domenica 12 maggio 2019

LA PREDESTINAZIONE


La predestinazione

La predestinazione è intesa in maniera diversa dai protestanti (Lutero e Calvino) sa una parte e dai cattolici ed ebrei dalla'altra parte. Per i protestanti esiste una doppia predestinazione: essa c’è tanto per gli eletti alla vita eterna quanto per i condannati alla pena eterna. E con questo negano la libertà all’uomo, affermando che dopo il peccato originale l’uomo non è più libero, ma è come un animale da carico e va dove lo dirige chi vi monta sopra per primo: Dio o il demonio.

Per i cattolici e gli ebrei invece per predestinazione s’intende che Dio per sua pura grazia chiama gli uomini alla comunione con sé (alla vita eterna) e ad essi dà i mezzi non solo sufficienti ma anche efficaci per salvarsi.

Sicché la salvezza è opera della elezione di Dio e dell’uomo che liberamente vi acconsente. Pertanto esiste solo una predestinazione, alla salvezza non alla dannazione. Per quest'ultima S. Tommaso D’Aquino parla di riprovazione (reprobatio) e non di predestinazione. La riprovazione è la conseguenza della condotta degli uomini, della loro ribellione a Dio, ma non di una predestinazione di Dio.

Pertanto la predestinazione indica la speciale provvidenza di Dio verso coloro che accettano la sua grazia, per condurli alla vita eterna.

La predestinazione è gratuita, 
è conseguenza della volontà di Dio che vuole salvare tutti gli uomini (anche se poi non tutti si salvano); la predestinazione non è predeterminazione: essa non fa nessuna violenza alla volontà umana ma le accorda speciali aiuti in vista della salvezza eterna, che è innanzitutto dono di Dio, e secondariamente cooperazione della libertà umana. La dannazione invece è conseguenza del peccato, il quale è attribuibile solo all’uomo.

In altre parole, del fatto che alcuni si salvino lo si deve al dono di Colui che salva; mentre del fatto che altri periscano lo si deve alla loro colpa.

Rom. 9:18 sembra ammettere una doppia predestinazione: 
Così dunque Egli fa misericordia a chi vuole, e indurisce chi vuole.

Indurisce chi vuole
 non significa che Dio indurisce il cuore direttamente, causando l’ostinazione nel peccato, ma lo indurisce indirettamente, permettendo che perseveri nel peccato e cada in peccati più gravi (vedi faraone). San Paolo dice categoricamente che Dio "vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità" (1Tim. 2:4). E pertanto dà a tutti dà la grazia sufficiente per salvarsi. Ma molti ne abusano.

La predestinazione (dal latino prae + destinare, "destinare prima") è, nella prospettiva della Bibbia, la decisione presa da Dio dall'eternità di rendere possibile a tutti gli uomini la salvezza eterna, cioè la loro gloria eterna di figli di Dio. Il cammino di salvezza per arrivarci è innanzitutto la mediazione di Gesù Cristo, e, in secondo luogo la mediazione indiretta della Chiesa, che in quanto corpo di Cristo annuncia Cristo, nonché la fede di chi deve accettare la Parola annunciata.

Anche il versetto di Rom. 9:11 è stato da alcuni interpretato come la riprova dell'esistenza di una doppia predestinazione, all'elezione e alla riprovazione:

Romani 9:11 poiché, prima che fossero nati e che avessero fatto alcun che di bene o di male, affinché rimanesse fermo il proponimento dell'elezione di Dio, che dipende non dalle opere ma dalla volontà di colui che chiama,
Romani 9:12 le fu detto: Il maggiore servirà al minore;

in realtà il contesto fa capire che si parla del ruolo storico-salvifico di entità collettive, non del destino dei singoli: Esaù non ha mai servito Giacobbe.

Nella "riforma" protestante la dottrina della predestinazione occupa una posizione centrale.

Lutero, nel De servo arbitrio (1525), fa della predestinazione assoluta il sostegno della sua dottrina della giustificazione. Per lui la predestinazione consegue dalla totale corruzione dell'uomo.

La dottrina della predestinazione diventa poi anche una delle caratteristiche principali della dottrina calvinista: nell'opera "Istituzione della religione cristiana" (1559) Calvino afferma che Dio destina in partenza una parte degli uomini alla salvezza, e un'altra parte alla riprovazione; quindi Dio stesso opera, in ultima analisi, non solo tutte le buone azioni degli eletti, ma anche le cattive azioni dei dannati.

