venerdì 21 febbraio 2020

NON FARAI CUOCERE IL CAPRETTO NEL LATTE DI SUA MADRE


Introduzione

Lo scopo di questo articolo è di offrire un'indagine su una particolare questione, cioè la separazione di carne e latte nella kashrut ebraica. In definitiva, lo scopo è quello d’indagare lo sfondo storico e teologico per stabilire se separare carne e latte si basa su un comandamento della Torah o è semplicemente una innovazione rabbinica.

Procederò nel modo seguente: Innanzitutto, voglio guardare i tre testi della Torah su cui l’halakah rabbinica si è formata, mettendo in evidenza il contesto in cui ciascuno si trova. Poi esaminerò le questioni testuali ed esegetiche relative al divieto "Non cuocerai il capretto nel latte di sua madre". Terzo, esaminerò problematiche critico-testuali, in particolare le aggiunte presenti nel Pentateuco samaritano e nella LXX, e le prove di Qumran, ovvero che le aggiunte potevano essere conosciute dalla setta dei Rotoli del Mar Morto. Quarto, darò uno sguardo alla storia dell’interpretazione di questi testi, e infine offrirò una conclusione sulla base dei dati raccolti.

I testi della Torah e i loro contesti

L’halakah di separare carne e latte è un elemento centrale nella definizione di cibi kasher per il giudaismo rabbinico. Storicamente, questa halakah si è basata sull'interpretazione di tre testi della: Es. 23:19; Es. 34:26 e Deut. 14:21, ognuno dei quali contiene la frase lō’ tevaššēl gedî baḥălēv ’immô, "Non cuocerai un capretto nel latte di sua madre".

Il contesto dei tre testi: Esodo 23:19; 34:26, e Deuteronomio 14:21

Esodo 23:19

Esodo 23 continua l'elenco di varie leggi dal contesto precedente. I versi 1-9 si occupano soprattutto con le leggi relative al comportamento verso il prossimo, tra cui lo straniero (gēr). I vv. 10,11 presentano la legge del settimo anno (šemiṭṭāh), in cui la terra era a riposo, e uno dei suoi scopi era di permettere una pronta fornitura di prodotti ai bisognosi. Le leggi della šemiṭṭāh sono immediatamente seguite nel v. 12 dalla reiterazione del giorno di riposo settimanale (šābbāt) e (v. 13) dall'esortazione a stare in guardia contro l'idolatria (non pronunciare il nome di dèi stranieri). I vv. 14-17 prescrivono le tre feste di pellegrinaggio (Pasqua, Pentecoste, Capanne) con la richiesta che tutti i maschi devono comparire davanti ad hā’ādōn YHWH, "al Signore, l’Eterno" e di non comparire "a mani vuote" (welō’ yērā’û fānāy rêqām). I vv. 18,19 trattano dei sacrifici e delle offerte (sembrerebbe in relazione con le feste appena nominate), in cui sono elencati tre divieti e un comandamento positivo: (1) offrire un sacrificio con pane lievitato è vietato, (2) il grasso (belah) dei sacrifici non deve rimanere la notte fino al mattino, (3) viene richiesto di portare i primi frutti, e (4) è proibito cuocere il capretto nel latte di sua madre.

Contestualmente, il divieto di cuocere un capretto nel latte di sua madre è direttamente collegato con i sacrifici delle feste.

Sommario

1. vv. 10,11 La shemittah
2. v. 12 sabato settimanale
3. v. 13 nessuna idolatria
4. vv. 14-17 le tre feste di pellegrinaggio: Pasqua, Pentecoste, Capanne - tutti i maschi devono partecipare
5. vv. 18,19 i sacrifici nel contesto delle feste di pellegrinaggio
     a. divieto: non deve essere offerto alcun sacrificio con pane lievitato
     b. divieto: il grasso del sacrificio non deve rimanere durante la notte
     c. richiesta: portare le primizie della terra
     d. divieto: non cuocere un capretto nel latte di sua madre

Esodo 34:26

Es. 34:1-9 racconta della seconda salita di Mosè sulla montagna per ricevere le Dieci Parole e della sua conversazione con l'Onnipotente. I vv. 10-17 parlano delle istruzioni di Dio a Mosè riguardo il patto con Israele. Queste istruzioni sottolineano (a) la necessità di Israele di obbedire ai comandamenti di Dio, (b) il divieto di fare alleanze con gli abitanti del paese, (c) l’ordine di demolire gli altari pagani, frantumare le colonne, e abbattere gli idoli, e (d) il divieto a partecipare a qualsiasi delle pratiche idolatriche degli abitanti del paese. I vv. 18-26 si riferiscono alle feste di pellegrinaggio che Israele, il popolo del patto, doveva osservare: (1) la Festa degli Azzimi, seguito dal comandamento che ogni primogenito (sia animale che uomo) appartiene al Signore, da una disposizione per riscattare il primogenito di un asino, e la richiesta di riscattare i primogeniti. Poi viene aggiunto il comandamento che nessuno deve comparire "a mani vuote" (welō’ yērā’û fānāy rêqām) alle feste. (2) Il v. 21 ripete il comando.

