Una delle critiche che il
protestantesimo ha portato al cattolicesimo riguarda il modo in cui ci si
salva. Non è una questione da poco, forse è la più importante. Viene detto in
ambito protestante: «La salvezza della
nostra anima è per grazia di Dio attraverso la fede in Cristo Gesù! Tutto
quello che devi fare è ravvederti dai tuoi peccati e credere con tutto il tuo
cuore nel Signore Gesù Cristo, e riceverai il perdono dei peccati e la salvezza
dell’anima, e il Signore ti darà il diritto di diventare figlio e figlia di
Dio».
Dunque, la salvezza si ottiene
per opere o per grazia? Questo argomento lungamente dibattuto, soprattutto dopo
la nascita del protestantesimo, è certamente un punto di divisione dottrinale
tra cattolici e protestanti. I protestanti, almeno nella stragrande maggioranza, sostengono la salvezza per sola
fede, mentre la Chiesa cattolica insegna la salvezza per fede e opere. Tutti
saremo giudicati in base alle nostre opere, la nostra fede deve essere operante
nella carità e non vuota senza opere.
Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di
Dio. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato (Gal. 6:7).
Va comunque fatta una debita
premessa: Dio è il padrone della messe, e quindi dà ad ognuno secondo la Sua
volontà, come al ladrone che in punto di morte gli diede la salvezza, senza la
necessità di opere. Ricordiamo in tal senso anche la parabola dei lavoratori
delle diverse ore, che ad ogni operaio prometteva la paga giornaliera; ma anche
a quelli che furono ingaggiati nel pomeriggio diede la stessa paga. Coloro che
furono ingaggiati all’alba si lamentarono, ma il padrone fece loro notare che non
li stava defraudando di nulla, tuttavia era libero di dare la stessa paga anche
a chi lavorava solo poche ore (Mat. 20:1-16).
Il ladrone fu ricompensato da
Gesù allo stesso modo di come lo furono altri discepoli che hanno lavorato per
tutta la loro vita, e quindi hanno lavorato molto di più per il Signore. Ma la
salvezza accordata al ladrone rappresenta una eccezione, non deve essere per
noi la regola per oziare tutta la vita, e metterci a fare i cristiani solo allo
scadere del nostro tempo. La salvezza promessa al ladrone appeso in croce,
serve a farci capire che a decidere è sempre e solo Gesù! La nostra fede deve
essere in ogni caso operante, e mai oziosa, perché ciascuno alla fine
raccoglierà ciò che avrà seminato (Gal. 6:7).
Voi sapete infatti che ciascuno, sia schiavo sia
libero, riceverà dal Signore secondo quello che avrà fatto di bene (Efes. 6:8).
Ora io vi dico che di ogni parola oziosa che avranno
detta, gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio (Mat. 12:36).
I protestanti insistono che basta la sola fede, ma leggendo
versetti come questi o si rimane perplessi o la Bibbia si deve
interpretarla bene. Se ci si ferma solo a questi versetti, si può intendere che
bastino le sole opere, anzi le sole parole, per essere condannati o assolti da
Dio. Se ci fermiamo ad alcuni versetti della lettera ai Romani, magari
intenderemo che basti la sola fede per essere salvati. È evidente invece che
servono sia la fede che le opere, l’una non può fare a meno delle altre, tranne
che in condizioni del tutto particolari, come il ladrone che in punto di morte
ottenne la salvezza per sola fede. Ma l’eccezione non costituisce una regola.
poiché Dio non è ingiusto da dimenticare l'opera vostra e l'amore che avete
mostrato verso il suo nome con i servizi che avete reso e che rendete tuttora
ai santi (Ebr. 6:10).
Ai protestanti evidentemente basta la sola lettera ai
Romani per asserire la salvezza per sola fede, ma si sbagliano.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli
disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». In
fretta scese e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È
andato ad alloggiare da un peccatore!». Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore:
«Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato
qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi la salvezza
è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo; il Figlio
dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (Luca 19:5-10).
Qui vediamo che sono proprio le opere a riparare i danni di
Zaccheo. Zaccheo promette di dare la metà dei suoi beni ai poveri, non si
limita a dire “Signore io credo in te”…ma agisce, opera. Appena finito
l’episodio di Zaccheo, ritroviamo Gesù che racconta una parabola riferita a un
uomo di nobile stirpe, che affida dei talenti ai suoi servi per farli fruttare.
