Simon Pietro occupa un
posto speciale nei cuori di molti credenti. Sorprendentemente, troviamo Pietro anche
nella letteratura rabbinica in una luce positiva.
Pietro lo Tzaddik
Iniziamo
con una sorprendente citazione di Rabbi Yehuda HaChasid, che visse dal 1150 al
1217. Scrisse un documento intitolato Sefer
Chasidim che si occupava spesso delle relazioni ebraico-cristiane dei suoi
tempi. Nella sezione 191, scrive:
Se un ebreo si converte al cristianesimo, gli
diamo un soprannome dispregiativo. Per esempio se il suo nome era Avraham, lo
chiamiamo Afram [da "lontano", polvere], o qualcosa di simile. Lo
facciamo anche con uno tzaddik, se i cristiani lo venerano - come Shimon Kipah,
che era un uomo giusto, ma che i cristiani lo hanno venerato come uno dei loro
santi, e gli diedero il nome di Pietro. Anche se era un uomo giusto [uno
tzaddik], gli ebrei gli hanno dato il soprannome di Pietro Chamor ("primo
asino", un gioco di parole su Es. 13:13).
Usando il
termine tzaddik, Rabbi Yehudah sta dando
un grande onore a Pietro. Tzaddik può
letteralmente essere tradotto "giusto" ed è usato nel giudaismo per
descrivere qualcuno che è considerato molto devoto. Nella tradizione mistica,
di cui Rabbi Yehudah faceva sicuramente parte, si pensava che lo tzaddik avesse
la capacità di far avvicinare le persone a Dio.
Pietro il poeta
Il nipote
di Rashi, Rabbenu Tam, nel suo Otzar
HaMidrashim, cita un midrash che
parla molto bene di Pietro. In questa enciclopedia di midrashim, registra una
lunga leggenda su Simon Pietro in cui si dice che "era il capo dei poeti,
e ... gli fu data grande sapienza". Con "capo dei poeti", il
midrash si riferisce a qualcuno che eccelle come autore di inni liturgici,
chiamati piyyutim. In effetti, il
midrash continua dicendo che "Pietro ha composto grandi inni per
Israele". Secondo alcune tradizioni, ce ne sono pervenuti due.
Una
preghiera scritta da Pietro è chiamata Nishmat
("Anima di"), che inizia con le parole: "L'anima di ogni essere
vivente benedirà il tuo nome". Questo splendido inno si recita alla fine
del Seder pasquale e al sabato mattina. La tradizione della paternità di Pietro
del Nishmat, era evidentemente così
forte nel Medioevo che un famoso studioso come Rashi cercò di confutarla.
Un'altra
preghiera la cui paternità si attribuisce a Pietro si chiama Eten Tehillah, ("Io darò
lode"). Il Machzor Vitri
afferma,
Dai giorni di Shimon Kefa che ha stabilito un
ordine [di servizio per] Yom Kippur, Eten Tehillah.
Questa
preghiera viene recitata nella sinagoga a Yom Kippur. Ecco alcuni suoi versi:
Potente in
forza, perdonatore dell'iniquità, grande nel consiglio e che passa sopra la
trasgressione, Egli rivela i misteri profondi, scoprendo l'oscurità; Egli siede
in un luogo segreto e vede tutto ciò che è segreto. Conoscenza e discernimento
escono dalla sua bocca, e i suoi occhi vagano, ma nessun occhio lo percepisce.
La sua parola regna e il suo dominio è per sempre; la pienezza di tutta la terra
è la sua gloria, e le altezze non possono contenerlo.
La
paternità di Pietro di Eten Tehillah
è fuor di dubbio nella letteratura rabbinica, fatta eccezione per una oscura
tradizione composta da un certo Yosse ben Yosse del IV secolo.
Il nove di Tevet
L'ultimo
riferimento a Pietro nella letteratura rabbinica che esamineremo è una
tradizione sulla data della morte di Pietro. In un elenco di varie festività ed
eventi speciali intitolati Megillat
Ta’anit ("Rotolo dei digiuni"), che risale tra l'VIII e il X
secolo dC, si parla del seguente digiuno:
Il nono giorno [di Tevet, è richiesto il
digiuno]. I rabbini non hanno registrato perché.
Tradizionalmente,
il giudaismo osserva il dieci di Tevet [il decimo mese del calendario ebraico]
come giorno di digiuno e di lutto, ma Megillat
Ta’anit afferma che si digiunava anche il nove di Tevet. Per qualche
ragione, il motivo di questo giorno sembra essere stato dimenticato. Diversi
rabbini hanno discusso la questione di questo digiuno sconosciuto e hanno offerto
varie spiegazioni, tra cui l'anniversario della morte di Esdra, o la
commemorazione del giorno in cui Ester fu portata nel palazzo del re.
