domenica 13 settembre 2020

IL PROFETA GEREMIA


Se si volesse con una parola presentare la verità principale che viene messa in evidenza nel Libro del profeta Geremia, essa non potrebbe essere che: “processo”. Non si tratta però di un processo così come comunemente avviene tra gli uomini: un’aula di tribunale, gli avvocati dell’accusa e della difesa, i testimoni, l’imputato, la giuria, il giudice, la sentenza, la pena. Dio non procede così. Il processo del Signore è singolare, anzi unico.

Il Signore ha osservato la condotta del suo popolo, che è di idolatria, immoralità, trasgressione della sua Parola, divorzio da Lui. Vede la sua sposa traditrice, infedele, che si è data a molti amanti, gli idoli. Per questi peccati la sua sposa merita la morte. Lui però non vuole la morte del peccatore. Vuole che il peccatore si converta e viva.

Cosa fa allora il Signore? Non manda zolfo e fuoco su Gerusalemme e sulle città di Giuda come fece con Sodoma e Gomorra. Manda invece il suo profeta, Geremia, perché dica al suo popolo tutti gli orrendi misfatti, invitando Gerusalemme e tutto il popolo di Giuda alla conversione, ritornando nella piena osservanza della Legge dell’alleanza, il cui primo comandamento condanna ogni forma di idolatria. Il profeta viene e svela al popolo tutti i suoi misfatti, i suoi orrendi peccati, i suoi molteplici tradimenti, il suo abbandono del Signore. Gli annuncia che per tutte queste nefandezze da esso commesse ci sarà la distruzione di Gerusalemme e di tutte le città di Giuda assieme a quattro flagelli che si abbatteranno sugli abitanti del paese: la fame, la peste, la spada, l’esilio. Tutti sono avvisati. La fine è questa.

Il popolo ritorna al suo Dio? Questi flagelli scompariranno. Il popolo non ritorna a Dio? Vi sarà in terra di Giuda devastazione, desolazione, distruzione, fuoco, peste, fame, spada, esilio. Lo stesso tempio di Gerusalemme, che è la gloria del regno, in quanto casa del Signore sulla terra, sarà profanato, incendiato, depredato. Di tutta la sua ricchezza nulla resterà. Ogni cosa sarà portata a Babilonia. Di esso resterà solo qualche rudere e così anche avverrà per Gerusalemme. Diverrà la città rifugio di sciacalli e altri animali selvatici. Tutto dipende dalla conversione, dal ritorno al Signore.

La logica del Signore è una. Essa è la stessa che troviamo all’origine del tempo e della storia, non appena l’uomo è stato creato: “Se ne mangi, muori”. Quello del Signore è un processo senza sentenza, poiché la sentenza è già stata pronunciata il giorno dell’Alleanza stipulata tra Lui e il suo popolo. La pena è già sentenziata così come anche il premio. Ma tutta la Scrittura procede per “latae sententiae”, per sentenza emessa nell’atto stesso di iniziare la vita, dopo il disastro degli inizi che ha portato la rovina nell’umanità.

Ma anche nel Vangelo troviamo la stessa logica. Tutti i giudizi e i processi a cui il Vangelo ci fa assistere, non sono forse tutti di “latae sententiae”? Non rivelano già quale sarà la nostra fine, qualora il patto non sia osservato? Non sappiamo che Gesù in persona, ci dirà: “Non vi conosco. Allontanatevi da me voi, operatori di iniquità?”. Ogni discorso di Gesù sul futuro dell’uomo non è forse un annuncio di ciò che avverrà domani se non ci si converte alla sua Parola e non si vive secondo norme e regole da Lui offerte all’uomo?

Dio sentenzia prima che la storia si compia, prima che le scelte vengano operate.

Pertanto, il processo che Dio fa al suo popolo nel libro di Geremia, non è un processo per emettere una sentenza. Essa è già stata emessa. È invece un processo per trovare un qualche motivo, una qualche ragione perché la sentenza venga revocata. Prove perché la sentenza venga revocata non ne esistono. Per questa ragione, il Signore chiama Geremia, lo costituisce profeta, lo manda in mezzo al suo popolo, perché sia lui a creare una prova che sia sufficiente per la non applicazione della sentenza di distruzione già emessa dal Signore al momento della stipula del patto dell’alleanza.

Così l’invio del profeta si rivela come atto di misericordia del Signore. Per la sua opera, il Dio d’Israele dovrà essere messo nelle condizioni di poter far grazia al suo popolo disobbediente, infedele, idolatra, trasgressore della giustizia.

Il profeta con la sua parola, il suo convincimento, anche lasciandosi perseguitare, insultare, condannare, incarcerare, deve impedire che la sentenza del Signore si compia. È questa la sua missione. Dio vigila sulla sua Parola. Il profeta deve impedire che il popolo perisca. Per questo Geremia è mandato. Se lui riuscirà a convertire il suo popolo, il Signore non potrà più applicare la sua sentenza, dovrà necessariamente perdonare, così come avvenne per il popolo di Ninive.

Purtroppo la missione di Geremia risulterà vana. Il popolo non solo non si converte, si ribella e si ostina nella sua idolatria, nella sua immoralità. La sentenza viene applicata, il popolo distrutto, Gerusalemme rasa al suolo, i suoi tesori presi e trasportati in Babilonia. Nel pieno fallimento della missione del suo profeta, il Signore rivela che Lui ha nel cuore di rifondare ogni cosa. Lui stipulerà una nuova alleanza. Nuova nelle forme, nei contenuti, nelle modalità, nuova nella sua verità, nuova in ogni cosa. Questa nuova alleanza darà all’uomo un cuore nuovo, nel quale il Signore ogni giorno scriverà la sua legge.

Questa rivelazione è l'apice di Dio. Dopo questa nuova alleanza, non vi è più altra rivelazione. Dio si ferma perché in essa dona tutto se stesso. Si dona nel Figlio fino alla morte, alla morte della croce.

Il Padre ha dato a Gesù Cristo dodici Apostoli e settanta discepoli. Cristo li ha formati, illuminati, ammaestrati sul suo mistero, dicendolo e mostrandolo compiuto sulla Croce e con la gloriosa risurrezione. Ha anche mandato lo Spirito Santo, come sorgente e fonte di nuova vita. Lo Spirito Santo, come Spirito di nuova creazione, è stato spirato sugli Apostoli, perché d’ora in poi siano essi a spirarlo sul mondo. Quanto ha fatto Cristo, dovrà operarlo ogni suo discepolo.

Essi ogni giorno dovranno chiedere al Padre che mandi degli operai nella sua messe. Se il cristiano non diviene strumento nelle mani del Signore, Dio dovrà vigilare perché la sentenza sia eseguita in ogni sua parte ed è l’inferno per i molti. Preghiamo e supplichiamo per la Chiesa, che in molti suoi figli è divenuta insipida, buona a nulla, perché riprenda la sua vera natura di sale e porti la Sapienza salvatrice e redentrice in questo mondo già condannato alla morte eterna.

Nessun commento:

Posta un commento