Anche qui vediamo la fede operante, sono le opere che dimostrano la nostra
fede, non le parole.
Paolo dice: Se possedessi la pienezza della fede così da
trasportare le montagne, ma non avessi la carità, io sono un niente. Giacomo
poi è così avverso nei confronti di quanti presumono che la fede senza le opere
valga ad ottenere la salvezza, da paragonarli addirittura ai demoni. Dice
infatti: Tu credi che c'è un solo Dio? Fai bene; anche i demoni lo credono, e
tremano. Che cosa si sarebbe potuto dire di più incisivo?
I protestanti sono invece convinti che difficilmente
possono perdere la salvezza, perché basta la sola fede. Eppure in questi brani
leggiamo esattamente il contrario:
Matteo 25:35 Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare,
ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato,
Matteo 25:36 nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato,
carcerato e siete venuti a trovarmi.
Matteo 25:37 Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando
mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti
abbiamo dato da bere?
Matteo 25:38 Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo
ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito?
Matteo 25:39 E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e
siamo venuti a visitarti?
Matteo 25:40 Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni
volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più
piccoli, l'avete fatto a me.
Matteo 25:41 Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da
me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli.
Matteo 25:42 Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare;
ho avuto sete e non mi avete dato da bere;
Matteo 25:43 ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi
avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato.
Matteo 25:44 Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai
ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere
e non ti abbiamo assistito?
Matteo 25:45 Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che
non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non
l'avete fatto a me.
Matteo 25:46 E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i
giusti alla vita eterna».
Ed ancora:
Matteo 7:21 Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel
regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
Matteo 7:22 Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore,
non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e
compiuto molti miracoli nel tuo nome?
Matteo 7:23 Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti;
allontanatevi da me, voi operatori di iniquità.
Cosa vuol dirci Gesù? Che non è automatica la salvezza; ne
consegue che c’è la possibilità che pur disponendo dei doni dello Spirito
Santo, si possa finire all’inferno, se si insegna e si fanno cose sbagliate.
Chi ha il dono di compiere miracoli, ovviamente crede in
Gesù, lo stesso vale per chi possiede altri doni, eppure Cristo rimprovera
proprio costoro, e fa notare che se oltre a credere non fanno la Sua volontà
vanno a finire all’inferno. In poche parole la Sola Fede non basta, servono pure le opere.
Pertanto consiglio ai tanti
protestanti di buttare via il piedistallo che si portano sempre dietro, per
salirci ogni volta che incontrano un cattolico, e imparare veramente gli insegnamenti
di Gesù, perché proprio i protestanti pur credendo alcune parti di verità,
hanno delle grosse lacune nelle loro dottrine, e troppa presunzione mista a
spavalderia e arroganza nei confronti dei cattolici.
Il cristianesimo, nato dal giudaismo ma entrato subito in
polemica con esso, ha dovuto ben presto precisare la sua posizione nei
confronti della religione giudaica. Era stato già il tema del concilio di
Gerusalemme ed era stato già soprattutto il problema di Paolo. E Paolo aveva
dato ad esso una soluzione teologica di grande portata. La chiesa di Cristo non
solo è l’erede del popolo di Dio, ma ne è anche la realizzazione, e quindi la
trasformazione, spirituale. Essa è il novus, il verus Israel.
La Legge mosaica ha perduto perciò il valore salvifico –
se mai l’avesse avuto - che le attribuiva la tradizione giudaica. La salvezza
non viene dalle opere della Legge ma dalla fede nel Cristo morto e risorto
(Gal. 2:16-21; Rom. 3:28). Ma in ampi settori della chiesa cristiana l’autorità
di Paolo continuava ad essere contestata e la soluzione da lui sostenuta non
aveva messo fine alle discussioni.
Egli dichiara che di per sé le “opere della Legge” sono
giuste, ma se l’uomo crede che attraverso di esse merita la redenzione e
l’adozione a figlio di Dio, allora esse diventano un equivoco e un inganno.
Sarebbe come se una persona, caduta nelle sabbie mobili, cercasse da sola,
alzando e agitando le mani, di sollevarsi illudendosi così di uscirne e di
liberarsi. È necessario, invece, che offra la sua mano a chi, stando sulla
terraferma, con forza lo possa tirar fuori.
