domenica 30 agosto 2020

1CORINZI 1:1,2


1Corinzi 1:1 Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per la volontà di Dio, e il fratello Sostene,

Il mittente e i destinatari di questa lettera sono indicati in modo particolarmente solenne, cosa che rende l'inizio della Prima Corinzi molto importante dal punto di vista teologico. Paolo non è che di sua iniziativa fa una cosa, ha scelto di fare questo o quest'altro, no. Sono chiamato, dalla volontà di Dio, a far che cosa? A essere apostolo di Cristo, ossia inviato di Cristo. Paolo rappresenta Cristo. Questa sua nuova vita di essere apostolo di Gesù Cristo non nasce da lui: egli è apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio. Dio lo ha chiamato, personalmente. 

Ecco perché la Chiesa deve essere apostolica, cioè fondata sulla testimonianza degli apostoli, e questo è di grande importanza, perché se qualcuno mi viene a dire: Guarda c'è stato uno che ha avuto una rivelazione e ha fondato una chiesa nuova... che si tenga la sua rivelazione e la sua chiesa! (Per buona pace di tutte le chiese evangeliche).

In altre parole, noi abbiamo bisogno della testimonianza storica che si rifà a chi ha visto Gesù. La nostra fede non si rifà a visioni personali. Neanche a delle idee personali o a teorie nuove. È un fatto storico. Innanzitutto di Israele, della sua storia che culmina in Gesù, che è la rivelazione ultima di Dio. E gli apostoli ci testimoniano questo. Ma ci deve interessare anche un'altra cosa, che cioè gli apostoli sono stati inviati per annunciare proprio questo. Questa tramandazione è giunta fino a noi. Per questo la Chiesa è essenzialmente apostolica. La tramandazione continua. Per questo il cristianesimo si è trasmesso.

Paolo non è l'unico a far questo, è insieme al fratello Sostène. Non si è mai soli, non è mai un'impresa personale. 

1Corinzi 1:2 alla chiesa di Dio che è in Corinto, ai santificati in Cristo Gesù, chiamati a essere santi, con tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore loro e nostro,

Paolo si rivolge alla Chiesa di Dio che è in Corinto. Non ci sono chiese, ma la Chiesa. Ci sono più  comunità dove la Chiesa è presente. Corinto è l’espressione locale di una realtà universale. La parola Chiesa, dal verbo ἐκκαλέω, ἐκκλησία vuol dire "chiamata fuori", cioè i cristiani sono chiamati fuori. Da cosa e perché? Chiamati fuori a uscire dalle categorie mondane, da una logica, da una filosofia di vita mondana. Chiamati fuori a prendere coscienza della verità. In altre parole chiamati fuori a essere santificati in Cristo Gesù. Il “luogo” dove la santificazione si compie è Cristo. Siamo santificati in lui, poiché nel battesimo diveniamo con lui un solo corpo ed è nel suo corpo che la nostra santificazione si compie. In lui diveniamo tralci della sua vite. Cristo è la linfa della nostra santificazione. Siamo figli di Dio. È questa la nuova coscienza cristiana che ci chiama fuori e che poi ci manda agli altri, quasi fosse un paradosso.

E allora non sono chiamato fuori per dire me ne frego degli altri e faccio il mio cammino, no, no! Sono chiamato fuori per far capire anche agli altri. Per fare questo devo vivere la mia santità cioè il mio impegno di figlio.

"Santo" vuol dire separato, cioè diverso. La diversità è il fatto che noi viviamo nella misericordia di Dio. Mentre il mondo vive nel calcolo, nell'egoismo, nell'interesse, nel tornaconto, sotto il dominio della schiavitù della paura della morte, perché si sentono figli di nessuno, e quindi devono amministrare al meglio la loro vita, ecco che noi invece sappiamo che la nostra vita è nelle mani di Dio, che ci è Padre, ci ha amati, ci ha salvati, ha dato il Figlio per noi, la nostra morte è l'incontro con Lui. Questa è quella santità radicale che ci fa vivere in modo diverso.

