domenica 12 maggio 2019

ISAIA 66


Isaia 66



Si dice in ambiente di sionismo cristiano e di teologia dispensazionalista che una profezia biblica si è adempiuta quando Israele è diventata nazione nel 1948, e che questo evento "ha riavviato il tempo profetico (o l’orologio) di Dio". Due passaggi della Scrittura avrebbero, così dicono, predetto quell'evento, Is. 66:7-9 e Mat. 24:32,33. Questo non è vero, ed entrambi i passaggi hanno un messaggio completamente diverso.

Isaia 66:5-12


Molti credono che Isaia abbia predetto gli eventi del 1948, in particolare i vv. 7-9, e sostengono che Isaia abbia previsto la nascita dell'Israele nazionale "in un giorno".

Isaia 66:5 Ascoltate la parola dell'Eterno, voi che tremate alla sua parola. I vostri fratelli che vi odiano e vi scacciano a motivo del mio nome, dicono: 'Si mostri l'Eterno nella sua gloria, perché possiamo vedere la vostra gioia!' Ma essi saran confusi.
Isaia 66:6 Uno strepito esce dalla città, un clamore viene dal tempio. È la voce dell'Eterno, che dà la retribuzione ai suoi nemici.
Isaia 66:7 Prima di provare le doglie del parto, ella ha partorito; prima che le venissero i dolori, ha dato alla luce un maschio.
Isaia 66:8 Chi ha udito mai cosa siffatta? chi ha mai veduto alcun che di simile? Un paese nasce in un giorno? una nazione viene alla luce in una volta? Ma Sion, non appena ha sentito le doglie, ha subito partorito i suoi figli.
Isaia 66:9 Io che preparo la nascita non farei partorire? dice l'Eterno; Io che faccio partorire chiuderei il seno materno? dice il tuo Dio.
Isaia 66:10 Rallegratevi con Gerusalemme e festeggiate a motivo di lei, o voi tutti che l'amate! Giubilate grandemente con lei, o voi tutti che siete in lutto per essa!
Isaia 66:11 onde siate allattati e saziati al seno delle sue consolazioni; onde beviate a lunghi sorsi e con delizia l'abbondanza della sua gloria.
Isaia 66:12 Poiché così parla l'Eterno: Ecco, io dirigerò la pace verso di lei come un fiume, e la ricchezza delle nazioni come un torrente che straripa, e voi sarete allattati, sarete portati in braccio, carezzati sulle ginocchia.

V. 5:

Ora il Signore sta per giudicare Gerusalemme, emette il suo giusto giudizio sul suo popolo. Inizia con il rivelare i pensieri malvagi del cuore. Ascoltate la parola del Signore, voi che tremate alla sua parola. Chi trema alla parola del Signore? Trema chi è pieno del santo timore di Dio. Trema chi sa che ogni parola di Dio infallibilmente si compie sia nella benedizione che nella maledizione, sia nella morte che nella vita.

Il Signore rivela le parole stolte di quanti odiano i giusti d’Israele, perché sono fedeli alla sua parola e tremano dinanzi alla sua verità. Non solo i giusti sono odiati, ma anche respinti a causa del nome del Signore. Essi sono odiati e respinti perché rimangono fedeli al loro Dio. Ecco cosa dicono i nemici dei giusti: Si mostri l’Eterno nella sua gloria, perché possiamo vedere la vostra gioia. Mostri il Signore la sua potenza e crederemo.

La risposta del Signore è immediata. Quanti sfidano il Signore, quanti odiano e respingono i suoi fedeli saranno confusi. Mai sarà confuso chi spera nel Signore. Sempre il Signore sarà suo aiuto, suo baluardo, sua potente difesa, suo tutto. Sempre il Signore sarà sua vita.

Questa è la consolazione del Signore per coloro che sono perseguitati e odiati per il suo nome. Questo si applica molto bene alla situazione del primo secolo quando gli apostoli e la chiesa primitiva furono avversati dai capi religiosi di Israele perché predicavano il Vangelo. Infatti Isaia dice: "i vostri fratelli vi odiano… vi scacciano". Non sono nemici esterni.

V. 6: La risposta è immediata: Giunge un rumore, un frastuono dalla città, un rumore dal tempio: è la voce del Signore, che dà la ricompensa ai suoi nemici. Dio risponde dal suo tempio con voce possente, voce che si espande in tutta la città. Tutti ascoltano e tutti odono. Il Signore giudica i suoi nemici. Li giudica e dà loro la ricompensa.