Si delineano, così, due concetti paolini capitali: la
“fede” da parte dell’uomo e la “grazia” da parte di Dio. È per questo che
l’Apostolo ribadisce che l’uomo non è
giustificato dalle opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù
Cristo… poiché dalle opere della Legge non verrà mai giustificato nessuno
(Gal. 2:16).
Sin dall’inizio, la storia della chiesa appare dominata
dal problema del giudaismo. Da un lato tra i cristiani di origine giudaica
permane la tendenza a conservare le tradizioni e le istituzioni del popolo
giudaico, in una interpretazione che resta spesso ancorata alla lettera
dell’Antico Testamento. Dall’altro lato si affaccia la tendenza a rinunciare
interamente al giudaismo e alla sua Scrittura. Questa, per esempio, sarà la
posizione di Marcione.
Quest’ultimo, per concezioni di tipo gnostico, vede un
contrasto insanabile tra la Legge di Mosè che esige la giustizia, e il Vangelo
di Gesù che proclama la grazia, tra quella che era la Scrittura dei Giudei
(l’Antico Testamento) e quella che dovrebbe essere la Scrittura dei cristiani
(il Nuovo Testamento), anzi tra il Dio stesso invocato dai Giudei e il Dio
proclamato da Gesù Cristo. Marcione propose addirittura di accettare come
normativi (canonici) solo alcuni dei libri apostolici (le lettere di Paolo in
primo luogo, e poi Luca, in quanto meno giudaico), respingendo invece quelli
che appaiono ancora troppo legati al giudaismo. Ma la maggioranza dei cristiani
non la pensava così.
La predicazione e la vita stessa di Gesù sono troppo
chiaramente radicate nella tradizione giudaica perché un cristiano (anche di
origine pagana) possa tranquillamente rinunciare ad essa. E la figura di Gesù è
stata interpretata e compresa in maniera così profonda dagli apostoli alla luce
delle profezie dell’Antico Testamento, che queste ultime non possono essere
accantonate. Per i cristiani, Gesù Cristo è il Messia che ha portato finalmente
al suo compimento la storia di Israele. Tutto l’Antico Testamento tende perciò
alla sua manifestazione, anzi parla già velatamente di lui.
Il problema non è allora di abbandonare la tradizione
giudaica e rinunciare alla Scrittura del V.T., ma piuttosto di continuare il
lavoro iniziato dagli Apostoli, che consiste proprio nel reinterpretare la
Scrittura alla luce della vita di Gesù.
Il valore dell’Antico Testamento sta nell’aver
preannunciato la venuta di Cristo. Gli eventi e le istituzioni del popolo
giudaico sono soltanto il tipo delle
realtà future. Tutto l’Antico Testamento è in realtà una grande profezia del
Cristo. La Legge mosaica ha fatto perciò il suo tempo e non vincola più i
cristiani. L’Antico Testamento, quindi, è conservato nel Nuovo, ma solo come la
sua necessaria preparazione.
I giudeo-cristiani continuavano ad osservare le
prescrizioni della Legge mosaica, e i giudaizzanti le credevano ancora
necessarie per la salvezza. In questo
contesto si capisce perché Paolo in alcune sue lettere parli di salvezza per
grazia, infatti egli si riferiva alle opere della Legge. Paolo fa capire, in
particolare ai gentili, che non devono sottostare al giogo delle prescrizioni
della Legge, ma seguire solo gli insegnamenti di Cristo.
I protestanti non devono confondere le “opere delle Legge”
con tutte le altre opere. Un cristiano che non opera, che non manifesta cioè il
frutto della fede, è un cristiano perduto, destinato all’inferno. L’episodio di
Zaccheo, ci insegna che bisogna credere, ma al tempo stesso operare. Zaccheo,
infatti, oltre a credere in Gesù fu pronto a rimborsare chi era stato
defraudato. La fede di Zaccheo non resta inoperosa, ma germoglia e fruttifica,
concretizzandosi negli atti di carità e giustizia da egli compiuti.
Anche San Paolo ce lo conferma in questo versetto:
se possedessi la pienezza della fede così da
trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla (1Cor. 13:2).