Del sabato settimanale. (3) Il v. 22 prescrive l'osservanza di altre due feste di pellegrinaggio, Pentecoste e Capanne, qui chiamate festa delle primizie e festa della raccolta alla fine dell’anno, seguita dal provvedimento che tutti i maschi devono comparire davanti al Signore tre volte l'anno, cioè alle feste appena nominate (v. 23). (4) Nei vv. 25,26 il comandamento riguardo le tre feste di pellegrinaggio si conclude con tre proibizioni e un comandamento positivo (un diretto parallelo con Es. 23:18,19, ma con qualche cambiamento di parola): (a) nessun sacrificio deve essere offerto con pane lievitato, (b) il sacrificio di Pasqua non deve rimanere fino al mattino, (c) le primizie devono essere portate alla "casa dell’Eterno Iddio tuo", e (d) un capretto non deve essere cotto nel latte di sua madre.

Ancora una volta, come in Esodo 23, il divieto di cuocere un capretto nel latte di sua madre è collegato direttamente nel contesto dei sacrifici festivi.

Sommario

1. vv. 10-17 il Patto del Sinai viene fatto con Israele attraverso il mediatore Mosè
2. vv. 18-26 feste di pellegrinaggio e sabato settimanale - devono comparire tutti i maschi
3. vv. 25,26 – i comandamenti riguardo le feste di pellegrinaggio
          a. proibizione: nessun sacrificio deve essere offerto con pane lievitato
          b. proibizione: il sacrificio di Pasqua non deve rimanere fino al mattino
          c. richiesta: portare le primizie del suolo
          d. proibizione: Non cuocere un capretto nel latte di sua madre

Deuteronomio 14:21

La terza ricorrenza del divieto si trova in un contesto molto diverso dagli altri, dove il tema primario è la separazione di Israele per il loro Dio e dalle altre nazioni. I vv. 1,2 proibiscono le pratiche pagane relative al lutto per i morti, come farsi delle incisioni o radersi tra gli occhi. Il motivo della proibizione è che "tu sei il popolo consacrato all'Eterno, all’Iddio tuo".

I vv. 3-20 fanno un elenco dei cibi permessi e proibiti, descrivendo gli animali puri e quelli impuri e dunque le carni che sono consentite o proibite come cibo.

Il v. 21 vieta la carne di un animale che è morto da sé (nevēlāh), carne che è comunque consentito dare allo straniero (gēr) o vendere all’estraneo (ke). Ancora una volta, la motivazione di questa ingiunzione è il rapporto di alleanza unico che Israele ha con il suo Dio: "poiché tu sei un popolo consacrato all'Eterno, che è il tuo Dio". Il brano si conclude poi con il divieto: "non farai cuocere il capretto nel latte di sua madre".

I vv. 14:22-15:6 si occupano di (a) la decima annuale dei prodotti della terra e dei primogeniti degli animali, decima da mangiarsi "nel cospetto dell'Eterno, del tuo Dio, nel luogo ch'egli avrà scelto per dimora del suo nome"; (b) la conversione in denaro della decima se il viaggio è troppo lungo; (c) la decima del terzo anno che deve essere depositata nella propria città in modo che il levita, il gēr, l'orfano e la vedova la mangino e siano sazi; (d) [in 15:1-6] le leggi riguardo l'esercizio della shemittah e la remissione dei debiti.

Sommario

1. vv. 1,2 divieto di adottare i riti pagani del lutto.
          Motivo: "tu sei il popolo consacrato all'Eterno, all’Iddio tuo".
2. vv. 3-20 animali puri e impuri; quelli che possono essere usati come cibo e quelli no.
3. v. 21 legge relativa a un animale che è morto da sé (nevēlāh) -
          a. proibizione: la carne di nevēlāh è proibita a un Israelita (membro del patto)  
          b. consentito: la carne di nevēlāh può essere data a un gēr ’ăšer biš‘āreykā
          c. consentito: la carne di nevēlāh può essere venduta a un ke
          d. proibizione: non fai cuocere il capretto nel latte di sua madre.
          Motivo: "Tu sei un popolo consacrato all'Eterno, che è il tuo Dio"
4. vv. 14:22-15:6 leggi della decima annuale compresi i primogeniti degli animali (cfr. 15:19,20) che devono essere portati al Tabernacolo o Tempio e mangiati "in presenza dell’Eterno"; segue la legge della decima del terzo anno, che è da depositare nella propria città in modo che le persone svantaggiate possano mangiare.

Sintesi generale dei tre contesti

È chiaro che i contesti dei due passaggi dell’Esodo sono tra loro speculari. Entrambi hanno a che fare con le feste di pellegrinaggio e i sacrifici che vengono offerti nell’occasione. Pertanto, il fatto che il divieto di cuocere un capretto nel latte di sua madre conclude ogni pericope, sembra ovvio che debba essere collegato alle leggi dei sacrifici.

