaristia (parola greca che significa rendimento di grazie).
Se si tiene presente che in Atti 2:42 si afferma che i credenti erano perseveranti nello spezzare il pane, tutto lascia pensare che questa perseveranza avvenisse in modo particolare di domenica.
Il terzo testo è Apoc. 1:10 dove Giovanni scrive:
Apocalisse
1:10 Rapito in estasi, nel
giorno del Signore, udii dietro di me
una voce potente, come di tromba, che diceva:
Giorno
del Signore è la
denominazione data a quel primo giorno dopo il sabato.
Signore è Kyrios,
Gesù Cristo. Il testo greco legge kyriakē
hēméra (giorno
signorile). È il giorno della
risurrezione di Gesù Cristo, il giorno della vita nuova, immortale,
gloriosa e incorruttibile. I cristiani al tempo in cui
Giovanni ha scritto l’Apocalisse vivevano questo giorno come il
giorno consacrato al Signore.
Di quel tempo (seconda metà del I secolo) abbiamo uno scritto importante, che non fa parte del Nuovo Testamento, sebbene gli sia contemporaneo, la Didachè nella quale si legge: “Nel giorno del Signore, riuniti, spezzate il pane e rendete grazie dopo aver confessato i vostri peccati” (13:1).
Una ulteriore testimonianza la troviamo nella lettera di Barnaba: “Per questo noi trascorriamo l’ottavo giorno nella gioia, perché in questo giorno Gesù risorse dai morti e, dopo essere apparso visibile, salì ai cieli” (Epistola di Barnaba 15:9).
Pertanto, anche se non c’è alcuna indicazione esplicita che
asserisca che il culto domenicale debba sostituire quello del sabato,
tuttavia di fatto fu così.
Questa prassi è probante soprattutto perché è caratteristica di tutte le comunità cristiane, dovunque e da sempre.
SHEMINI
ATZERET?
"...l’ottavo
giorno (shemini atzeret) avrete una santa convocazione, e offrirete all’Eterno dei
sacrifici mediante il fuoco. È giorno di solenne radunanza; non
farete alcuna opera servile" (Lev.
23:36)
Questa
è la festa più enigmatica di tutto l’anno biblico. Cosa significa,
infatti, questo giorno? Il nome ebraico è Shemini
Atzeret. Letteralmente è "l’ottavo giorno di
riunione". La parola Atzeret deriva dalla radice atzar
che significa "trattenere" o "rimanere".
L'ottavo giorno era molto
importante nel culto di Dio ai tempi dell'Antico Testamento. Le seguenti cerimonie erano completate l’ottavo giorno:
- Il primogenito di un animale era sempre riservato per Dio. Tuttavia, il proprietario doveva lasciarlo con sua madre per sette giorni. L’ottavo giorno veniva portato a Dio come offerta (Es. 22:30).
- La circoncisione di un bambino veniva praticata l’ottavo giorno (Lev. 12:3).
- Quando un lebbroso era guarito dalla sua malattia, doveva comparire davanti al sacerdote per essere esaminato. Se la malattia era veramente scomparsa dal suo corpo, doveva sottoporsi per sette giorni a un rituale di purificazione. All’ottavo giorno era considerato puro (Lev. 14:10,23)
- Se un uomo aveva un’emissione dal suo corpo, era considerate impuro. Una volta guarito dall’emissione, doveva sottoporsi ad un periodo di purificazione di sette giorni. L’ottavo giorno era considerato puro (Lev. 15:8).
- Quando una donna aveva i suoi corsi mensili, era considerate impura per sette giorni. L’ottavo giorno diventava pura dopo aver fatto una purificazione rituale (Lev. 15:20).
- Alla fine di un voto di nazireato, la persona doveva offrire dei sacrifici per sette giorni. Nell’ottavo giorno era sciolto dal suo voto (Num. 6:10).
È
evidente che l’ottavo giorno era l’inizio di qualcosa di nuovo.
Sia che si trattava di essere purificato, circonciso, o sciolto da un
voto, l’ottavo giorno era significativo di un nuovo inizio.
