Matteo 2:1 Or essendo Gesù nato in Betleem di Giudea,
ai giorni del re Erode, ecco dei magi d'Oriente arrivarono in Gerusalemme
Essendo... nato, traduce il greco gennēthéntos, un participio aoristo passivo che si traduce con un gerundio passivo passato. Gesù è già nato! Per Matteo non è importante sapere che Gesù è nato, lo da per scontato, ma è importante l'identità di colui che è nato. Quindi Gesù è già nato. Il
nostro problema è come incontrarlo. Questi Magi ci descrivono come lo si
incontra.
Notiamo la successione: prima c'è un Gesù che nasce a
Betlemme, e quindi legato a quel luogo in cui anche il re Davide è nato. È uno escamotage quello
dell'evangelista per lasciar intendere non solo che Gesù e Davide hanno in
comune un'unica origine che li lega tra di loro, quella regale, ma anche come
la profezia di Nathan trova la sua attuazione in Gesù (2Sam. 7:11-16).
Accanto a questa regalità si contrappone un'altro tipo di
regalità: quella di Erode, che non a caso, viene chiamato "re".
Abbiamo dunque una duplice regalità: quella pensata da Dio, e quella degli
uomini che si contrappone a quella di Dio. Matteo mette volutamente in
parallelo tra loro le due regalità.
La seconda parte del verso apre un nuovo scenario. Fino a
questo momento Matteo aveva definito alcuni tratti fondamentali di Gesù: egli è
figlio di Abrahamo e di Davide, erede quindi delle promesse. Lui è il Cristo,
che porta a compimento tutte le speranze e le attese degli antichi Padri. In
lui ha origine una nuova creazione in cui si colloca una nuova umanità. Lui,
infine, è il compimento delle Scritture.
Ebbene, quale impatto avrà questo personaggio, così
importante, in mezzo agli uomini?" Ecco, dei magi d’Oriente arrivarono in Gerusalemme".
Quell' "ecco" è come un sipario che si apre sulla scena della
storia e sul palcoscenico appaiono nuovi personaggi, sconosciuti e misteriosi,
provenienti da un luogo non ben precisato "apò anatolōn" (da oriente), di certo non appartengono al popolo ebraico.
Questi magi, provenienti da oriente, richiamano i saggi sapienti di Babilonia o di Persia, di cui Israele aveva
fatto conoscenza nel corso della sua storia, in particolar modo durante
l'esilio e con cui si era dovuto confrontare soprattutto ai tempi di Daniele. I
magi erano degli astrologi, delle persone che guardano il cielo. Il principio e
fondamento della scienza è guardare il cielo. L’uomo guarda in alto. Dal cielo
che cosa capisce? Il tempo, la divisione del tempo, le stagioni, ecc. Quindi è
interessante che questi uomini guardino il cielo. Ma lo guardano sapendovi leggere dei segni.
I magi sono
persone che si interrogano su ciò che vedono, cercando una intelligenza più
profonda della realtà. Se l’uomo non cerca il perché, il senso, se non cerca un
segno oltre le cose visibili, non guarda il cielo. Se all’uomo togli la
trascendenza, gli togli anche l’umanità nel giro di poco tempo. Questo è il
primo insegnamento che ci possono dare questi astrologi. Saper guardare la
realtà, la scienza, le stelle, tutto quello che c’è da vedere con occhio non
meccanico, ma con l’occhio di chi indaga e cerca il significato, cerca il
senso.
Essi sono i rappresentanti di una saggezza e di una sapienza
pagana, una sapienza tuttavia molto attenta ai segni, che ha saputo scorgere in
essi la presenza di eventi superiori, che li condurranno all’adorazione del Dio
fatto uomo; a differenza di Israele, che pur avendo le Scritture e, quindi,
dotato della sapienza proveniente da Dio, non ha saputo leggere i segni della
presenza di Dio nella storia e, quando li ha scorti, se ne è scandalizzato e li
ha negati.
Matteo anticipa qui la missione di Gesù, che supererà
i ristretti confini di Israele, per aprirsi al mondo dei pagani.
Vediamo che
questi magi, seguendo la loro scienza, interrogandosi, fanno il cammino verso
Gerusalemme. Gerusalemme è il luogo della rivelazione. La scienza ti porta a
interrogarti sul perché e il perché ti porta a Gerusalemme, il luogo dove Dio ha redento l'umanità. Il perché lo trovi
nel cammino a Gerusalemme, è lì che trovi il Cristo di Dio. Andare a Gerusalemme significa
questo: avere il modo di leggere e di interpretare la realtà che Dio ha rivelato.
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