Il testo del Deuteronomio, invece, è molto diverso. Esso si occupa principalmente delle leggi sul cibo date a Israele in quanto popolo del patto consacrato a Dio. Anche se in Esodo l'ingiunzione di non cuocere il capretto nel latte materno conclude il comandamento che riguarda le feste di pellegrinaggio (e quindi è collegato contestualmente con le procedure sacrificali effettuate nelle feste), nel Deuteronomio il divieto si trova alla conclusione di leggi relative ai cibi puri e impuri. Tuttavia, il paragrafo che segue immediatamente parla del comandamento di portare la decima annuale, compresa la decima dei primogeniti degli animali (cfr. Deut. 15:19), e di mangiare "nel luogo ch'egli avrà scelto per dimora del suo nome" (14:23), vale a dire, in relazione alla feste di pellegrinaggio. Così, sia in Deuteronomio che in Esodo, i contesti che contengono il divieto di cuocere un capretto nel latte di sua madre hanno questo in comune: contengono il comandamento riguardo le primizie (del suolo, Esodo 23; degli animali, Esodo 34 e Deuteronomio 14). Anche se in un primo momento può sembrare che il contesto di Deut. 14:21 sia completamente diverso rispetto ai contesti di Es. 23:19 e Es. 34:26, questa apparente diversità è in parte ridotta dal fatto che tutti e tre i contesti contengono la legge delle primizie.

Inoltre, Deuteronomio si riferisce alla dimora d’Israele nel paese e quindi il luogo fisso (piuttosto che mobile) scelto da Dio per stabilirvi la dimora del suo nome, cioè, il Tempio di Gerusalemme. Considerando che Dio avrebbe benedetto gli Israeliti secondo la loro obbedienza ai suoi comandamenti e quindi allargato i loro confini, si sarebbe creata la situazione in cui coloro che vivevano lontano da Gerusalemme avrebbero fatto fatica a portare le offerte richieste, la decima delle primizie e i primogeniti prescritti per la festa. Così è stato previsto di vendere le decime e con il ricavato recarsi a Gerusalemme e lì acquistare cibo e bevande per la celebrazione (Deut. 14:24-26). Alla luce di questo, è comprensibile il motivo per cui l'ingiunzione del Deuteronomio contro il cuocere un capretto nel latte di sua madre sia raggruppato con le leggi alimentari, perché chi arriva alla festa con il denaro piuttosto che con le decime, dovrà comprare il cibo per la celebrazione della festa. Allo stesso modo, avrebbero acquistato gli animali da offrire in sacrificio per i primogeniti, quindi l'ingiunzione contro il cuocere un capretto nel latte di sua madre del Deuteronomio, sarebbe allo stesso modo collegato con i sacrifici festivi al santuario centrale.

Tenuto conto del fatto che il divieto biblico è chiaramente collegato alle feste e ai sacrifici offerti nel santuario durante le festività, la domanda che abbiamo di fronte è questa: perché, nel giudaismo rabbinico, l'ingiunzione di non cuocere un capretto nel latte di sua madre è stata completamente rimossa dal contesto dei sacrifici e interpretata come appartenente alla kashrut (leggi sul cibo)?


Dopo la distruzione del Tempio e il conseguente fallimento della rivolta ebraica sotto Bar Kochbah (134 dC), i rabbini di Yavne hanno dato inizio a un processo di trasferimento degli aspetti chiave del servizio del Tempio, alla vita quotidiana delle comunità nelle sinagoghe della diaspora. Il divieto di non cuocere un capretto nel latte di sua madre è stato trasferito dal servizio del Tempio alle leggi sul cibo, come modo di conservare alcuni dei servizi del Tempio sotto altra forma. Dopo la distruzione, il legame con i sacrifici non esisteva più, e così il divieto è stato rimosso dal suo contesto biblico e reinterpretato per adattarlo all'interno delle leggi della kashrut.

Lo sviluppo dell’halakah rabbinica, che ha preso il divieto di cuocere un capretto nel latte di sua madre e lo ha trasformato in una halakah della kashrut, aveva anche un altro scopo. Nel giudaismo rabbinico, la necessità di marcare la distinzione tra la Sinagoga e la Chiesa cristiana, stava diventando sempre più importante. La separazione completa di carne e latte come un elemento essenziale della kashrut, rendeva l’interazione sociale a tavola con i non-ebrei quasi impossibile.

Non c'è alcuna prova che la separazione di carne e latte come legge di kashrut esistesse in epoca pre-distruzione del Tempio. Inoltre, è chiaro che l’halakah rabbinica che ha deciso la separazione di carne e latte come regola alimentare, non può essere derivata dall’esegesi dei testi biblici, ma è soltanto il prodotto del midrash rabbinico. Pertanto, possiamo dire che l’halakah rabbinica che richiede la separazione rigorosa di carne e latte, non è un comandamento della Torah e non era una legge di kashrut riconosciuta dagli ebrei in epoca pre-distruzione del Tempio. La rigorosa separazione halakica di carne e latte, che è venuta a caratterizzare la kashrut del  giudaismo rabbinico è una innovazione rabbinica. Pura invenzione!!








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