I
primi sei giorni lavorativi rappresentano seimila anni, durante i
quali tutti gli uomini faranno le cose a modo loro, e sotto il
governo dell’uomo. Il sabato è tipo e ombra degli ultimi
mille anni. È il regno millenario. Durante questo tempo,
l'uomo si troverà sotto il governo di Dio.
Se
il tempo assegnato all’uomo è di settemila anni, e ciascuno di
questi periodi di mille anni è come un giorno per Dio, cosa avviene
nell’ottavo giorno? È la nuova Gerusalemme che scende dal cielo, e
dove il Re e la sua Sposa abiteranno per l'eternità
1Corinzi
5:7 Purificatevi
dal vecchio lievito, affinché siate una nuova pasta, come già siete
senza lievito. Poiché anche la nostra pasqua, cioè Cristo, è stata
immolata.
1Corinzi
5:8 Celebriamo
dunque la festa, non con vecchio lievito, né con lievito di malizia
e di malvagità, ma con gli azzimi della sincerità e della verità.
In
questo versetto Paolo dà il motivo, la ragione cristologica, il
fondamento cristico della sua decisione a che il peccato venga tolto
dalla comunità. Bisogna togliere il lievito vecchio perché
altrimenti tutta la pasta viene contaminata, viene lievitata di
peccato. Bisogna togliere il vecchio lievito perché noi siamo una
pasta nuova, una pasta che non deve essere lievitata.
Cristo,
nostra Pasqua, è stato immolato! Siamo stati rigenerati in Gesù
Cristo e in lui siamo stati fatti una nuova pasta, pasta azzima,
pasta senza il lievito del peccato. Questa è la nostra realtà
spirituale.
Bisogna
mangiare l’agnello pasquale, e il nostro Agnello pasquale è Gesù
Cristo che è stato già immolato, è già sulla tavola. Come lo si
mangia? Con la pasta nuova, ma la pasta nuova siamo noi, allora
dobbiamo mangiarlo da pasta nuova, non lo possiamo mangiare da pasta
lievitata dal peccato. Cristo, la nostra Pasqua, è già stato
sacrificato, la festa è cominciata! Anche noi siamo risorti e
spiritualmente viviamo nei cieli, nell’ottavo giorno della
Gerusalemme celeste. La Domenica è la Pasqua della
settimana, in cui si celebra la vittoria di Cristo sul peccato e
sulla morte, il compimento in lui della prima creazione, e l'inizio
della «nuova creazione»
(cfr. 2Cor. 5:17 Quindi
se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono
passate, ecco ne sono nate di nuove).
L’Agnello
è già stato immolato una volta, e la sua immolazione non si ripete,
e quindi la Pasqua che celebriamo dura sempre.
La
vita cristiana può paragonarsi a una festa pasquale continua
(Celebriamo è presente, indica un’azione continua
nel tempo), e la Domenica, la Pasqua della settimana, è invito
a rivivere, in qualche modo, l'esperienza dei due discepoli di
Emmaus, che sentirono «ardere il cuore nel petto» mentre il
Risorto si affiancava a loro lungo il cammino, spiegando le Scritture
e rivelandosi nello «spezzare il pane» (Luca 24:32,35). È l'eco della gioia, prima esitante e poi travolgente, che
gli apostoli provarono la sera di quello stesso giorno, quando furono
visitati da Gesù risorto e ricevettero il dono della sua pace e del
suo Spirito (Giov. 20:19-23).
Commemorando
non solo una volta all'anno, ma ogni domenica, il giorno della
risurrezione di Cristo, la Chiesa ha voluto additare ciò che
costituisce l'asse portante della storia, al quale si riconducono il
mistero delle origini e quello del destino finale del mondo.
Pertanto,
la domenica è innanzitutto una festa pasquale, illuminata dalla
gloria del Cristo risorto. È la celebrazione della «nuova
creazione».
Questa prospettiva
cristocentrica, proiettata su tutta
la storia, era presente nello sguardo compiaciuto di Dio quando,
cessando da ogni suo lavoro, «benedisse il settimo giorno e lo
santificò» (Gen. 2:3). Nasceva allora il «sabato», che tanto caratterizza la prima
Alleanza, ed in qualche modo preannunciava il giorno sacro della nuova
e definitiva Alleanza. Il riposo da Dio offerto al popolo d'Israele
con l'ingresso nella terra promessa, è riletto nel Nuovo Testamento
in una luce nuova, quella del definitivo «riposo sabbatico»
(Ebr. 4:9) in cui Cristo stesso è entrato con la sua risurrezione e in cui è
chiamato ad entrare il popolo di Dio.
