venerdì 11 settembre 2020

LA DOMENICA


La domenica

La domenica cristiana nasce come memoriale della Risurrezione: il suo nome deriva infatti dal greco 

Kyriakē hemēra, «giorno del Kyrios», del Signore vittorioso ovvero Risorto, tradotto poi in latino con Dominicus o Dominica dies.

Si cominciò a celebrarla il primo giorno dopo il Sabato ebraico perché in esso il Risorto apparve ai discepoli per la prima volta. Sicché la riunione domenicale con la celebrazione eucaristica rievoca l'incontro dei primi credenti con il Cristo risorto nel quale si realizza in pienezza la parola di Gesù: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro».

Gli Atti degli Apostoli (20:7) testimoniano che la domenica era già praticata al tempo dei viaggi di san Paolo: «Il primo giorno della settimana ci eravamo riuniti a spezzare il pane e Paolo... conversava con loro...».

La stretta unione fra la domenica e la risurrezione di Cristo è testimoniata dalla tradizione dei primi secoli. «Giorno della risurrezione del Signore» la definisce Tertulliano; Eusebio di Cesarea: «giorno della risurrezione salvifica del Cristo», e perciò, soggiunge, «ogni settimana, nella domenica del Salvatore, noi celebriamo la festa della nostra pasqua»; e san Girolamo: «La Domenica è il giorno della Risurrezione, è il giorno dei cristiani, è il nostro giorno».

Originariamente coesisteva con il sabato in alcune comunità che li osservavano entrambi, l'uno come memoria della creazione, l'altro della Risurrezione. Ma con la polemica contro i giudaizzanti di san Paolo «Nessuno dunque vi condanni più in fatto di cibo o di bevande, o riguardo a feste, a noviluni e a sabati; tutte queste cose sono ombre delle future, ma la realtà è invece Cristo» - le comunità di provenienza ellenistica non si sentirono più obbligate al riposo sabbatico né lo trasferirono alla domenica.

La pratica della domenica consisteva inizialmente nell'obbligo di pregare insieme con entusiasmo e nella celebrazione dell'eucaristia. «Questo pasto» scriveva san Giovanni Crisostomo «è un pasto di unione fraterna perché tutti vi prendono parte come al Signore stesso. Astenersi da questo pasto significa separarsi dal Signore: il pasto domenicale è quello che noi prendiamo in comune con il Signore e i fratelli».

La si festeggiava in due distinte riunioni, l'una all'alba, durante la quale si cantava un inno a Cristo e ci si impegnava con un giuramento alla pratica delle virtù morali; l'altra la sera, quando si consumava un pasto celebrandovi l'eucaristia. Queste notizie le ricaviamo da una lettera di Plinio il Giovane, procuratore di Bitinia nell'Asia Minore, indirizzata nel 112 all'imperatore Traiano. Plinio aggiunge che fece applicare l'ordine imperiale che proibiva i pasti collettivi. Sopprimendoli, si spinsero i cristiani a separare il sacramento eucaristico dall'agape, così che non si celebrò più l'eucaristia durante il pasto collettivo a imitazione dell'Ultima Cena.

Da quel momento, l'eucaristia fu celebrata al mattino dopo le preghiere cantate, gli insegnamenti e la confessione dei peccati. L'interdizione di Traiano avrebbe così contribuito alla costituzione essenziale della messa nelle sue due parti, la prima con la riunione di genere sinagogale, la seconda con il sacramento del pane e del vino.

Tuttavia, a partire dal secolo IV, per motivi non chiari, cominciò in alcuni gruppi un ritorno graduale alle usanze sabbatiche. In alcune comunità, a imitazione degli Ebioniti ebraico-cristiani, rimasti per tradizione rigidi osservanti della Legge mosaica, si celebrava il sabato con la domenica perché venivano considerati «due giorni fratelli», secondo la definizione di Gregorio di Nissa: il primo della creazione, il secondo della Risurrezione, ovvero della «seconda creazione».

Ma l'evento determinante fu la legge del 7 marzo 321 che imponeva l'obbligo civile del riposo nel «venerabile giorno del Sole» - così lo chiamava ancora Costantino - che fino ad allora era lavorativo per tutti. A partire da quella data e attraverso un processo che si sviluppò nel corso dei secoli la domenica ha assunto le caratteristiche attuali, con il duplice precetto di riposo festivo obbligatorio per i lavori detti un tempo «servili» e di partecipazione alla celebrazione eucaristica.

La messa domenicale può essere anticipata al sabato sera perché per la liturgia vige ancora la divisione antica del giorno, dall'Avemaria a un'altra, ovvero secondo la regola ebraica che il giorno va da “sera” a “sera”.

L'assunzione del riposo sabbatico nella domenica comportava logicamente anche l'assunzione del memoriale della creazione. D'altronde già Eusebio d'Alessandria aveva scritto: «in questo giorno che Dio ha cominciato le primizie della creazione del mondo e, nel medesimo giorno, Egli ha dato al mondo le primizie della risurrezione, principio della settimana». Sicché si considera giustamente la domenica come il giorno memoriale sia della prima che della seconda creazione (ricordiamo che Dio ha iniziato a creare nel primo giorno della settimana, cioè di domenica).

In essa infine è redento e illuminato anche il pagano «giorno del Sole» perché il Sole è un simbolo del Cristo, Luce che ha creato la luce all'inizio del mondo, ed è con la Risurrezione Sole di giustizia, Lumen gentium.

La domenica è dunque, analogamente allo Shabbat, memoria del passato, attuazione del presente e profezia del futuro. «Questo settimo giorno» scriveva sant'Agostino «sarà il nostro sabato la cui fine non sarà più una sera, ma una domenica come ottavo giorno che è consacrato alla risurrezione del Cristo; che prefigura il riposo non soltanto dello spirito ma anche del corpo. Là noi saremo liberi e vedremo; vedremo e ameremo; ameremo e loderemo. Ecco che cosa ci sarà alla fine senza fine».

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