Il Concilio di Trento (1545-1563) riprende l'insegnamento del Sinodo di Orange e respinge, contro Zwingli e Calvino, l'idea della predestinazione al male.

Il tema della predestinazione va affrontato in riferimento alla morte di Gesù. Dio ha stabilito il suo disegno eterno di predestinazione includendovi la risposta libera di ogni uomo: "E davvero
in questa città, contro al tuo santo Servitore Gesù che tu hai unto, si sono radunati Erode e Ponzio Pilato, insieme con i Gentili e con tutto il popolo d'Israele, per far tutte le cose che la tua mano e il tuo consiglio avevano innanzi determinato che avvenissero" (Atti 4:27,28). Dio ha permesso le azioni derivati dal loro accecamento al fine di compiere il suo disegno di salvezza (cfr. Atti 3:17,18).

Dio ha stabilito che tutti gli uomini abbiano come traguardo finale la salvezza eterna; la fattibilità concreta della salvezza avviene attraverso la mediazione di Cristo e attraverso la mediazione della Chiesa, che è dipendente e relativa a quella di Cristo. Il singolo uomo si muove in un cammino di libertà e liberamente accoglie o non accoglie la salvezza.

KARMA DI FAMIGLIA

 

Nella terminologia religiosa e filosofica indiana, karma è il frutto o la conseguenza delle azioni compiute da una persona, e che determina il destino nella susseguente vita.

 

La Bibbia dice: «Io punisco l’iniquità dei padri sopra i figli fino alla terza o quarta generazione…».

 

In genere accade questo: il genitore ha fatto un errore, perché era inconsapevole, e comunque tutti fanno degli errori. Il figlio a sua volta fa un altro errore. Dopo di che metterà al mondo un altro figlio il quale farà un altro errore, e così via. In oriente questo si chiama karma (di famiglia).

 

Un antico proverbio orientale dice: semina un pensiero e raccoglierai un’azione, semina un’azione e raccoglierai un’abitudine, semina un’abitudine e raccoglierai un carattere, semina un carattere e raccoglierai un destino.

 

Ogni pensiero tende per sua natura a ripetersi e poi a trasformarsi in azione. Il pittore pensa il quadro prima di dipingerlo. Ogni azione ripetuta genera automatismo o abitudine, ogni abitudine viene a far parte del nostro carattere e quindi diventa la nostra personalità, influenzando tutta la nostra vita, e pertanto il nostro destino. Ma allora il libero arbitrio esiste o non esiste dato che siamo così condizionati?

 

Se il destino non si può cambiare il libero arbitrio non esiste, se si può cambiare allora esiste. Si può cambiare il proprio destino? La risposta è sì! Ma si può cambiare solo se si cambia il proprio modo di pensare e quindi di vedere la realtà, ma non si può cambiare il proprio modo di pensare senza prima aver fatto un’attenta auto-osservazione dei propri comportamenti (bisogna andare a ritroso). Tutto nasce dal pensiero.

 

Chi semina gramigna non raccoglie grano; se noi seminiamo pensieri e azioni negative, non raccoglieremo cose positive.

 

Adesso ritorniamo alla catena del genitore, del figlio, del figlio del figlio che accumula sempre più errori. Prendiamo l’ultimo figlio di questa catena. Se questo figlio ha fortuna - se ci sono le circostanze, magari incontra un maestro, una persona, una situazione - ha un momento di risveglio, gli si apre una possibilità di interrompere la catena.

 

Se un figlio, per esempio, anziché adempiere a un desiderio egoista di una madre 1) riesce a vederlo, 2) non sviluppa il desiderio di punirla ma prova compassione per la propria madre, quindi vuole aiutare sua madre, non vuole combattere con il suo ego, e dunque il figlio esercita amore verso la propria madre, a questo punto il figlio cambia la storia della sua famiglia. Questa è la guarigione.

 

La guarigione cos’è? È portare giustizia. Ci sono due tipi fondamentali di giustizia, la giustizia punitiva e la giustizia riparativa. La giustizia punitiva dice: tu hai sbagliato mamma, quindi sei in colpa, quindi la devi pagare, così te la farò pagare. Questo tipo di giustizia è un’ingiustizia, è la giustizia dell’ego.