La separazione innanzitutto è una vita filiale. Ecco, provate a pensare che cosa significhi essere figli oppure non esserlo, pensare che i genitori vi amino o non vi amino, pensare che voi esistete per qualcuno o non esistete per nessuno. Non è una cosa secondaria. Quindi la prima coscienza è proprio questa coscienza filiale: avere coscienza di un Padre che tanto mi vuol bene da dare il Suo Figlio per me, e quindi ai Suoi occhi io valgo qualcosa. Questa coscienza di appartenenza, di amore, di accettazione, ci rende santi.

I Corinzi sono santi per chiamata, cioè per iniziativa divina sono stati scelti a credere e a far parte del popolo di Dio. Il testo originale non dice "chiamati a essere santi", ma "chiamati santi". Chiamati a essere santi dà al testo un significato etico (ce la farò a diventare santo?). Invece il testo vuole esprimere un'azione di Dio: chiamati santi. La Chiesa è santa in quanto comunità di persone beneficiarie dell'azione e della vocazione divina.

È interessante, poi, che questa santità non è un fatto privato, ma siamo chiamati insieme con tutti quelli che in ogni luogo, hanno ricevuto la stessa chiamata. Non con quelli che ci scegliamo, no, con tutti quelli che sono in ogni luogo. La vocazione alla santità non è di uno o di qualcuno, non è neanche di tutti singolarmente presi. La vocazione alla santità è di tutti, ma è di tutti insieme. Insieme dobbiamo tendere alla santità, ognuno con l’altro. La solitudine non è del cristiano, neanche nella santità. Chi è in un cammino verso l’acquisizione della perfezione cristiana non è mai solo, assieme a lui ci sono molti altri che camminano e sono tutti protesi, ognuno secondo il grado della sua partecipazione di volontà, di cuore, di mente e di spirito, alla realizzazione della Parola di vita nella loro quotidiana esistenza.

Qui si fonda la cattolicità appunto della Chiesa che è aperta. La mia fraternità è aperta, ma se non vivo da fratello e comincio a pestare i piedi a chi mi sta a destra e chi a sinistra, che fraternità cristiana vivo? La fraternità la realizzo innanzitutto con i fratelli che non ho scelto. E per questo sono miei fratelli e li amo non perché li ho scelti perché sono bravi o perché hanno le mie stesse idee, ma perché sono fratelli. E se non ami il fratello che non hai scelto, non ami nessuno.

E cosa fanno questi uomini? Invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo. L'elezione non è più solo per il popolo di Israele, ma è per tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore. Una definizione di cristiano: colui che invoca il nome del Signore Gesù Cristo. Si può sentire l'eco delle parole del profeta Gioele (2:32) "Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato". E l’invocazione non è semplicemente un fatto formale, ma è qualcosa di esistenziale, vitale. È Cristo che dà senso e significato alla mia esistenza. Questo poi si traduce nella pratica con l’acclamazione liturgica a Cristo, glorificato quale Signore della comunità cristiana e del mondo intero.

Nell’antichità, invocare il nome significava avere relazione, entrare in comunione con il Nome invocato. Il cristiano è colui che è in comunione con Gesù come suo Signore. Come colui che mi ha amato e ha dato se stesso per me. Lui mi ama e io rispondo col mio amore, e questo mi rende simile a Lui: figlio. Per questo invocare il nome di Gesù è sinonimo di salvezza, non per qualcosa di magico, ma se entro in comunione con Lui che è il Figlio, divento figlio, e attraverso Lui sono in comunione con il Padre e con i fratelli.

Signor loro e nostro. Gesù Cristo è il Signore unico, il solo, ed è il Signore di tutti coloro che credono nel suo nome. In qualsiasi parte del mondo i credenti si trovano a vivere, sono sempre sotto quest’unico e solo Signore.

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