mercoledì 28 ottobre 2020

IL FRUTTO DELLO SPIRITO: MITEZZA

 

Galati 5:22 Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé;

Che cos'è questa mitezza? La parola prautēs in greco vuol dire dolcezza, o meglio ancora assenza di violenza. È facile pensare a una persona garbata, gentile, ma non è questo il senso proprio della mitezza. Si rischia di banalizzare, ma la Scrittura ci chiede sempre di crescere, di scoprire, di capire, mai fermarsi al primo acchito di ciò che capiamo.

Questo termine prautēs viene usato nella Bibbia greca dell'A.T. per tradurre un termine ebraico che è ben diverso, anî, che vuol dire “povero”, e dunque associa la mitezza alla povertà. Allora poniamoci la domanda: perché un povero sarebbe mite? Si potrebbe pensare il contrario, un povero potrebbe essere una persona arrabbiata, potrebbe essere una persona che ha da rivendicare, ecc.

Come si capisce se una persona è mite? Noi vediamo una persona passare per strada, è mite o non è mite, che ne sappiamo? C'è un sistema molto semplice, offendiamola, proviamo a metterla sotto pressione, vediamo come reagisce. Bisogna spremerle le persone per capire cosa hanno dentro; all'apparenza siamo tutti carini, poi bisogna vedere quando la mordi una persona per sapere di cosa sa. La mitezza si riconosce in stato di conflitto. Il mite è la persona che reagisce con la pace di fronte alla violenza.

La parola «mite» la troviamo nella terza beatitudine: “beati i miti perché erediteranno la terra”. E qui capiamo qualcosa del rapporto tra Spirito Santo, mitezza, assenza di violenza. Inoltre Matteo riporta una frase di Gesù dove dice: Imparate da me che sono mite e umile di cuore.

Gesù è mite. Ma mite vuol dire che è una persona remissiva? Ecco l'altra strada sbagliata che potremmo prendere: il mite è una persona che abbozza, che preferisce evitare lo scontro. In realtà tutto questo avrebbe a che fare con la vigliaccheria, con la mancanza di coraggio, con l'inconsistenza di carattere.

Allora torniamo alla beatitudine: beati i miti perché erediteranno la terra. Che cosa c'è in ballo? La terra, l'eredità e la mitezza, che relazione hanno tra di loro? Come mai ciò che è l'elemento fondamentale delle guerre, la conquista del territorio, la terra, diventa oggetto di eredità da parte di chi non combatte? Normalmente ci si aggredisce per il territorio. Normalmente sono i violenti e gli aggressivi quelli che si prendono il territorio. Come fa il mite a prendere questa terra?

Un errore che in genere si fa, è quello di imporsi un atteggiamento di mitezza che porta la persona a cercare di non reagire alla violenza altrui, in nome di un certo buonismo. Non è questo ciò di cui stiamo parlando. È tutto un altro paio di maniche. Qui stiamo parlando di un frutto dello Spirito che chiede una forza, che in un certo senso chiede un'aggressività, ma di un altro tipo.

Essendo frutto dello Spirito, è un'attitudine conseguente a una forza. La terra è lo scopo di ogni battaglia, ogni aggressività si fa per un territorio, per un oggetto, i contendenti sono con-tendenti, cioè tendono allo stesso obiettivo. Perché invece l'obiettivo apparterrà al mite, a colui che non combatte?

Ha a che fare con l'ereditare. Questo termine noi lo concepiamo secondo la nostra cultura, pensiamo al testamento di qualcuno che è morto e ci lascia qualche cosa. Ma ereditare nella Scrittura è qualcosa di più. L'eredità era la porzione della terra promessa ricevuta da ogni tribù d'Israele nella conquista di Canaan, e questa terra quindi, diventa metafora di ben altra terra di quella dove si scontrano gli uomini. C'è un luogo, c'è una dimensione, c'è qualcosa che vale veramente la pena di difendere. Cioè:

A) il rapporto con Dio, B) la vera pace, ciò che veramente conta. Qui non si tratta di essere remissivi, al contrario essere molto attaccati a ciò che veramente vale.

Molto spesso quando una persona risponde con durezza a chi l'aggredisce, è scesa al livello dello scontro per la stessa cosa che l'altro desidera, sta difendendo un bene che l'altro gli può rubare. Esiste un bene che nessuno può rubare? Esiste un bene che va difeso anche a costo della perdita delle cose di questo mondo? Ebbene, il mite è colui che non risponde allo scontro perché lui tiene a un bene più alto, ha qualcosa di più bello, conosce una cosa che si chiama Spirito Santo e questo Spirito Santo. è il suo dono, e questo dono non lo baratta con niente. Che cosa mi vuoi rubare? Mi vuoi offendere? Ma che m'importa, ho ben altro.

Il mite in questo senso non è uno che non ce l'ha fa a combattere, ma è uno che combatte un'altra battaglia, molto più seria. È povero per questo mondo, ma ricco per il mondo avvenire. È qualcuno che ha la vera ricchezza, quella che nessuno gli può togliere.

Allora, il segreto della non conflittualità non è un carattere controllato, una disciplina dei propri impulsi, ma è il possesso di un bene che non può essere tolto, è il possesso della ricchezza vera, quella che sta nei cieli, che fa di un uomo, un uomo non vulnerabile. È mite perché non ha da combattere quelle battaglie che l'altro ha da combattere. Non perché non vede il male dell'altro, non perché non riconosce un'aggressione, ma perché capisce che deve difendere ben altro, ha altro di cui occuparsi.

Il mite è colui che eredita la terra. Per questo si tiene stretto ciò che vale. Se sarà necessario alzerà anche la voce, non contro qualcuno ma per qualcuno. C'è differenza se critichi qualcuno con malizia o se lo critichi per amore. Le critiche ricevute da chi ci vuol bene possono farci soffrire parecchio perché vanno dritte al punto. Il mite combatte le battaglie così, il mite conosce il vero bene per cui vale la pena di impugnare le armi, e sono armi diverse, forgiate in un'altra fabbrica.

Guerra in ebraico si dice milāmāh, dalla parola leḥem che vuol dire pane, cioè combattere per il pane. La guerra viene per un appetito. Allora, qui non si tratta di non avere appetito, di essere inappetenti riguardo i conflitti umani, ma si tratta di cercare il pane quello vero. Una persona si deve sempre chiedere quando si arrabbia, quando si adira, cosa sta difendendo. Quando ci adiriamo stiamo sempre difendendo qualcosa; allora ci dobbiamo chiedere cosa stiamo difendendo, perché ci stiamo arrabbiando tanto?

La mitezza, frutto dello Spirito Santo deriva dal capire ciò che veramente è prezioso per la nostra vita, e questa è una luce che viene dallo Spirito Santo. Si deve crescere in questa luce. Allora la nostra battaglia è di un altro genere, la nostra lotta dice San Paolo non è contro le creature di carne e sangue. Il Salmo 45:3,4 dice: O prode, cingiti la tua spada al fianco, Che è la tua gloria, e la tua magnificenza; E prospera nella tua gloria, cavalca in su la parola di verità, e di mansuetudine, e di giustizia;

Combattere con queste armi implica una conoscenza della giustizia che non è la giustizia umana della bilancia sociale, ma è la giustizia del rapporto con Dio. È quella giustizia che ogni uomo ha diritto di avere: avere Dio per proprio Padre, avere Cristo per proprio Salvatore.

Quindi la mitezza come frutto dello Spirito deriva da questa esperienza che è l'aver conosciuto la paternità di Dio, aver conosciuto la salvezza di Cristo, e a quel punto difenderla con i denti, questa sì.





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