 

La giustizia riparativa è tutta un’altra cosa. Il figlio vede ciò che ha fatto la madre, ma lo vede dal punto di vista di persona rinata, perché ha avuto la fortuna di aprire il proprio cuore. Quando il cuore si apre, allora non c’è spazio per il risentimento, e se io vedo mia madre che ha fatto qualcosa che mi ha ferito, capisco che questo nasce dalle ferite di mia madre. Ma io questo lo posso capire solo se il mio cuore è aperto. Se il mio cuore è chiuso non guardo la sofferenza dell’altro, guardo solo la mia. E allora dico, siccome tu mi hai fatto soffrire, alla prima occasione te la faccio pagare.

 

Peccato che chi fa questo ragionamento non sa che si sta condannando da solo, perché la rabbia che esce da me, inquina me più di chiunque altro. «È quello che esce dall’uomo che contamina l’uomo; poiché è dal di dentro, dal cuore degli uomini, che escono cattivi pensieri… escono dal di dentro e contaminano l’uomo» (Mar. 7:20-22).

 

Ecco allora che la guarigione è il perdono: ama il prossimo tuo come te stesso. Se tu ami, fai del bene a te stesso... e interrompi il karma. Quante volte devo perdonare? ho già perdonato sette volte. La risposta: perdonate settanta volte sette, cioè sempre.

 

Noi dal vecchio uomo (= ego) non possiamo perdonare, il vecchio uomo è vendicativo. Ma l’uomo nuovo in quanto nato da Dio può perdonare. Allora il figlio può perdonare la madre, e questo è un atto religioso. Religione significa rilegare, tornare al legame, con cosa? Con l’origine.

 

Il perdono è un atto divino, e chi perdona ha raggiunto una intelligenza che unisce la mente e il cuore. Questa si chiama intelligenza spirituale:

 

Colossesi 1:9 Perciò anche noi, dal giorno che abbiamo ciò udito, non cessiamo di pregare per voi, e di domandare che siate ripieni della profonda conoscenza della volontà di Dio in ogni sapienza e intelligenza spirituale,

Colossesi 1:10 affinché camminiate in modo degno del Signore per piacergli in ogni cosa, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio;

 

 

Se Dio si rivela divinamente per comunicare ciò che solo divinamente può essere conosciuto, possiamo capirlo? No! Se per insegnarvi il turco io parlassi il turco voi capireste il turco? No, sentireste tanti suoni e basta.

 

Per insegnarvi il turco io devo parlarvi in italiano e accompagnare alle espressioni italiane l’analogo turco. Alla fine con la ripetizione si capisce che c’è un abbinamento e poi quando uno ha imparato il turco, insieme al suo insegnante non parlano più in italiano ma parlano in turco.

 

Lo stesso meccanismo si applica alla rivelazione: se Dio rivela il proprio pensiero, che conosce soltanto lui in quanto Dio, se lo comunica a me, non lo fa nella lingua divina, non potrei comprendere.

 

Quindi Dio rivela il proprio pensiero divino, cioè se stesso, passando attraverso la lingua degli uomini, ma per insegnarci il pensiero divino, non per insegnarci il linguaggio umano che usiamo già. Se Dio ci insegnasse dei pensieri/concetti umani, non ci sarebbe bisogno di una rivelazione. Non ci serve una rivelazione per insegnarci delle verità che conosciamo già.

 

Ma se Dio rivela il pensiero divino attraverso il linguaggio umano, è la medesima pedagogia dell’insegnante di turco che insegna il turco attraverso l’italiano. Alla fine bisogna parlare in turco, alla fine della rivelazione divina l’uomo incomincia a pensare come pensa Dio: si pensa e si parla divinamente.

 

Dio è eterno, allora per capire la rivelazione divina bisogna che noi assumiamo il punto di vista di Dio. Ma per avere il punto di vista di Dio bisogna essere Dio, ecco perché l’uomo ha il destino di essere divinizzato/cristificato affinché viva divinamente. A questo siamo predestinati.

 

 

Il fatto che il 90% delle chiese provenienti dalla riforma protestante hanno idee ben diverse su questo destino umano, è la dimostrazione non solo che sono eretiche, ma che neanche hanno il diritto di essere considerate chiese. Anche perché non esistono le chiese, la esiste l’unica chiesa voluta da Cristo.

 

La libertà dell’uomo nella libertà di Dio.