In questo caso la carità (l’amore) è considerata
addirittura più importante della fede stessa. Gli evangelici danno per scontato
che avendo la fede si ha pure la carità, ma vediamo che per Paolo non era poi
così scontato. Infatti una fede così forte da trasportare le montagne non è
cosa di tutti i giorni, eppure anche con una fede così forte la carità potrebbe
mancare. In poche parole una grande fede senza opere non vale a nulla.
La fede da sola salva?
“Sì” risponderà un
evangelico.
“No” risponde Giacomo che dice: Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le
opere? Forse che quella fede può salvarlo?
La fede è la cosa più importante?
“Sì” risponderà un evangelico
“No” risponde Paolo che dice “se possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne,
ma non avessi la carità, non sono nulla!”
Il nodo cruciale della discussione è che per i protestanti
le opere non hanno valore salvifico, ma sono solo un naturale frutto che
germoglia dalla nuova nascita, mentre per i cattolici le opere sono certamente
un frutto della conversione, ma per la collaborazione con cui le facciamo
guidati dallo Spirito, hanno in sé stesse valore salvifico.
A cosa servirebbe la fede se si chiudesse su se stessa
incurante di chi le sta attorno? È come il servo a cui il padrone affidò il
talento, e questi per paura di perderlo lo nascose e non lo fece fruttificare.
Quel servo fu punito dal padrone, e se noi conserviamo la nostra fede ma non
produciamo frutto -quindi opere - verremo puniti.
Gesù disse: "Non
chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che
fa la volontà del Padre mio che è nei cieli".
Se andiamo a vedere cosa comprende il concetto di fede nel
N.T. troveremo che esso implica la fedeltà
(di cui il termine "fede" è appunto la radice etimologica).
Considera dunque la bontà e la severità di Dio:
severità verso quelli che sono caduti; bontà di Dio invece verso di te, a
condizione però che tu sia fedele a
questa bontà. Altrimenti anche tu verrai reciso (Rom. 11:22).
La Chiesa è “colonna
e sostegno della verità” (1Tim. 3:15). Senza la Chiesa ci sarebbe il caos
assoluto, nessuno potrebbe essere sicuro di essere nella verità. La Chiesa
cattolica è stata storicamente quella colonna, pur con i tanti difetti umani di
cui è stata affetta lungo i secoli.
Cristo ha già operato la nostra salvezza, è già morto per
tutti noi, ha già aperto per noi le porte del suo regno, per cui egli realmente
ci ha salvati, ma ora sta a noi
rispondere positivamente e fedelmente per usufruire di questa salvezza che ci
viene offerta.
Quindi, miei cari, obbedendo come sempre, non solo
come quando ero presente, ma molto più ora che sono lontano, attendete alla vostra salvezza con timore e
tremore (Fil. 2:12).
Anche qui Paolo parla di opere, e non dà affatto per
scontata la salvezza, parlando di timore e tremore. Lascia dunque perplessi la
spavalderia di molti evangelici che si definiscono: “una volta salvati, salvati
per sempre”.
Se leggessero attentamente la Bibbia sarebbero più cauti.
Purtroppo molti protestanti imparano a memoria solo alcuni versetti ignorandone
altri, trovandosi così a ripetere sempre le stesse frasi.
Paolo, sempre in riferimento alla salvezza scrive:
Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per
voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a
favore del suo corpo che è la Chiesa
(Col. 1:24).
Ma insomma il sacrificio di Cristo è completo o no? Sta
bestemmiando Paolo?
La sofferenza è redentiva, ci offre la possibilità di
completare nella nostra carne ciò che manca ai patimenti di Cristo. Che forse
ai patimenti di Cristo manca qualcosa? Può dunque mancare qualcosa ai patimenti
di Cristo?
Con il battesimo siamo divenuti con Cristo un solo corpo.
Cristo nel suo corpo di carne è stato crocifisso. La redenzione è stata operata
nella sofferenza della sua carne. Ora, senza i patimenti nella carne del cristiano
avremmo un corpo che per quanto attiene a Cristo è crocifisso, per quanto
invece attiene a noi non lo è. Ci sarebbe nell’unico corpo una duplice modalità
di essere: crocifissa la carne di Cristo, intatta la nostra.
