La
domenica
La
domenica cristiana nasce come memoriale della Risurrezione: il suo
nome deriva infatti dal greco
Kyriakē
hemēra, «giorno del
Kyrios», del Signore vittorioso ovvero Risorto, tradotto poi in
latino con Dominicus
o Dominica dies.
Si
cominciò a celebrarla il primo giorno dopo il Sabato ebraico perché
in esso il Risorto apparve ai discepoli per la prima volta. Sicché
la riunione domenicale con la celebrazione eucaristica rievoca
l'incontro dei primi credenti con il Cristo risorto nel quale si
realizza in pienezza la parola di Gesù: «Dove
sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro».
Gli
Atti degli Apostoli (20:7) testimoniano che la domenica era già
praticata al tempo dei viaggi di san Paolo: «Il
primo giorno della settimana ci eravamo riuniti a spezzare il pane e
Paolo... conversava con loro...».
La
stretta unione fra la domenica e la risurrezione di Cristo è
testimoniata dalla tradizione dei primi secoli. «Giorno della
risurrezione del Signore» la definisce Tertulliano; Eusebio di
Cesarea: «giorno della risurrezione salvifica del Cristo», e
perciò, soggiunge, «ogni settimana, nella domenica del Salvatore,
noi celebriamo la festa della nostra pasqua»; e san Girolamo: «La
Domenica è il giorno della Risurrezione, è il giorno dei cristiani,
è il nostro giorno».
Originariamente
coesisteva con il sabato in alcune comunità che li osservavano
entrambi, l'uno come memoria della creazione, l'altro della
Risurrezione. Ma con la polemica contro i giudaizzanti di san Paolo
«Nessuno dunque vi
condanni più in fatto di cibo o di bevande, o riguardo a feste, a
noviluni e a sabati; tutte queste cose sono ombre delle future, ma la
realtà è invece Cristo»
- le comunità di provenienza ellenistica non si sentirono più
obbligate al riposo sabbatico né lo trasferirono alla domenica.
La
pratica della domenica consisteva inizialmente nell'obbligo di
pregare insieme con entusiasmo e nella celebrazione dell'eucaristia.
«Questo pasto» scriveva san Giovanni Crisostomo «è un pasto di
unione fraterna perché tutti vi prendono parte come al Signore
stesso. Astenersi da questo pasto significa separarsi dal Signore:
il pasto domenicale è quello che noi prendiamo in comune con il
Signore e i fratelli».
La
si festeggiava in due distinte riunioni, l'una all'alba, durante la
quale si cantava un inno a Cristo e ci si impegnava con un giuramento
alla pratica delle virtù morali; l'altra la sera, quando si
consumava un pasto celebrandovi l'eucaristia. Queste notizie le
ricaviamo da una lettera di Plinio il Giovane, procuratore di Bitinia
nell'Asia Minore, indirizzata nel 112 all'imperatore Traiano. Plinio
aggiunge che fece applicare l'ordine imperiale che proibiva i pasti
collettivi. Sopprimendoli, si spinsero i cristiani a separare il
sacramento eucaristico dall'agape, così che non si celebrò più
l'eucaristia durante il pasto collettivo a imitazione dell'Ultima
Cena.
Da
quel momento, l'eucaristia fu celebrata al mattino dopo le preghiere
cantate, gli insegnamenti e la confessione dei peccati.
L'interdizione di Traiano avrebbe così contribuito alla costituzione
essenziale della messa nelle sue due parti, la prima con la riunione
di genere sinagogale, la seconda con il sacramento del pane e del
vino.
Tuttavia,
a partire dal secolo IV, per motivi non chiari, cominciò in alcuni
gruppi un ritorno graduale alle usanze sabbatiche. In alcune
comunità, a imitazione degli Ebioniti ebraico-cristiani, rimasti per
tradizione rigidi osservanti della Legge mosaica, si celebrava il
sabato con la domenica perché venivano considerati «due giorni
fratelli», secondo la definizione di Gregorio di Nissa: il primo
della creazione, il secondo della Risurrezione, ovvero della «seconda
creazione».
Ma
l'evento determinante fu la legge del 7 marzo 321 che imponeva
l'obbligo civile del riposo nel «venerabile giorno del Sole» - così
lo chiamava ancora Costantino - che fino ad allora era lavorativo per
tutti. A partire da quella data e attraverso un processo che si
sviluppò nel corso dei secoli la domenica ha assunto le
caratteristiche attuali, con il duplice precetto di riposo festivo
obbligatorio per i lavori detti un tempo «servili» e di
partecipazione alla celebrazione eucaristica.
La
messa domenicale può essere anticipata al sabato sera perché per la
liturgia vige ancora la divisione antica del giorno, dall'Avemaria
a un'altra, ovvero secondo la regola ebraica che il giorno va da
“sera” a “sera”.
L'assunzione
del riposo sabbatico nella domenica comportava logicamente anche
l'assunzione del memoriale della creazione. D'altronde già Eusebio
d'Alessandria aveva scritto: «in questo giorno che Dio ha cominciato
le primizie della creazione del mondo e, nel medesimo giorno, Egli ha
dato al mondo le primizie della risurrezione, principio della
settimana». Sicché si considera giustamente la domenica come il
giorno memoriale sia della prima che della seconda creazione
(ricordiamo che Dio ha iniziato a creare nel primo giorno della
settimana, cioè di domenica).
In
essa infine è redento e illuminato anche il pagano «giorno del
Sole» perché il Sole è un simbolo del Cristo, Luce che ha creato
la luce all'inizio del mondo, ed è con la Risurrezione Sole di
giustizia, Lumen gentium.
La
domenica è dunque, analogamente allo Shabbat, memoria del passato,
attuazione del presente e profezia del futuro. «Questo settimo
giorno» scriveva sant'Agostino «sarà il nostro sabato la cui fine
non sarà più una sera, ma una domenica come ottavo giorno che è
consacrato alla risurrezione del Cristo; che prefigura il riposo non
soltanto dello spirito ma anche del corpo. Là noi saremo liberi e
vedremo; vedremo e ameremo; ameremo e loderemo. Ecco che cosa ci sarà
alla fine senza fine».
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