 

Sul tema della predestinazione, tanti hanno ceduto intellettualmente, perché predestinazione significa: se Dio è onnipotente noi cosa possiamo fare? Possiamo contrastare l’onnipotenza? No. C’è l’inferno e c’è il paradiso e quindi c’è una onnipotenza che porta qualcuno in paradiso e qualcuno all’inferno. Come si fa ad ammettere che questa onnipotenza lasci che qualcuno vada in paradiso e lasci che qualcuno vada all’inferno? L’Onnipotente sta lì a braccia conserte che guarda quello che va all’inferno e quello che va in paradiso? Questa è una condizione disdicevole a pensarsi rispetto a Dio. Quindi sembra che siamo posti di fronte a questa alternativa: o fa tutto Dio o facciamo tutto noi. Se fa tutto Dio la nostra libertà sparisce, se facciamo tutto noi sparisce la libertà di Dio e Dio è uno spettatore. Se Dio è uno spettatore non puoi neanche pregarlo. Se gli dici: aiutami, ti risponde: fai tu, io ti guardo.

 

Ma anche nell’altro caso, se fa tutto Dio, che senso ha pregarlo? Se uno è destinato all’inferno anche se prega ci va. Capite che se non vogliamo cedere intellettualmente davanti a questo tema, ci deve essere un fraintendimento. Il fraintendimento è parlare di Dio la cui libertà precede quella dell’uomo. Pre-destinazione, pre-cede. La libertà di Dio viene prima della libertà dell’uomo, ma se la libertà di Dio precede quella dell’uomo (la quale consegue), la libertà dell’uomo che libertà è? Oppure, se la libertà dell’uomo è vera libertà, allora la libertà di Dio è spettatrice, non fattrice. Problema delicatissimo.

 

O io o Dio. O la mia libertà o la libertà di Dio. Scelgo la mia libertà dunque non c’è la libertà di Dio. O io sono dipendente o io faccio dipendere da me.

Capite che c’è qualcosa che non funziona dal punto di vista dell’impostazione, ed è quel pre- (che vuol dire “prima”). Quindi dobbiamo togliere di mezzo quel pre-. La libertà dell’uomo è nella libertà di Dio; è prima o dopo? Sono insieme. Non c’è più un’azione antecedente di Dio sul nostro decidere.

 

Ma come funziona? Cioè come può la nostra libertà essere nella libertà di Dio, e nello stesso tempo la libertà di Dio non è spettatrice?

 

La grazia santifica, e divinizza e salva l’uomo, la grazia è conferita da Dio all’uomo, e dunque ovviamente è Dio che salva, è Dio che divinizza, è Dio che santifica l’uomo. È un’azione che Dio compie sull’uomo. Dio attivo e l’uomo passivo. Ma allora questo non è un riproporre la libertà di Dio rispetto a quella dell’uomo?

 

Facciamo un esempio. Siete capaci di cuocere un uovo sodo? Che cosa ci vuole? Ci vuole l’acqua (ma l’acqua da sola bagna l’uovo). Ci vuole il fuoco (ma il fuoco da solo brucia l’uovo). Ci vuole l’uovo dentro l’acqua del pentolino che va messo sul fuoco, che scalda l’acqua la quale cuoce l’uovo. Si può dire che la cottura dell’uovo è dovuta al fuoco? No, il fuoco brucia. Si può dire che la cottura dell’uovo è dovuta all’acqua? No, l’acqua bagna. Allora a chi è dovuta la cottura dell’uovo? Ci vuole sia il fuoco che l’acqua, ma di per sé chi cuoce l’uovo è l’acqua calda. Ma perché l’acqua sia calda ci vuole il fuoco. Ma l’acqua deve bollire, e per bollire ci vuole una intensità di fuoco. Quindi, per cuocere l’uovo ci vuole l’acqua bollente (è questo che cuoce l’uovo), e per far bollire l’acqua ci vuole un fuoco potente.

 

Fuoco potente, acqua bollente. Potenza di Dio, potenza dell’uomo. C’è una grande libertà dell’uomo? Vuol dire che sotto c’è un fuoco potente (l’onnipotenza di Dio). Se applichiamo questa idea alla salvezza, possiamo dire che la salvezza è la cottura dell’uovo, a chi è dovuta la cottura dell’uovo? All’acqua bollente, alla nostra libertà. Ma se togli il fuoco l’uovo non si cuoce. È come se vi fosse un concorso salvifico, l’azione di Dio e l’azione dell’uomo.

 

Però questo concorso salvifico bisogna stare attenti a come lo si pensa. Ci sono state due linee teologiche.