Ma poiché la legge del corpo è quella di Cristo, ogni
carne nel corpo di Cristo deve compiere ciò che manca ai patimenti di Cristo,
perché tutto il corpo di Cristo vivi la passione, la morte, la risurrezione, la
gloriosa ascensione in cielo. In questo senso manca al corpo di Cristo il nostro
patimento, la nostra sofferenza, la nostra crocifissione. Questo completamento
della sofferenza è a favore del corpo di Cristo che è la Chiesa, dice Paolo.
Per questo Paolo è lieto. La redenzione del mondo è del
corpo di Cristo e il corpo di Cristo è la Chiesa. La Chiesa, corpo di Cristo,
deve operare la redenzione del mondo, oggi. Come? Lasciandosi anch’essa
crocifiggere dal mondo per obbedienza al suo Signore e Dio. Cosa manca ai
patimenti di Cristo? Quelli di ogni cristiano. Quando ogni cristiano si lascerà
crocifiggere come il suo Maestro e Signore, lui completa i patimenti di Cristo,
nel corpo di Cristo, e la Chiesa diviene sacramento di conversione e di
santificazione per il mondo intero.
Questa è la perenne vitalità della Chiesa.
Abrahamo credette in Dio, e gli fu reputato a giustizia e
fu chiamato amico di Dio. Il fatto che Abrahamo credette in Dio costituisce un
atto di fede. Ma il fatto che condusse il figlio per immolarlo, il fatto che
armò intrepido la sua mano, il fatto che avrebbe immolato il figlio se la voce
non l'avesse fermato, costituisce una grande fede e una grande opera. E Dio
lodò quest’opera.
Ma le nostre opere così meschine possono meritare il paradiso?
Le opere degli uomini per sé non
meriterebbero mai il paradiso; lo meritano perché il Signore si è degnato di
avvalorarle con la grazia che ci ha conferito nel battesimo. Le nostre opere
buone hanno merito perché compiute in grazia di Dio, esse partecipano dei
meriti stessi di Gesù Cristo.
Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime (Luca 21:19).
Luca qui non sta parlando della sola fede, ma di una fede
che opera, persevera. Naturalmente, se vuoi perseverare non ti basterà
appoggiarti solo sulle tue forze. Ti occorrerà l'aiuto di Dio. Non ti può
bastare l'essere stato battezzato o qualche pratica di culto e di carità. Ti
occorrerà crescere come cristiano. E ogni crescita, in campo spirituale, non
può avvenire se non in mezzo alle prove, agli ostacoli, alle battaglie.
La fede e il battesimo non salvano in automatico, perché
un battezzato può ugualmente perdersi se nel suo cuore non c’è la carità. A
Simon mago la fede e il battesimo non procurarono la salvezza, ma il suo cuore
marcio con molta probabilità gli procurò la perdizione eterna.
Alcuni risponderanno: “ma quella di Simon mago non era una
vera fede, noi invece crediamo veramente in Gesù…”. Attenzione perché nella Bibbia viene detto
che Simon mago credette. Successivamente, dalle parole di Pietro comprendiamo
che Simon mago credette più alla potenza spirituale dei cristiani che alla loro
santità.
“Dall’arca di Noè…Fu
inviata la colomba, che non avendo trovato dove posarsi, fece ritorno all'arca;
era tutto ricoperto dalle acque, e preferì tornare piuttosto che farsi
ribattezzare. Il corvo, invece, che fu mandato fuori prima che l'acqua si
ritirasse, siccome si lasciò battezzare di nuovo e non volle tornare all'arca,
perì nelle acque. Dio ci risparmi la fine del corvo. Perché, infatti, il corvo
non fece ritorno, se non perché fu sommerso dalle acque? La colomba, invece,
poiché non aveva trovato dove posarsi, ritornò all'arca, malgrado gli
insistenti inviti che da ogni parte le acque le facevano giungere: "vieni,
vieni, immergiti qui" così come gridano gli eretici: "vieni, vieni,
qui trovi il battesimo". Noè la rimandò fuori, così come l'arca vi manda
fuori voi affinché parliate a costoro (S. Agostino).
L’uomo può anche perdere la grazia con il peccato, oppure
rifiutarla e disprezzarla, ma può anche, e deve, collaborare con essa, col fare
il bene ed evitare il male. In tal modo, cioè con la grazia divina e con la sua
collaborazione, l’essere umano diviene compartecipe della divina natura (2Piet.