Chi sono i suoi nemici qui? Sono i vostri fratelli del verso precedente. Sono le autorità religiose che perseguitano i seguaci di Cristo. Questi sono i nemici che vengono ripagati al momento della caduta del tempio:

"Guai a voi, scribi e farisei ipocriti ... figli di coloro che uccisero i profeti ... ecco, io vi mando dei profeti e dei savi e degli scribi; di questi, alcuni ne ucciderete e metterete in croce; altri ne flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città, affinché venga su voi tutto il sangue giusto sparso sulla terra … io vi dico in verità che tutte queste cose avverranno su questa generazione" (Mat. 23:29-36).

"…anche voi avete sofferto dai vostri connazionali le stesse cose che quelle chiese hanno sofferto dai Giudei, i quali hanno ucciso e il Signor Gesù e i profeti, hanno cacciato noi, e non piacciono a Dio, e sono avversi a tutti gli uomini, vietandoci di parlare ai Gentili perché siano salvati. Essi vengono così colmando senza posa la misura dei loro peccati; ma ormai li ha raggiunti l'ira finale" (1Tes. 2:14-16).

Finché l’uomo non giunge al punto del non ritorno, sempre il Signore manifesta tutta la sua misericordia concedendo la grazia della conversione. Quando il punto del non ritorno è oltrepassato, Dio non fa più nulla. L’uomo è tutto ormai del male. Non può più essere del bene. È tenebra eterna.

V. 7: Il Signore ora rivela al suo popolo quanto è potente e tempestiva la sua opera. Nel tempo tutto avviene con il tempo, ma il Signore può saltare il tempo. Prima di provare i dolori, ha partorito. Prima che le venissero i dolori, ha dato alla luce un maschio.

Una donna sempre partorisce a suo tempo. Inoltre partorisce sempre nel dolore. Invece Dio annuncia che vi è un parto prima di provare i dolori. Prima che venissero i dolori, è nato un figlio maschio. Questo figlio maschio, nella metafora profetica di Isaia, è simbolo del nuovo mondo che il Signore intende creare. Il mondo nuovo è un suo frutto, una sua opera. Quando il Signore decide che il tempo giunge alla sua pienezza, all’istante la pienezza viene e Lui opera quanto ha deciso nel suo consiglio eterno. San Paolo usa questa espressione – pienezza dei tempi – per indicare la nascita del Figlio di Dio da donna. I tempi si compiono e il Figlio nasce.

V. 8: Isaia vede una donna, identificata come Sion. Essa dà alla luce "un maschio" ma dà alla luce anche dei "figli". Una nazione nasce "in un giorno" e "in una volta" (v. 8).

Nel contesto di Isaia, il Signore vuole che il suo popolo confessi che è Lui l’autore della vita nuova del popolo. Vita nuova che è la liberazione dall’esilio di Babilonia. Chi ha udito mai cosa siffatta? chi ha mai veduto alcun che di simile? Nessuno le ha mai viste, perché queste cose non appartengo all’uomo. Un paese nasce in un giorno? una nazione viene alla luce in una volta? È la repentinità, la subitaneità, l’immediatezza, il segno dell’opera di Dio.

Ma Sion, non appena ha sentito le doglie, ha subito partorito i suoi figli. La fede è intelligenza, sapienza, discernimento:

Apocalisse 12:5 Ed ella partorì un figlio maschio, che ha da reggere tutte le nazioni con verga di ferro…
Apocalisse 12:17 E il dragone si adirò contro la donna e andò a far guerra col rimanente della progenie d'essa, che serba i comandamenti di Dio e ritiene la testimonianza di Gesù. 

Quando si usa la storia per sostenere la falsità, quando la falsità viene costruita ad arte, allora è segno che l’uomo rinuncia ad essere uomo. L’uomo è mente, prima che volontà. È cuore, prima che istinto corrotto. Cuore e mente sono ordinati alla scoperta della verità e al suo amore. Se l’uomo distrugge la verità, odia la verità, impone la falsità, è segno che dall’umanità è passato all’antiumanità, all’anticristo.

Quando la stampa che è preposta alla scoperta della verità, diviene costruttrice di falsità, creatrice di falsità, è segno che l’uomo è morto. Una interpretazione biblica fatta da uomini morti mai potrà costruire la vera umanità che sempre si edifica sulla verità storica per la quale si giunge alla verità divina.

