domenica 15 novembre 2020

IL FRUTTO DELLO SPIRITO: BONTA'

 

Galati 5:22 Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé;

La bontà viene dalla parola greca agathōsynē, significa «bello, buono». Ricordiamo che stiamo parlando del frutto dello Spirito. C'è differenza tra un frutto e un seme. Il frutto è il compimento di un processo che inizia con il seme. Qui abbiamo a che fare con frutti e non con semi, ovverossia questi sono punti di arrivo, non sono punti di partenza. Quindi è un errore partire, nella vita spirituale, da questo punto. A questo punto si arriva, perché è frutto dell'opera dello Spirito, non è opera umana. Lo Spirito Santo entrando nell'uomo procura questo tipo di realtà.

Questo è un frutto della redenzione, e la bontà dobbiamo subito spiegarla salvandoci dai malintesi del linguaggio e della cultura di oggi, ovvero di quella bontà che non è frutto dello Spirito Santo ma è bontà umana.

La bontà umana, il buonismo, è una percezione che abbiamo di noi stessi quando agiamo verso qualcuno in maniera buona. Questo non ha niente a che vedere con il concetto neotestamentario di bontà. La morale cristiana è ben altra. Non è il buonismo, non è l'essere tutti accomodanti, non è essere disposti a sorridere anche quando non sarebbe il caso, e cose simili.

La bontà, l'agathōsynē, indica la qualità migliore di una realtà, il bello e il buono in quanto maturazione piena di una persona. Una persona è buona, bella, in quanto è arrivata a dare il meglio di sé.

È qualcosa che è in rapporto con l'altro. La bontà neotestamentaria non è un'attitudine intrinseca per cui io non voglio essere cattivo e voglio essere riconosciuto come buono, ma è piuttosto un'attitudine che sposta la sua attenzione sull'altro, capire qual è la cosa più buona da fare per l'altro, ciò che è utile per l'altro.

È la soddisfazione che uno prova quando riesce a trovare il meglio per qualcuno.

Un esempio banale. Il piacere di cucinare per qualcuno, il piacere di vedere l'altro contento di quello che sta mangiando, fare qualche cosa che dà all'altro gioia, il piacere di mettere l'altro nella condizione in cui è contento, è il piacere di mettere gioia nell'altro, come può essere il piacere di vedere il proprio coniuge gioire per la sorpresa di un regalo, il piacere che si prova nel vedere una persona rallegrarsi. La bontà è tutta proiettata al miglior risultato possibile per l'altro. È questo il punto di differenza tra il buonismo imperante della nostra cultura, e il desiderio di rendere felice l'altro.

È anche vero che il bene dell'altro non sempre è ciò che l'altro desidera. A volte il medico prescrive delle cure al malato che il malato non gradisce, eppure quelle sono per il suo vero bene. Se un padre rispetto al figlio fa solamente quello che il figlio gli chiede, per assecondarlo, questo è un padre che non vale niente. È un padre buonista che non corregge. Un padre sano, maturo, sa deludere il figlio quando deve dire al figlio le cose che gli sono necessarie.

La bontà è quell'atteggiamento di una persona che fa il vero bene dell'altro, anche a prescindere del parere dell'altro. È necessario lo Spirito Santo dato che questo è un frutto dello Spirito. C'è un punto di partenza e un punto di arrivo. Il punto di arrivo è l'altro. Se noi vogliamo capire cos'è la bontà, dobbiamo uscire dall'individualismo, dove la nostra attenzione resta fissata su di noi.

Partiamo da un punto che è essenziale. Quando nei Vangeli Gesù chiama le persone, vediamo che le chiama a lasciare qualcosa. C'è sempre una parte da lasciarsi alle spalle. Se noi vogliamo andare a fondo nel viaggio della bontà, dobbiamo lasciarci alle spalle qualche cosa. Se il punto di arrivo è cercare il meglio dell'altro, e in questo provare gioia, la cosa da lasciare dietro le spalle sono i propri problemi. L'uomo è un essere relazionale, e dunque ha il suo compimento nell'uscire da se stesso. Tantissimi problemi che le persone stanno affrontando, sono problemi da abbandonare. Molto spesso le persone, nella vita spirituale, sono incastrate in vicoli ciechi spirituali che non le portano da nessuna parte.

Io per capire le cose, le devo interrogare. Se una domanda non trova risposta, non è la risposta che non c'è; la maggioranza delle volte è la domanda che è sbagliata. La bontà è il frutto di una domanda azzeccata, giusta, fatta su noi stessi. Dov'è la mia felicità? Come posso risolvere i miei problemi? Se le ferite che un uomo o una donna portano dentro di sé vengono lette per se stessi, sono sempre realtà irrisolvibili. Esiste un'altra chiave per leggere tutte le nostre problematiche.

Cristo è vero Dio, ma anche vero uomo. Quindi ci rivela il vero uomo, la verità dell'uomo, la verità per me, la verità della mia identità. Se voglio sapere chi sono io, devo pormi la domanda: Cristo chi è? Cristo è il Logos, la Parola, è una cosa detta e la parola serve per comunicare con un altro. Se io sono una parola, se io sono in quanto parlo, in quanto mi relaziono, posso anche avere una storia personale segnata da alcune sofferenze, ma se cerco di spiegarmi perché queste cose sono successe a me lasciandomi delle ferite che mi condizionano, io girerò continuamente su una spirale inutile che mi porta sempre a me stesso. E se invece tutto questo che io ho sofferto potesse servire a qualcuno? Ecco che io trovo la chiave.

Se io cerco di spiegare me stesso per me stesso, ci sono tante cose che non mi tornano, ma se io mi penso come una parola, mi penso come una missione, mi penso in funzione di altri, se il mio scopo è dare gioia all'altro, ecco che le mie sofferenze diventano saggezza per capire quello che l'altro sta vivendo e come aiutarlo, perfino i miei errori diventano strumento per poter servire meglio, aiutare meglio l'altro, e qui mi realizzerò come persona.

Noi dobbiamo pensare a noi stessi come un pezzo di puzzle. Da solo non serve propria a niente, ma se in un grande puzzle mi manca un pezzo, ho un buco, un senso di vuoto. Se trovo quel pezzo e lo metto lì, ho il senso di una pienezza. Io sono il pezzo di un puzzle. Bisogna cercare di capire qual è il proprio posto nel puzzle, e scoprire che si può essere molto utili se messi nel posto giusto.

Quando la bontà non si manifesta nella vita, è perché qualcuno si sta facendo la domanda sbagliata, continua a chiedersi chi è mentre dovrebbe chiedersi a cosa serve, cosa può fare di buono.









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