1:4) e può meritare la beatitudine eterna. In questo caso le nostre opere buone
sono compiute non soltanto dall’uomo, ma dall’uomo e da Dio insieme, presente
nell’anima del giusto. E che sia proprio così ce lo assicura lo stesso Gesù,
quando ci dice: “Io sono la vite, voi i
tralci; chi rimane in me ed io in lui, questi porta molto frutto, perché senza
di me non potete far nulla” (Giov. 15:5).
Il male dei protestanti è quello di non conoscere, o
addirittura di non voler conoscere la dottrina insegnata dalla Chiesa. Quanti
dubbi e quanti errori potrebbero essere fugati se tutti i cristiani
ascoltassero la voce autorevole della Chiesa di Dio.
Le nostre opere, quando sono compiute nello stato di
grazia, sono tutt’altro che inutili: esse costituiscono la condizione
indispensabile al conseguimento della salvezza. La Parola di Dio in merito è
chiarissima: “Tutti gli uomini compariranno
davanti al tribunale di Dio e del Cristo” (Rom. 14:10), per ricevere
l’eterna ricompensa, e ciò avverrà “secondo
le loro opere” (Mat. 16:27) perché dinnanzi al trono di Dio, chiunque, “sia schiavo che libero, riceverà dal Signore
secondo quello che avrà fatto di bene” e “secondo quello che avrà seminato” (Gal. 6:7-9).
Quindi le nostre opere di cristiani redenti, buone o
cattive avranno un peso determinante nel giudizio divino. Cristo Giudice, non
si attarderà a chiederci se abbiamo o meno aderito a Lui con la fede, la quale
è sempre presupposta, ma ci domanderà se abbiamo compiuto i nostri doveri, le
opere che Egli ci ha comandato, “perché
ognuno riceverà la ricompensa di quel che avrà fatto mentre era nel corpo, sia
in bene che in male” (2 Cor. 5:10).
Nella dottrina cattolica romana non c’è scritto da nessuna
parte che ci si autosalva per opere meritorie, né che sono sufficienti solo il
battesimo e la penitenza per salvarsi. Ma se il cristiano non dimostra con le
opere la sua fede, che cristiano è?
Alcuni protestanti, specie i pentecostali, amano
rafforzare le loro prediche con citazioni di miracoli, avvenuti nelle loro
comunità. Come a dire, se Dio non fosse con noi, questi fatti straordinari non
potrebbero avvenire. Al di là del fatto che nessuno, oltre la Chiesa cattolica,
mette a disposizione delle strutture scientifiche, per il malato guarito,
affinché venga verificata la veridicità della guarigione, bisogna valutare il
perché i miracoli si verificano, oltre che in altre “correnti cristiane” anche
presso altre religioni.
Vale per tutti la domanda del Padrone della parabola: Non posso fare delle mie cose quello che
voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono? (Mat. 20:15).
A tutti – a dei non cristiani stessi – può essere concesso
di operare dei miracoli, ma Dio non potrà permettere che ne facciano per
dimostrare che le loro dottrine, se false, siano vere. Dio, infatti, è Amore e,
dunque, può soccorrere ben al di là dei confini di quella che è la Sua Chiesa.
Ma, al contempo Dio è verità e, dunque, non può, senza smentirsi, concedere
segni destinati a convalidare ciò che verità non è o che della verità non ha la
pienezza.
Insomma, per fare l’esempio di guarigioni prodigiose
avvenute al di fuori dell’ambito ecclesiale, pur ammesso che siano autentiche
(e un simile accertamento non è facile), esse sono rivolte alla persona nel
bisogno e al suo fervore religioso, e non alla verità della dottrina che quella
persona professa.
I miracoli che avvengono fuori dalla Chiesa cattolica, possono
essere veri; ma non per questo sarà lecito dedurre che, poiché ovunque si
verificano prodigi, tutte le dottrine sono approvate da Dio, tutte le religioni
sono a Lui egualmente ben accette.
Il reverendo Moon non giura forse di essere guidato da Dio?