Non ci vuole molto per comprendere, al di là dal contesto storico di Isaia, che la nascita del figlio maschio si riferisce alla nascita di Gesù e i figli partoriti si riferiscono al giorno di Pentecoste, quando 3000 ebrei ascoltarono Pietro predicare il Vangelo e credettero (Atti 2:41).

V. 9: Il Signore rivela al suo popolo qual è la sua azione nella storia. Nulla avviene senza di Lui. Tutto si compie per Lui. Tutto il bene è sua opera.

Io che preparo la nascita non farei partorire? dice l'Eterno. Se Dio inizia un’opera la porta sempre a compimento. Lui non lascia il lavoro a metà. Io che faccio partorire chiuderei il seno materno? dice il tuo Dio. Dio fa generare e partorire. È questa la differenza tra gli uomini e Dio. Dio inizia e sempre porta a compimento. Promette e realizza. Dice e fa.

V. 10: Quanti amano Gerusalemme sono invitati a rallegrarsi. Il Signore viene per ridarle il suo antico splendore. Rallegratevi con Gerusalemme e festeggiate a motivo di lei, o voi tutti che l'amate! Giubilate grandemente con lei, o voi tutti che siete in lutto per essa! Come eravate in lutto per la sua distruzione, la sua rovina, la sua solitudine, così dovete moltiplicare la gioia e l’esultanza per la sua ritrovata gloria.

Gerusalemme non ritrova la gloria da se stessa. È il Signore che la riveste di gloria, la ricostruisce, la esalta, la ricolma di figli. La profezia è di una chiarezza divina. Gerusalemme nulla può fare per se stessa. Essa è un ammasso di rovine, è desolata, priva di ogni cosa. Il Signore viene e nel suo amore la ricostruisce, le dona splendore, la veste di gloria, la ricolma di prosperità e di ogni benedizione, le dona i suoi molti figli. Tutto in essa è per la mano misericordiosa e piena di carità e di amore del suo Dio. Niente proviene da essa. È il Signore che la rende ricca di gloria.

V. 11: Gerusalemme ora viene presentata come una madre che consola i suoi figli, che li nutre e li sazia di consolazioni allattandoli al suo seno. Onde siate allattati e saziati al seno delle sue consolazioni; onde beviate a lunghi sorsi e con delizia l'abbondanza della sua gloria.

È la città della consolazione, della delizia, della gioia. Non è più la città del lutto, della devastazione, della desolazione, della morte. Questo avviene non perché essa si sia fatta da sé, ma perché il Signore l’ha fatta. Gerusalemme da de stessa si è fatta solo città di morte e di lutto.

Se Gerusalemme può consolare i suoi figli allattandoli al seno della sua letizia e gioia, è perché il Signore l’ha fatta città della vita, liberandola dalla sua morte.

Vv. 12,13: a questa donna viene data "la pace… come un fiume", e la "ricchezza delle nazioni" (v. 12). Ecco la grande promessa che il Signore fa a Gerusalemme, da Lui costituita, resa, fatta città della consolazione e della pace. La inonda di ricchezze. Tutte le ricchezze dei popoli, tutta la loro gloria sarà trasferita dal Signore nella Città della consolazione della vita. Ma è il Signore che farà tutto questo.

Cosa vuol dire il Signore con queste parole? La verità racchiusa in esse è semplicemente divina: lasciarsi nutrire, allevare solo da Lui. Lasciarci costruire da Lui e non da noi. Lasciarci condurre da Lui e non da noi.

È interessante notare che quelli che insistono nel dire che questa è la profezia di Israele che ritorna ad essere nazione nel 1948, sono fissi sull'obiettivo di uno "stato ebraico" e sono felici nel vedere tutti i gentili scacciati da Israele. Ma la Gerusalemme che Isaia vede è segnata dalla gloria dei Gentili - dei Gentili che trovavano salvezza in Cristo.

Coloro che si nutrono da questa donna sono portati in braccio e carezzati sulle ginocchia. Dio li conforta a Gerusalemme come un bambino è confortato dalla propria madre.

In quale altro luogo la Scrittura raffigura Sion come la madre del popolo di Dio? E a quale Gerusalemme si riferisce, quella terrena o quella celeste?

"queste donne sono due patti, l'uno, del monte Sinai, genera per la schiavitù, ed è Agar. Infatti Agar è il monte Sinai in Arabia, e corrisponde alla Gerusalemme del tempo presente, la quale è schiava coi suoi figli. Ma la Gerusalemme di sopra è libera, ed essa è nostra madre" (Gal. 4:24-26).

