venerdì 14 febbraio 2020

DOV'E' IL RE DEI GIUDEI?


Matteo 2:2 Dov'è il re dei Giudei che è nato? Poiché noi abbiamo veduto la sua stella in Oriente e siamo venuti per adorarlo.

È qui che compare per la prima volta il titolo "re dei Giudei". È il logico sviluppo del tema della discendenza davidica, con cui inizia il vangelo stesso: "Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide ..." (1:1).

La domanda è posta dai magi, ed è una domanda assai particolare e per certi versi anche strana. È strana perché loro sanno della nascita del re dei Giudei, mentre la gente che è in Gerusalemme ignora la cosa. 

La domanda, poi, che i sapienti d'oriente pongono qui "Dov'è il re dei Giudei che è nato ... ?" è rivolta non ad Erode, ma a Gerusalemme (vedi v. 1). Soltanto successivamente, dopo che ebbe udita la notizia, Erode convoca segretamente i magi per saperne di più (v. 7). La ricerca, quindi, parte da Gerusalemme, e non dai palazzi reali.

La domanda dei magi è la domanda fondamentale: trovare il luogo, come facciamo a trovarlo? Perché Gesù è già nato, il Messia è venuto, è nato in Israele. Noi come facciamo a incontrarlo e una volta che l’abbiamo incontrato, cosa dobbiamo fare? Ecco allora che nei magi incontriamo l’atteggiamento dell'uomo che è alla ricerca. È qui rappresentato tutto il nostro cammino di fede. La domanda è posta dunque in un contesto di ricerca, posta all'inizio del racconto di Matteo, la cui risposta definitiva, però, si troverà soltanto al termine di un lungo cammino, e precisamente in Mat. 27:37 nel cartello posto sopra la croce: "Questo è Gesù, il re dei Giudei", frase fatta scrivere da un altro pagano, Pilato, e costituisce la risposta alla ricerca iniziale: "Dov'è il re dei Giudei che è nato?".

I magi giungono fino a Gerusalemme, condotti da una stella: "abbiamo veduto la sua stella in Oriente". Il loro cammino, un po’ come quello di Abrahamo, si rivelerà essere una ricerca interiore, che si interroga su questo misterioso personaggio, annunciato da una "stella" che essi hanno "veduto".

Il verbo "vedere", "oràō", indica sempre nei vangeli il disvelarsi di realtà superiori. I ciechi, che acquistano la vista, che vedono, di cui sono pieni i vangeli, sono sempre la metafora dell'uomo che raggiunge la luce della fede ed ha compiuto un cammino di avvicinamento a Gesù, che gli si disvela.

Anche questi magi, questi pagani, "hanno veduto", cioè "hanno creduto" e a seguito di questa loro fede hanno incominciato un cammino di ricerca, che li ha portati a Gerusalemme, la città in cui si è celebrata, nella morte-risurrezione, la salvezza per l'intera umanità.

Essi hanno seguito la stella, che li portava verso il Dio incarnato, rifiutato dai Giudei, ma che è stato creduto ed accolto proprio dai pagani. Non a caso, infatti, il racconto della passione, si chiude con una profonda confessione di fede fatta proprio da un pagano, il centurione: "Veramente, costui era Figlio di Dio" (Mat. 27:54). Questa confessione di fede, in bocca a un pagano ai piedi della croce, è il punto di arrivo di un cammino, che ha il suo inizio proprio nella domanda che i magi pongono all'inizio: "Dov'è il re dei Giudei che è nato?". Solo seguendo la luce della stella essi lo trovano.

Ecco, allora, il senso di questo lungo viaggio dall'Oriente pagano, di questo lungo cammino di fede: "siamo venuti per adorarlo". La meta finale, pertanto, è il riconoscimento della regalità divina di Gesù, espressa nella "proskynēsis" (prostrazione, adorazione), riservata, presso il mondo orientale, soltanto al re e alla divinità. Questo è il cammino della fede. Ho visto, ma non basta vedere, il fine è adorare.

L'Evangelista non dice che la stella li abbia guidati nel viaggio a Gerusalemme; ma che apparve loro in Oriente, ed essi vennero alla capitale della Giudea. I responsabili giudei avrebbero dovuto loro far conoscere il luogo preciso dove Gesù era nato; ma essendosi invece mostrati incuranti, e non avendo voluto accompagnarli a Betlemme, apparve ai magi nuovamente la stella e li guidò al Messia.












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