C'è
un'altra spiegazione interessante per i credenti in Gesù. Lo Shulchan Aruch, codice legale degli
ebrei ortodossi, contiene una sezione che tratta del nove di Tevet. In quel
passo, Rabbi Baruch Frankel Teomim scrisse che il motivo del digiuno è che in
quel giorno morì un certo Simon HaQalfos (Orach
Chaim, 580). Rabbi Aaron di Worms, riporta di aver trovato un documento
(non più esistente) intitolato Sefer Zacharonot
che afferma che Simon HaQalfoni morì il nove di Tevet.
Chi è
questo Simon HaQalfo(s)ni? Alcuni teorizzano che potrebbe essere stato Simone
figlio di Cleopa, che Eusebio nota come vescovo di Gerusalemme nel 63-107 circa
dC (Storia Eccl. 3,11,1). Ma nella
letteratura ebraica egli è Simon Pietro. Lo scritto blasfemo e anticristiano Toledot Yeshu ("Generazioni di Gesù")
sembra essere all’origine della leggenda. Pietro compare in quel testo come
Simon Kefa. In un altro manoscritto della stessa opera (l'Huldricus) il suo
nome è Simon HaQalfos. Nell'ultima versione si dice che Pietro morì nel nove di
Tevet. Un'altra versione delle Toledot
Yeshu aggiunge una nota di chiarimento: "…e questo è Simon Cefa, che i
Gentili chiamano San Pietro".
Sembra che
nel corso degli anni ci sia stata molta confusione intorno al nome Cefa e che a
un certo punto sia stato corrotto con HaQalfos, forse confuso con Simone Cleopa.
Basandoci sulle prove di Toledot Yeshu,
tuttavia, vediamo che il mondo rabbinico identificava sicuramente l'apostolo
Pietro come Simon HaQalfos.
Altre prove
per equiparare Simon Pietro e Simon HaQalfos si possono trovare negli scritti
di Rashi. Nel suo commentario senza censura del Talmud, Rashi sembra seguire la
versione di Huldricus delle Toledot Yeshu,
ma invece di menzionare Simon HaQalfos, scrive semplicemente il nome Pietro
(commento su b. Avodah Zarah non
censurato). Pertanto, una delle spiegazioni tradizionali per il giorno di digiuno
dimenticato del nove di Tevet è che l'apostolo Pietro morì in questo giorno.
Nel giudaismo, digiunare nell'anniversario della morte di qualcuno, è un gesto
di grande rispetto per i defunti (la tradizione cristiana data la sua morte il
29 giugno).
L'apostata Pietro
Ciò fa
sorgere la domanda: perché la comunità rabbinica vorrebbe onorare la morte di
Simon Pietro, un uomo a cui hanno dato titoli onorifici come tzaddik e "capo dei poeti"? Si
possono trovare delle risposte in alcuni antichi midrashim che parlano di una
storia fantasiosa circa il nostro apostolo, e che si trovano nelle Toledot Yeshu. I racconti, di cui parla
anche Alfred Edersheim (The life and
times of Jesus the Messiah) insistono sul fatto che Pietro era un
falso-credente in Gesù e che ha finto di essere "cristiano" per
salvare Israele dall'anti-semitismo della Chiesa. Pertanto, viene dichiarato un
eroe perché persuase i cristiani a lasciare in pace gli ebrei, e così preservare
l'ebraismo. Queste leggende sono completamente inventate, in completa antitesi
con gli scritti apostolici e i fatti storici.
Leggende
come queste sono state inventate dalla comunità ebraica per delegittimare ciò
che conoscevano essere uno dei maggiori fondatori della fede cristiana: Simon Pietro.
I credenti venerano Pietro come una sorta di primo papa. Se la fede cristiana
di Pietro poteva essere dimostrata falsa, allora tutto il cristianesimo poteva
essere considerato illegittimo. Questo avrebbe rafforzato e incoraggiato gli
ebrei.
Nonostante
queste leggende inventate, è possibile che la comunità ebraica abbia preservato
una memoria collettiva dello storico Simon Pietro. Le fonti ebraiche su Simon
Pietro sono echi deboli e lontani di giorni in cui la cristianità e il
giudaismo non erano ancora separati come lo furono in seguito. Anche se deboli
e distanti, quegli echi dovrebbero servire a rafforzare la nostra fede e la sua
autenticità, vedendo alcuni importanti rabbini discutere con riverenza circa la
persona di Simon Pietro.
La Chiesa
ha stabilito il 29 giugno come giorno per onorare l’apostolo Pietro. Facciamo
memoria e cogliamo l'opportunità per rafforzare il nostro discepolato a Gesù
esaminando e meditando la vita di un uomo che ha letteralmente camminato nelle
orme di Cristo.
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