Nel versetto successivo Paolo cita Is. 54:1, un passaggio che è parallelo a Isaia 66:

"Poiché è scritto: Rallegrati, o sterile che non partorivi! Prorompi in grida, tu che non avevi sentito doglie di parto! Poiché i figli dell'abbandonata saranno più numerosi di quelli di colei che aveva il marito" (Gal. 4:27).

Osserviamo come Paolo interpreta Is. 54:1.

"Ora voi, fratelli, siete figli della promessa alla maniera d'Isacco. Ma come allora colui ch'era nato secondo la carne perseguitava il nato secondo lo Spirito, così succede anche ora. Ma che dice la Scrittura? Caccia via la schiava e il suo figlio; perché il figlio della schiava non sarà erede col figlio della libera. Perciò, fratelli, noi non siamo figli della schiava, ma della libera" (Gal. 4:28-31).


Is. 66:8 è parallelo a Is. 54:1, e dovrebbe essere considerato nella stessa applicazione fatta da Paolo per Is. 54:1. Isaia previde il parto e la nascita della Gerusalemme celeste (66:8-10), proprio mentre la Gerusalemme terrena andava incontro al suo giudizio (66:6). Isaia 66 non parla della restaurazione della Gerusalemme terrena per mano di ebrei increduli nel 1948. Piuttosto, rispecchia il ritiro del regno terreno dall'infedele Israele (nel 70 dC.) e la donazione del regno celeste alla santa nazione di Dio, la Chiesa, proprio come predisse Gesù (Mat. 21:43,44). Parla dell'istituzione della nuova Gerusalemme come sposa di Cristo. Questo è il punto sia di Isaia che di Paolo.

Matteo 24:32,33


"Or imparate dal fico questa similitudine: Quando già i suoi rami si fanno teneri e mettono le foglie, voi sapete che l'estate è vicina. Così anche voi, quando vedrete tutte queste cose, sappiate che egli è vicino, proprio alle porte". I dispensazionalisti amano dire che il fico rappresenta Israele, e che quando Israele è diventata nazione nel 1948, le foglie sono spuntate sui rami ed è iniziata la generazione finale. Ci sono almeno quattro problemi con questa interpretazione:

[1] Quando Paolo parla di Israele nella sua epistola ai Romani (11:17,24), si serve della metafora di un albero d’olivo, non di un albero di fico.

[2] Nel racconto di Luca, Gesù parla non solo del fico, ma di "tutti gli alberi" (Luca 21:29).

[3] Gesù parla di un albero di fico altrove in Matteo: "E la mattina, tornando in città, ebbe fame. E vedendo un fico sulla strada, gli si accostò, ma non vi trovò altro che delle foglie; e gli disse: Mai più in eterno nasca frutto da te" (Mat. 21:18,19). Alla luce di quello che Gesù disse a quel fico, bisognerebbe riflettere con molta attenzione cosa significhi l’Israele nazionale rappresentato dal fico.

[4] In Mat. 24:34 Gesù dice: "Io vi dico in verità che questa generazione non passerà prima che tutte queste cose siano avvenute". Questo certamente aveva a che fare con i rami del fico che mettevano le foglie dei versi precedenti. Giacomo vide i segni e dichiarò: "Siate anche voi pazienti; rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina… ecco, il Giudice è alla porta" (Giac. 5:8,9).

L'Israele moderno non si trova in nessuno di questi passaggi spesso citati come predizione degli eventi moderni. Alcuni di quelli che gridano più forte contro ciò che chiamano "teologia della sostituzione", hanno cercato di distorcere la profezia di Isaia sulla nascita della chiesa del nuovo patto, per riferirla alla (ri)nascita dell’Israele nazionale. La Scrittura interpreta la Scrittura per dimostrare che, mentre Dio giudicava la Gerusalemme terrena, stava stabilendo la nuova Gerusalemme per essere la madre che allatta il popolo del nuovo patto.

«Quelli che usano la Bibbia per sostenere Israele, devono fare distinzione tra la promessa di Dio e la promessa di Balfour, perché l'occupazione è il risultato di una promessa data a Israele dal signor Balfour ... e non da Dio».
(Arcivescovo Theodosios, Atallah Hanna
Arcivescovo Palestinese di Gerusalemme)
  


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