Per
capir la domenica bisogna dunque capire la teologia del sabato. Lo
«shabbat»: il gioioso riposo del Creatore
«Cessò
nel settimo giorno da ogni suo lavoro»
(Gen. 2:2). Siamo di fronte a un antropomorfismo. Il «riposo» di Dio non
può essere banalmente interpretato come una sorta di «inattività»
di Dio, perché Dio non cessa mai di operare, come Gesù stesso ci
dice in riferimento al precetto del sabato: «Il
Padre mio opera sempre e anch'io opero»
(Giov. 5:17). Il riposo divino del settimo giorno non allude a un Dio
inoperoso, ma sottolinea la pienezza della sua opera della creazione.
Ma
c’è dell’altro. Il Sabato ha a che fare anche con la salvezza.
Deuteronomio
5:15 Ricordati che sei stato schiavo nel
paese d'Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di là con
mano potente e braccio teso; perciò il Signore tuo Dio ti ordina di
osservare il giorno di sabato.
Il
Dio che riposa il settimo giorno è lo stesso che mostra la sua
gloria liberando i suoi figli dall'oppressione del faraone.
Per
questa dipendenza del comandamento alla memoria delle opere
salvifiche di Dio, i cristiani, hanno interpretato l'originalità del
tempo nuovo e definitivo inaugurato da Cristo, e hanno assunto come
festivo il primo giorno dopo il sabato, perché in esso è avvenuta
la risurrezione del Signore, che è l'anticipazione del compimento
escatologico del mondo. Ciò che Dio ha operato per il suo popolo
nell'Esodo, ha trovato nella morte e risurrezione di Cristo il suo
compimento. In lui si realizza pienamente il senso «spirituale» del
sabato, figura e ombra delle cose a venire.
Per
questo la gioia con cui Dio, nel primo sabato dell'umanità,
contempla la creazione tratta dal nulla e dice che tutto è buono, è
ormai espressa da quella gioia con cui Cristo, nella domenica di
Pasqua è apparso ai suoi, inaugurando la nuova creazione, tanto che
se uno è in Cristo è una nuova creatura (2Cor. 5:17).
Ebrei
8:13 Dicendo però alleanza
nuova, Dio ha dichiarato antiquata la prima;
ora, ciò che diventa antico e invecchia, è prossimo a sparire.
Questo
intimo legame della domenica con la risurrezione del Signore è stato sottolineato da tutte le Chiese, in Occidente come in Oriente. Nella
tradizione delle Chiese orientali, in particolare, ogni domenica è
la anastàsimos hemèra,
il giorno della risurrezione, e proprio per questo suo carattere
è il centro di tutto il culto.
La
domenica è il giorno in cui, più che in ogni altro, il cristiano è
chiamato a ricordare la salvezza che gli è stata offerta e che lo ha
reso uomo nuovo in Cristo.
Apparendo
agli apostoli la sera di Pasqua, Gesù alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo. A chi rimetterete i peccati saranno
rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» (Giov. 20:22,23). L'effusione dello Spirito fu il grande dono del Signore ai
suoi discepoli la domenica di Pasqua. Era ancora domenica, quando,
cinquanta giorni dopo la risurrezione, lo Spirito scese con potenza,
come «vento gagliardo» e «fuoco» (Atti 2:23) sugli apostoli riuniti con Maria.
Questi
sono i motivi per cui la domenica ha scandito la storia bimillenaria
della Chiesa.
Essendo
la domenica la Pasqua settimanale, in cui è rievocato e reso
presente il giorno nel quale Cristo risuscitò dai morti, essa è
anche il giorno che rivela il senso del tempo. La domenica prefigura
il giorno finale, quello della Gerusalemme
celeste, già in qualche modo
anticipata dalla gloria di Cristo nell'evento della Risurrezione.
Il
cristiano sa, perciò, di non dover attendere un altro tempo di
salvezza, dato che il mondo, quale che sia la sua durata cronologica,
vive già nell'ultimo tempo.
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