1 – Dio e l’uomo concorrono alla salvezza. 50% Dio e 50% l’uomo.

 

2 - Ma ti pare che Dio concorra solo al 50%? Dio e l’uomo hanno la stessa forza? Allora bisogna pensare che Dio, prevedendo la collaborazione dell’uomo nell’accettazione della grazia… se Dio prevede che Federico accetterà la grazia se Dio gliela dà, allora Dio gli dà la grazia e questo qui si salva. Se invece prevede che non collaborerà, non gli dà la grazia e quello lì non si salva. Quindi viene salvaguardato il fatto che è Dio che dà la grazia che salva, ma viene anche salvaguardata la responsabilità dell’uomo, perché Dio prevede che quell’uomo collaborerà e allora gli dà la grazia, ma se prevede che non collaborerà non gliela dà e quello là non si salva.

 

Ma in questa idea, il pre- non ha distrutto l’uomo, ha distrutto Dio. Se l’uomo collabora allora Dio gli dà la grazia per salvarsi, se l’uomo non collabora Dio non gli dà la grazia, perché Dio pre-vede la collaborazione o la non collaborazione. Attenti però: se Dio prevede la collaborazione o la non collaborazione, e a seconda di questa pre-visione, chi decide alla fine? È Dio o l’uomo? È l’uomo! È Dio che si lascia condizionare da quello che farà l’uomo. Catastrofe!

Quel pre- non è più un precedente divino che condiziona l’uomo, è diventato un precedente umano che condiziona Dio.

 

E la soluzione?

 

Non è un concorrere al 50% un po’ l’uomo e un po’ Dio. Ma… tutto compete a Dio e tutto compete all’uomo. Quindi 100% Dio e 100% l’uomo. Non sono capace di distinguere fino a dove arriva l’azione di Dio, dopo la quale inizia quella dell’uomo. Unite mano destra alla mano sx: è la mano destra che tocca la sx o è la sx che tocca la dx? Se si chiama con-tatto, non è pre-tatto. È contatto. È la soluzione della banalità. 

 

Pensare la libertà dell’uomo nella libertà di Dio non toglie né la libertà dell’uomo né la libertà di Dio, e ci fa capire che la potenza di Dio fa sì che ci sia la potenza dell’uomo. L’atto salfivico dipende tutto e totalmente da Dio, e dipende tutto dall’uomo. Se l’uomo viene divinizzato, che è il termine equivalente a salvato, giustificato, cristificato, santificato, se solo Dio divinizza, cioè santifica, cioè giustifica, cioè cristifica, cioè salva, e l’uomo è divinizzato, santificato giustificato, salvato… l’uomo che cosa mette dentro l’azione salvifica di Dio? Se stesso! Mica si mette parzialmente. Ci mette tutto se stesso, anche la libertà.

 

Voglio essere felice (è una libertà). Scelgo i mezzi adatti per essere felice (è libertà), ma in realtà io non scelgo di essere felice, per natura sono portato alla felicità (questa è la libertà di spontaneità). La mia libertà di autodeterminazione è orientata al bene. Se l’azione salvifica di Dio dà compimento alla mia libertà orientata al bene, non è forse tutto di guadagnato? Si dice grazie e basta. L’azione è compiuta da Dio e l’uomo con tutto se stesso entra in questa azione. L’idea di predestinazione va intesa così.

 

Ma c’è il problema di quello che dice no. Come si può pensare di voler impedire l’azione che Dio compie?

 

Il sole brilla, e in quanto brilla entra con i suoi raggi dalla finestra, ma se tu tieni chiuse le persiane non è colpa del sole se non filtra, sei tu che non hai aperto le persiane. L’uomo è libero di non prendere in considerazione l’azione che Dio compie.

Avete presente la parabola del seminatore, il seme è la parola di Dio e le diverse situazioni sono i diversi ascoltatori: la strada, la siepe, il terreno buono. La siepe è colui che ascolta ma poi sopravviene il timore del mondo che lo soffoca. La strada è colui che ascolta la parola con gioia ma poi viene il sole e secca tutto. Il terreno buono è colui che ascolta la parola e poi porta frutto. Chi è che non ha ascoltato? Hanno ascoltato tutti. Infatti Gesù conclude dicendo: Fate attenzione a come ascoltate.

 

Agisci come se tutto dipendesse da te, ringrazia come se tutto dipendesse da Dio. 100% L’uomo, 100% Dio.



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