I testimoni di Geova non affermano sul loro onore di essere guidati da Dio? Gli
Avventisti del settimo giorno non affermano altrettanto? E i bambini di Dio? E
la Chiesa delle ADI? E gli Apostolici? E i mormoni? E i Valdesi? I Luterani? E
le Chiese libere? E le assemblee dei Fratelli? E i Battisti? E i Metodisti? E le chiese di Dio? E la
chiesa del Nazareno? E l’Esercito della salvezza? E i Pentecostali? E chi più
ne ha più ne metta!!!
Da che cosa sono scaturiti tutti questi gruppi
protestanti? Dalla troppa libertà interpretativa! Ognuno di questi gruppi si fa
la propria dottrina, perché dice e assicura di “capire veramente”, di essere
guidato veramente da Dio. Tutti questi hanno dottrine diverse, e queste
diversità scaturiscono dall’aver rifiutato la vera autorità ecclesiastica, cioè
la Chiesa cattolica romana.
Solo la Chiesa cattolica si è sempre mantenuta su una
linea, quella della Verità! Attenzione ho detto su una linea, non su una retta,
lungo la storia cristiana ci sono stati infatti diversi errori umani, commessi
anche da papi e vescovi, oltre che da preti, ma ciò non ha mai compromesso la
Verità, come non la compromise il rinnegamento di Pietro e l’abbandono degli
apostoli durante la passione di Gesù Cristo.
Salvezza per sola fede?
Apocalisse 2:1
All'angelo della Chiesa di Efeso scrivi:
Così parla Colui che tiene le sette stelle nella sua
destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro:
Apocalisse 2:2
Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua costanza, per cui non puoi
sopportare i cattivi; li hai messi alla prova - quelli che si dicono apostoli e
non lo sono - e li hai trovati bugiardi.
Apocalisse 2:3
Sei costante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti.
Apocalisse 2:4
Ho però da rimproverarti che hai abbandonato il tuo amore di prima.
Apocalisse 2:5
Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti e compi le opere di prima. Se non
ti ravvederai, verrò da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto.
Apocalisse 2:12
All'angelo della Chiesa di Pèrgamo scrivi:
Così parla Colui che ha la spada affilata a due tagli:
Apocalisse 2:14
Ma ho da rimproverarti alcune cose: hai presso di te seguaci della dottrina di
Balaàm, il quale insegnava a Balak a provocare la caduta dei figli d'Israele,
spingendoli a mangiare carni immolate agli idoli e ad abbandonarsi alla
fornicazione.
Apocalisse 2:15
Così pure hai di quelli che seguono la dottrina dei Nicolaìti.
Apocalisse 2:16
Ravvediti dunque; altrimenti verrò presto da te e combatterò contro di loro con
la spada della mia bocca.
Apocalisse 3:1
All'angelo della Chiesa di Sardi scrivi:
Così parla Colui che possiede i sette spiriti di Dio e
le sette stelle: Conosco le tue opere; ti si crede vivo e invece sei morto.
Apocalisse 3:2
Svegliati e rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire, perché non ho trovato
le tue opere perfette davanti al mio Dio.
Apocalisse 3:3
Ricorda dunque come hai accolto la parola, osservala e ravvediti, perché se non
sarai vigilante, verrò come un ladro senza che tu sappia in quale ora io verrò
da te.
Apocalisse 3:4
Tuttavia a Sardi vi sono alcuni che non hanno macchiato le loro vesti; essi mi
scorteranno in vesti bianche, perché ne sono degni.
Apocalisse 3:5
Il vincitore sarà dunque vestito di bianche vesti, non cancellerò il suo nome
dal libro della vita, ma lo riconoscerò davanti al Padre mio e davanti ai suoi
angeli.
Apocalisse 3:7
All'angelo della Chiesa di Filadelfia scrivi:
Così parla il Santo, il Verace,
Colui che ha la chiave di Davide:
quando egli apre nessuno chiude,
e quando chiude nessuno apre.
Apocalisse 3:8
Conosco le tue opere. Ho aperto davanti a te una porta che nessuno può
chiudere. Per quanto tu abbia poca forza, pure hai osservato la mia parola e
non hai rinnegato il mio nome.
Apocalisse 3:10
Poiché hai osservato con costanza la mia parola, anch'io ti preserverò nell'ora
della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova
gli abitanti della terra.
Apocalisse 3:11 Verrò presto. Tieni saldo
quello che hai, perché nessuno ti tolga la corona.
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