martedì 16 febbraio 2021

IL FRUTTO DELLO SPIRITO: PACE

Galati 5:22 Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé;

Il frutto della pace è il terzo nell'elenco della lettera ai Galati, ed è frutto. Il frutto è una cosa ben precisa, è il risultato di qualcosa, non è qualcosa da cui si parte, ma qualcosa a cui si arriva attraverso un processo.

In greco il termine è eirēnē, che significa appunto pace. Nella sua origine greca ha un senso lievemente diverso da quello che noi pensiamo. L'unica pace che veniva concepita nel mondo greco era la pace in quanto assenza di guerra. Quando non c'è la guerra, allora c'è la pace. Noi però abbiamo un concetto di pace anche come condizione personale, ma questo era estraneo alla letteratura greca. Questo concetto di pace come condizione personale, deriva dalla novità cristiana, che porta nel mondo qualcosa che era in nuce nella cultura ebraica.

Infatti, la parola ebraica shalom non vuol dire semplicemente il momento di assenza di guerra, ma è molto più complicato come concetto, ed anche più personale. È l'idea di una abbondanza, di stare nelle cose in maniera florida. Lo shalom non è l'assenza di conflitti, ma può essere anche una guerra impostata bene, il fatto di essere ben messi di fronte alla guerra, anche questo è shalom.

Allora, come siamo arrivati al nostro concetto di pace come stato personale? L'A.T. comincia a generare questo concetto di pace in quanto realtà che non dipende dal contesto. Il Signore Gesù ci dice, nel Vangelo di Giovanni: Vi lascio la mia pace, vi do la mia pace, non come la dà il mondo io la do a voi. Qui abbiamo un confronto tra due tipi diversi di pace.

Fermiamoci innanzitutto sul pensiero che la pace che il mondo dà è solamente una tregua, è soltanto una fase di stallo prima della prossima guerra. Nel mondo la pace c'è quando uno dei due antagonisti perde e viene sottomesso. Ecco, questa è la pace che dà il mondo.

Questo porta una persona a dire: sto in pace non quando ho risolto i conflitti, ma quando mi sottraggo ai conflitti. Per esempio, due coniugi che litigano trovano la pace quando si separano. Io posso stare in pace con una persona quando posso dire: tu non pesti i calli a me e io non pesto i calli a te; facciamo un trattato di non belligeranza e viviamo il nostro rapporto ipocrita dove non ci diciamo più quello che veramente pensiamo. Questo è il sistema che molta gente persegue, e magari ci mette pure qualcosa di spirituale dentro.

Partiamo dalla frase: non come la dà il mondo io la do a voi. Gesù va per via negativa per descrivere come lui la dà. Non come il mondo. La pace ellenistica, prima che maturasse il concetto di pace come condizione personale e non come contesto, era appunto una pace che dipendeva dalla situazione. Il mondo dà pace soltanto creando un contesto d'assenza di conflitto. Cristo non dà questa pace qui, cioè non la dà per il contesto. Non è il contesto che mi dà pace, non è la situazione che mi dà pace, è questa la novità cristiana.

Cristo che è la nostra pace, non ci dice: Vi darò la pace lì, o là, ora o domani o in quel momento ben preciso, ma io vi darò la pace in un altro modo. La pace di Cristo è la pace che sorge dal suo dono, ce la dà lui.

Andiamo nel concreto. Mi trovo in un contesto difficile, conflittuale, di grande tensione. Se la pace me la deve dare il mondo, io non potrò trovare pace finché la situazione non cambia. Se la pace mi viene da Cristo vuol dire che io posso avere pace anche in un contesto non pacifico, e qui voglio dire una cosa molto importante: di pacifisti ce ne stanno tanti, uomini di pace molto pochi. Di pacifisti possiamo riempire gli stadi, gli uomini di pace sono molto rari da trovare, perché è un atteggiamento interiore, personale. È il frutto di un rapporto con Cristo. Egli è la nostra pace, dipende dall'avere consapevolezza di ciò che lui è per me.

La pace cristiana è una scelta profonda del cuore. Se io voglio stare in guerra ho sempre motivi per stare in guerra, se mi voglio lamentare avrà sempre motivi per lamentarmi, se voglio ricordare i torti subiti avrò sempre qualcosa da ricordare, se voglio fare la guerra avrò sempre ottimi motivi per farla. Se io voglio un motivo per stare in stato di contrasto con chicchessia, ne avrò sempre uno. Se voglio un motivo per stare in pace con una persona, ne troverò sempre uno.

C'è un salmo che dice: Cerca la pace e perseguila. Cercare la pace, c'è sempre una via per la pace. Questo non è uno slogan, ma una regola profonda del cuore, è una scelta che non facciamo molto spesso.

Per esempio all'interno di un matrimonio, la pace non arriverà quando un coniuge otterrà dall'altro coniuge tutto quello che gli sta chiedendo, ma quando troverà pace nel fatto di avere quel coniuge così come è, a prescindere, amarlo per come è. È chiaro che ci vuole una dimensione molto adulta per vivere questo; ma c'è un pericolo: il pericolo di passare dal concetto di pace dipendente dal contesto (stiamo bene se gli altri ci fanno stare bene), al concetto di pace individualistico, un concetto di pace un po' new age, dove io personalmente sto in pace. Cioè, non sto in pace se sto in una condizione di riconciliazione con gli altri, ma sto in pace io anche se gli altri magari stanno malissimo, e io tranquillamente me ne infischio, l'importante è che stia in pace io. Questo è individualismo.

Questo è un rischio spirituale. Cioè, possiamo perseguire un rapporto cristiano dove io cerco con il Signore Gesù Cristo di essere in pace, ma in maniera completamente egoistica. Però, la mia pace non può essere autentica se mi chiude il mio essere relazionale. Stare in pace veramente prescinde dall'atteggiamento dell'altro, ma è un atteggiamento verso l'altro, deve produrre un risultato relazionale.

Non sta in pace chi resta tranquillo di fronte a una critica; sta in pace chi non prova malanimo, ma anzi pena, per chi lo odia. Cristo non ci ha detto di essere indifferenti davanti ai nemici, ci ha detto di amarli. È molto difficile tutto questo. Questo lo dà lo Spirito Santo, che è amore.

La pace che noi agogniamo, l'assenza di problemi, ce l'avremo soltanto nella bara, è la morte, è l'assenza di relazione. Allora ciò che noi dobbiamo trovare come soluzione, come autentico luogo di pace duratura, è un saper stare con gli altri. Questo è quello che lo Spirito Santo fa. Se questo è frutto dello Spirito, guardiamo il giorno di Pentecoste. I discepoli chiusi in una stanza, paurosi, escono e sanno parlare con gli altri, sanno stare con gli altri. La pace che mi dà Cristo è il saper parlare con chi ce l'ha con me, è il saper cercare con abbondanza (secondo il concetto ebraico di shalom) la via per lasciare il mio sacrificio davanti all'altare e andare a riconciliarmi con chi ce l'ha con me, come dice il vangelo. Quella è la pace.

San Paolo dice: «Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace» (Efes. 2:14)

La pace, e Cristo è la nostra pace, è colui che distrugge in se stesso, nella sua carne, l'inimicizia. Cioè usa il suo corpo come strumento per trovare il modo di riconciliare le persone.







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